il 19 dicembre A2A ha firmato la vendita delle reti gas, insorgono i sindacati

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Il giorno decisivo avrebbe dovuto essere la vigilia di Natale. Invece, la trattativa si è conclusa prima del tempo: il 19 dicembre A2A ha comunicato la firma del contratto preliminare che cede ad Ascopiave, gruppo attivo nella distribuzione del gas naturale del nord est, un asset di 490mila punti di distribuzione gas afferenti alle province di Brescia, Bergamo, Cremona, Pavia e Lodi. E con essi 250 lavoratori di Unareti e LD Reti, società interamente controllate dalla multiutility. L’accordo vede una RAB 2023 di 397 milioni di euro e un EBITDA 2023 pari a 44 milioni di euro, prezzo base per la vendita: 430 milioni.

La vicenda e il nodo dei lavoratori

L’affare era in trattativa dalla fine di luglio di quest’anno: A2A ha giustificato la cessione del suo ramo gas con la volontà di dismettere un settore non più considerato core”, alla luce di un percorso di decarbonizzazione che prevede il raggiungimento dell’eliminazione totale del carbone entro il 2050, e concentrarsi sull’elettrico. Una scelta che, da subito, aveva sollevato forti perplessità da parte dei sindacati: intanto, perché il passaggio comporterebbe un peggioramento delle condizioni di lavoro dei lavoratori interessati, 90 dei quali provengono da Brescia.  

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“In A2A abbiamo una contrattazione e di secondo livello, cioè una contrattazione aziendale importante sia in termini economici che in termini normativi che riconosce una serie di condizioni migliorative contratto collettivo in termini di permessi, premi, welfare aziendale, che in Ascopiave invece non c’è”, aveva spiegato la segretaria generale di Filctem-Cgil Patrizia Moneghini durante lo sciopero indetto con Uiltec-Uil il 13 dicembre scorso. “Al di là  delle rassicurazioni generiche di A2A, non abbiamo garanzie circa come dovrebbe avvenire l’operazione nel rispetto della garanzia al mantenimento di condizioni migliori dei lavoratori. C’è, tra i lavoratori, una preoccupazione forte: lasciano un’azienda strutturata, con relazioni sindacali forti e condizioni economiche consolidate, anche con una certa prospettiva, per finire in un’azienda di cui non si conoscono le condizioni”. 

Il rischio per la transizione energetica della città

Non è l’unico punto preoccupante, nell’operazione. Un altro riguarda il futuro dei servizi della città, perché se A2A corre incontro all’elettrico, le utenze gas sinora gestite da Unareti e LDReti passeranno a un ente – Ascopiave – che ha nel gas il suo core business. Il futuro green per le utenze cittadine, insomma, si allontana. “Si tratta di un servizio essenziale di pubblica utilità – aveva ricordato Moneghini – cedere le reti di distribuzione vuol dire cedere il controllo nel territorio. Inoltre, è un errore anche nell’ottica della transizione energetica: poter governare le reti del gas sarà cruciale nei prossimi dieci, quindici anni. Il Comune di Brescia che con Milano è il principale azionista, dovrebbe fare presente che si tratta di una scelta svantaggiosa”. 

Svantaggiosa e illogica secondo i sindacati. Anche perché, come ricordato dal delegato Cgil Davide Gasparini, “poco più di un anno fa A2A aveva affermato che avrebbe mantenuto le reti ottimizzando la gestione: non si capisce cosa sia cambiato nel frattempo”. La sensazione è che si sia trattato di una mera scelta finanziaria: a marzo di quest’anno, infatti, la multiutility ha acquistato parte della rete elettrica di Enel in Lombardia – circa 12mila chilometri di cavi elettrici tra media e bassa tensione – per un prezzo di circa 1,2 miliardi di euro. 

La posizione del Comune

Una scelta in cui, nonostante la portata degli effetti che solleva, il comune di Brescia ha deciso di non entrare. A fine novembre la sindaca Castelletti aveva incontrato i sindacati e promesso loro maggiori rassicurazioni in merito alle condizioni dei lavoratori soggetti al passaggio. Rispetto all’ipotesi di un eventuale intervento nella decisione, tuttavia, la risposta era stata negativa: il Comune, seppure azionista, non entra nelle decisioni di una società quotata in borsa.

Alla prima cittadina i lavoratori in presidio il 13 dicembre avevano rivolto anche una lettera aperta: “A2A – avevano ricordato – ha già affrontato altre transizioni tecnologiche mettendo al primo posto il benessere dei cittadini e dei suoi dipendenti. Pensiamo per esempio alla metanizzazione della nostra città che è avvenuta nei tempi necessari e riqualificando e ricollocando all’interno dell’azienda i lavoratori che allora producevano il cosiddetto ‘gas di città’, molto più tossico, inquinante e velenoso e non vendendo quegli impianti di produzione ad altri soggetti. Chiediamo a lei signora Sindaca che la stessa cosa venga fatta anche rispetto all’elettrificazione dei consumi ipotizzata dai piani industriali di A2A”. Neppure quest’ultimo appello, tuttavia, ha sortito effetto: l’accordo è firmato e verrà perfezionato per luglio 2025.

L’attacco dei sindacati

A questo punto, i sindacati delle risposte le pretendono. “A2A vende 490mila utenze e 250 lavoratori per incassare 430 milioni, servono a coprire l’acquisto delle reti Enel in provincia di Milano e Brescia? A2A come intende garantire i diritti e le tutele dei lavoratori ceduti, la contrattazione collettiva? A2A ha rinnegato il ruolo che gli era stato affidato alla sua costituzione? Ruolo che prevedeva la gestione in mano pubblica dei servizi pubblici essenziali per la collettività dei Comuni”, scrive la Cgil in una nota. 

C’è dell’altro. “A2A incassa 430 milioni pari a 874 euro a PDR, al di sotto dei 1080 euro a PDR dell’operazione Italgas-2IReteGas, che risulta più bassa, come per altro affermato dall’AD Mazzoncini che dichiarava che Italgas aveva pagato poco”. La Cgil chiede conto anche agli azionisti pubblici: il Comune di Milano e quello di Brescia. “Ci domandiamo se il loro ruolo di controllo e indirizzo ha ancora un valore. Detto in un altro modo, interessano solo gli utili oppure anche la qualità del servizio offerto ai cittadini dei propri comuni?” E ancora: “Il ruolo degli azionisti può essere solo quello di delegare al management le scelte strategiche di politica industriale oppure deve essere la politica a determinare gli indirizzi?”.

 

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