Il moralistico spot anti evasori è l’ultimo flop comunicativo del governo Meloni

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Il Mef ha diffuso una pubblicità in cui si dipingono quelli che non pagano le tasse come gaudenti festaioli pizzicati al ristorante tra ostriche, aragoste e champagne. Ma la realtà è che i disservizi provocati da chi fugge dal fisco li avvertiamo su sanità, giustizia, scuole. Così invece la destra aizza solo le persone contro un’innocua macchietta. D’altronde da una premier che parlava di «pizzo di Stato» cosa potevamo aspettarci?

Il moralistico spot anti evasori è l’ultimo flop comunicativo del governo Meloni

Cosa deve fare la destra per riconquistare un elettore disamorato che aveva votato nel 2022 una Giorgia di lotta e si ritrova una Giorgia di governo inconcludente, obbediente all’Europa, una sbiadita copia draghiana (che lo aveva previsto: «Chiunque vinca queste elezioni», disse l’ex presidente del Consiglio, «non cambierà niente»)? Bisogna, ogni tanto, dire qualcosa di destra. Bisogna, almeno ogni tanto, fare la voce grossa che è, da secoli, l’espediente più usato dalla destra per far vedere chi comanda, quando si confonde l’autorevolezza con l’autoritarismo. Eppure l’esecutivo Meloni, come dimostra l’ultimo tragicomico caso della pubblicità contro l’evasione fiscale, sembra capace di produrre soltanto autogol comunicativi. Ma prima facciamo un passo indietro, visto che l’elenco è lungo.

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Tutto iniziò dagli scafisti e il «globo terracqueo»

A proposito di fare la voce grossa, si può citare proprio Giorgia Meloni, quando più di un anno fa aveva avvertito così gli scafisti: «Vi inseguiremo lungo tutto il globo terracqueo», urlò – inutilmente, perché poi di questi inseguimenti non se ne è saputo più nulla – durante la conferenza stampa che tenne a Cutro, dopo il naufragio del 26 febbraio 2023, durante il quale annegarono  94 migranti.

Delmastro tra pistole fumanti e detenuti da non far respirare

Le ha fatto da spalla il sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro (lo stesso che andò alla festa dell’ultimo dell’anno nella quale partì un colpo di pistola, ancora non si sa bene sparato da chi, anche se c’è un rinviato a giudizio) annunciando un nuovo van di alta sicurezza per il trasporto dei detenuti: «L’idea di vedere questo potente mezzo e far sapere ai cittadini chi sta dietro quel vetro oscurato, come noi sappiamo trattare chi sta dietro quel vetro oscurato, come noi incalziamo chi sta dietro quel vetro oscurato, come noi non lasciamo respirare chi sta dietro quel vetro oscurato, è un’intima gioia per il sottoscritto», ebbe a pronunciare a novembre scandendo ossessivamente le parole.

Le tasse sui piccoli commercianti definite «pizzo di Stato»

L’idea di un governo e di un potere politico che controlla i cittadini e li punisce quando sgarrano emerge ora da un ipocrita spot pubblicitario realizzato per pura propaganda dal ministero dell’Economia e delle finanze, per contrastare l’evasione fiscale. L’agenzia che lo ha realizzato ha probabilmente ricevuto un brief confuso: era stata Meloni ad affermare – quando era ancora la Giorgia di lotta che piaceva a chi poi l’ha votata – che la battaglia contro l’evasione fiscale «non la si fa tartassando il piccolo commerciante a cui chiedi il pizzo di Stato».

Santanchè indagata e Salvini amante dei contanti

Una frase infelice, dalla quale è un’impresa titanica tornare indietro poiché, nella sua gravità, gliela rinfacciano continuamente. E la lotta all’evasione non la si fa nemmeno, sembrerebbe, chiedendo opportunamente alla ministra Daniela Santanchè di dimettersi, visto che tra gli altri reati contestati, è incorsa anche nel sospetto di frode fiscale oltre a quello di truffa all’Inps. Del resto l’alleato di governo di Giorgia, Matteo Salvini, oggi ministro dei Trasporti e delle Infrastrutture, nel 2022 diceva: «A me piace prelevare dal Bancomat», alludendo ai pagamenti in contanti, e «chi paga un caffè con una carta di credito è un rompiballe».

Il moralistico spot anti evasori è l'ultimo flop comunicativo del governo Meloni
Daniela Santanchè e Matteo Salvini (Imagoeconomica).

Le dimissioni di Ruffini per quel concetto di «estorsori»

Recentemente l’ex direttore dell’Agenzia delle Entrate Ernesto Maria Ruffini, per spiegare come mai si è dimesso dal delicato incarico, ha detto in un’intervista al Corriere della Sera: «Non mi era mai capitato di vedere pubblici funzionari essere additati come estorsori di un pizzo di Stato. Oppure sentir dire che l’Agenzia delle Entrate tiene in ostaggio le famiglie, come se fosse un sequestratore». Del resto l’intento persecutorio è il collante che lega le tante e diverse azioni di questo governo, dalle misure contro i rave party all’ultimo ddl Sicurezza che – con la scusa della droga, che funziona sempre con gli elettori conservatori – se viene approvato metterà sul lastrico, secondo Confagricoltura, 15 mila lavoratori agricoli della canapa. La destra conosce solo un tipo di discorso politico, quello polarizzante, la retorica della tolleranza zero, la minaccia, un malinteso senso di fermezza, il nemico da indicare sempre nominandolo con il dito puntato, che si chiami Roberto Saviano, Romano Prodi o Elly Schlein: giusto per mascherare il girare a vuoto della propaganda, l’inconsistenza di provvedimenti urlati per dar forza a discorsi sempre più deboli.

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Ernesto Maria Ruffini (Imagoeconomica).

Uno spot macchiettistico che sprofonda nel ridicolo

Nella falsa coscienza che alberga nella maggioranza al potere in tema di imposte e di evasione, ecco ora lo spot il cui claim è: «L’evasione fiscale si paga. Da oggi ancora più controlli e sempre meno evasori». Non si sa se sia più infelice quel «si paga» riferito all’evasione che andrebbe debellata o quel «da oggi» che suona falso, come se «da oggi» il governo vendicatore risolvesse il problema con la bacchetta magica, o con il solo potere delle parole. Ma è soprattutto indicare l’evasore come un gaudente festaiolo agli occhi di chi paga le tasse fino all’ultimo centesimo (per esempio i lavoratori dipendenti) che trascina questo spot nel ridicolo: «Bella la vita di un evasore. Non dichiara niente e vive sulle spalle degli altri. Ordina una dozzina di ostriche, tagliolini al tartufo e non rinuncia mai all’aragosta, anzi due. Per non parlare dello champagne, il più caro ovviamente. Tanto non paga lui, paghi tu. Ma da oggi la bella vita è finita. Da oggi sempre più controlli, sempre meno evasori».

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Sarebbe stato pericoloso per il governo, ma forse più chiaro per i cittadini, dire, per esempio, che è l’evasione fiscale che ci fa aspettare dai cinque ai sette mesi per avere l’appuntamento per una visita medica specialistica; che fa passare un tram ogni mezz’ora invece che ogni 10 minuti; che allunga i tempi della giustizia soprattutto per chi non può permettersi avvocati di grido; che fa piovere dai tetti dissestati delle scuole dove studiano i nostri figli; che determina i nostri stipendi tra i più bassi d’Europa eccetera. I numerosi disservizi che rendono la nostra vita sempre più faticosa è l’evasione fiscale che li provoca.

Aragosta simbolo comico del lusso, ma i problemi veri sono altrove

Un governo confuso sul tema delle tasse, che non a caso cerca di tamponare a forza di condoni, e dagli orizzonti limitati, produce uno spot moralistico che non spiega nulla, che aizza le persone contro l’innocua macchietta dell’evasore “beccato” al ristorante, che accende il riflettore sull’aragosta simbolo comico del lusso e sulla piccola evasione diffusa per distogliere l’attenzione dai danni veri che l’evasione porta con sé. E che non ha evidentemente la volontà politica – questa pubblicità demenziale lo dimostra – di colpire i grandi evasori, quelli che a forza di non pagare le tasse hanno accumulato ricchezze improduttive e che, sfuggiti al fisco la prima volta, non sono più facilmente intercettabili. Tanto meno quello di spiegare con chiarezza a noi cittadini – che, tra l’altro, paghiamo anche questo spot scandaloso e inconcludente – perché l’evasione fiscale impatta così drammaticamente sulle nostre vite. Altro che ostriche, aragoste e champagne.





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