Terrorismo, 5 arresti: reclutavano soldati da inviare in Africa e Siria nelle milizie jihadiste

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di Angelo Vitale





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Nella Vigilia di Natale una operazione contro il terrorismo in quattro province, arrestati cinque giovani stranieri che promuovevano Al Qaeda e lo Stato Islamico. In azione i carabinieri del Ros, il Raggruppamento Operativo Speciale, che stanno eseguendo un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal Giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Bologna su richiesta della Procura-dipartimento Antiterrorismo che ha diretto, con il coordinamento della Procura nazionale Antimafia e Antiterrorismo, un’indagine nei riguardi del gruppo di presunti terroristi che operavano a Bologna, Milano, Udine e Perugia. I cinque sono ritenuti, a vario titolo, responsabili di avere costituito o aver fatto parte di un’associazione terroristica dedita alla promozione, al consolidamento e al rafforzamento delle due formazioni terroristiche.

Quattro dei cinque giovani stranieri indagati e raggiunti da misura cautelare, dopo l’inchiesta della Procura della Repubblica di Bologna con i Ros dei carabinieri, sono accusati di avere costituito un’associazione terroristica d’ispirazione salafita-jihadista declinata in chiave takfirista, chiamata “Da’wa Italia” finalizzata alla promozione, al consolidamento e al rafforzamento delle formazioni terroristiche “Al Qaeda” e “Stato Islamico”. In particolare, attraverso la propaganda di contenuti jihadisti e al reclutamento di nuovi adepti alla causa, si sono dimostrati pronti a raggiungere i territori controllati dalle milizie jihadiste in Africa e Siria, circostanza che si sarebbe già concretizzata per uno dei sodali, il quale avrebbe abbandonato il territorio nazionale per recarsi nel Corno d’Africa prima dell’emissione del provvedimento cautelare eseguito.

Per quanto riguarda il quinto giovane, fratello della principale indagata del gruppo, si ipotizza nei suoi confronti l’avvio di un processo di radicalizzazione del terrorismo proprio sotto l’egida della sorella, e a suo carico l’autorità giudiziaria contesta l’ipotesi dell’addestramento finalizzato a un possibile arruolamento nell’ambito di organizzazioni terroristiche jihadiste. Tutti i soggetti avrebbero operato sul territorio nazionale, attraverso la rete internet. L’inchiesta, rivelatasi complessa e articolata e condotta mediante il coordinamento della Procura Nazionale Antimafia e Antiterrorismo, è stata avviata nel settembre del 2023, partendo dall’azione di monitoraggio sui circuiti radicali di matrice jihadista, con particolare attenzione alla diffusione di contenuti di propaganda attraverso la Rete.

Le indagini di questa operazione contro il terrorismo si sono concentrate prima sul ruolo ricoperto da una giovane pakistana cresciuta e residente a Bologna, la quale, evidenziando particolare attivismo ed emergendo per l’incessante opera di proselitismo, è stata sin da subito in grado di coinvolgere un’altra giovane di origine algerina cresciuta e residente a Spoleto, insieme alla quale avrebbe formato un gruppo a sé stante dedito alla propaganda e denominato appunto “Da’wa”, che in arabo significa “chiamata”, intesa nella sua accezione di invocazione ad abbracciare la “giusta” versione dell’Islam. Gli ulteriori approfondimenti hanno permesso di identificare altri partecipi al sodalizio e in particolare acquisire gravi indizi di reità nei riguardi di un giovane cresciuto a Milano che si ritiene essersi unito alle milizie jihadiste operanti in Corno d’Africa e di un altro di origine turca, da molti anni residente tra le province di Gorizia e Udine dove risultava ben inserito nel tessuto socio-economico della zona.

Nel programma e nelle vicende di questo gruppo si rinvengono alcuni punti cardine del movimento jihadista globale: il sempre maggiore ricorso ai giovani, spesso anche minorenni, che risultano particolarmente affascinati dalla propaganda e che in breve diventano a loro volta strumenti di diffusione del messaggio, oltre a risultare imprevedibili nel potenziale passaggio all’azione e quindi ancor più pericolosi; in questo percorso sembra aver assunto un ruolo centrale il periodo della pandemia, che costringendoli a un isolamento forzato ha facilitato un rapido processo di radicalizzazione, oggettivamente amplificato dalla rete internet.

Nel corso delle indagini di questa operazione anti-terrorismo è stato possibile assistere ad una rapida e per questo preoccupante evoluzione nelle intenzioni degli indagati di non limitare il loro impegno alla sola propaganda di contenuti jihadisti ma di ampliare il raggio d’azione verso nuovi soggetti (è il caso del fratello minore della principale indagata) oltre a ricercare contatti al di fuori del territorio italiano per cercare di raggiungere i territori controllati dalle milizie jihadiste.


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