Tra Unicredit e i francesi, le grandi manovre della finanza italiana

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Il periodo attuale è di grande fermento per il mondo bancario e assicurativo italiano. L’ultima mossa di Unicredit, salita in Germania al 28% di Commerzbank, testimonia la vitalità dei capitali italiani in cerca di rendimento e sviluppo. Ma mostra anche quanto complesso si sia fatto il grande gioco della finanza nazionale in un periodo di corsa al consolidamento.

Alcuni esempi aiutano a delineare il quadro. Secondo Dagospia Andrea Orcel ad di Unicredit, ha voluto rafforzare la presa di Piazza Gae Aulenti in Commerzbank perché dall’altro si starebbe facendo più complessa la strada che porta alla scalata a Banco Bpm, verso cui Unicredit ha proposto alla Consob un’offerta pubblica di scambio su cui è intervenuto un esposto dell’ad di Piazza Meda, Giuseppe Castagna.

Per Dagospia, “Orcel sicuramente preferisce la conquista di Bpm: assorbire la banca milanese porterebbe in dote gli sportelli nel Nord Italia, zona cui Unicredit è più debole rispetto alla dominante Intesa. E poi in Germania Unicredit ha già una banca, HypoVereinsbank”.

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A nostro avviso, una mossa non esclude l’altra, anche perché su Commerzbank Orcel ha già detto che, mal che vada, Unicredit uscirà con una ricca plusvalenza e poi il risanamento del gruppo di Francoforte porterebbe in dote un’alleanza dall’alto valore sistemico. La volontà del banchiere romano, piuttosto, appare attendista per un’altra motivazione: la decisione di Credit Agricole, già primo azionista di Banco Bpm, di salire dal 9,2% al 15% in Piazza Meda, con prospettiva di salire al 20% complica i piani alla seconda banca italiana per la sua scalata e mostra la volontà dei francesi di presidiare la finanza del Belpaese e mandare un messaggio.

La sfida del consolidamento e la battaglia Unicredit-Credit Agricole

In poche parole? Se consolidamento tra banche europee dovrà essere, l’Italia non potrà sfruttare la fase dinamica della sua finanza per portarlo avanti in solitaria. Credit Agricole, già presente in forze in Italia dopo aver assorbito banche come Cariparma e Credito Valtellinese, intende sfruttare la rendita di posizione in Bpm, mostrare a Unicredit di essere interessata alla ricca dote del risiko bancario italiano e puntare al medesimo mercato retail garantito dalle filiali dell’erede di Banco Popolare nel Nord Italia. La sfida nella sfida è inoltre rappresentata dalla partita delle partecipazioni di Bpm: da un lato c’è Anima, la Sgr di Bpm che fa gola per il business del risparmio gestito, dall’altro la partecipazione in Monte dei Paschi di Siena recentemente acquisita su iniziativa di Castagna.

Bpm per Unicredit ha valore anche nell’ottica dell’interdizione di un possibile “terzo polo” bancario guidato proprio dall’istituto milanese e della possibilità di marcare stretti due attori sempre dinamici nella finanza italiana all’interno del capitale di Mps: Delfin, la finanziaria della famiglia Del Vecchio, e il finanziere Francesco Gaetano Caltagirone.

La contromossa di Credit Agricole si spiega anche con la volontà francese di far sì che il passo successivo per Unicredit sia la corsa su Mediobanca, istituto strategico per il suo ruolo di banca d’affari e, soprattutto, per la sua centralità nel capitale di Assicurazioni Generali. Lombard Report ha di recente messo assieme tre punti ricordando alcuni punti: “Che Unicredit voglia crescere per insidiare da vicino Banca Intesa è scontato. Che Unicredit voglia svilupparsi nell’investment banking, nel wealth management e nel credito al consumo è noto da tempo. Che lo possa fare con un’acquisizione così rilevante quale quella di tutta Mediobanca appare irrealizzabile. Certamente più verosimile una partecipazione della prima nella seconda”.

Aprire i mercati dei capitali

Parliamo di manovre funzionali al consolidamento dei mercati dei capitali e alla creazione di colossi europei a cui banchieri come Orcel, sostenuti da visioni come quella espressa da Mario Draghi nel suo rapporto sulla competitività europea, puntano da tempo: Orcel di recente ha scritto sul Financial Times un editoriale ricordando che “c on una portata paneuropea più forte arrivano economie di scala e competenze a livello UE. Ciò significa un maggiore impiego di capitale per le aziende che hanno bisogno di finanziamenti per crescere e più opzioni per raccogliere denaro, anche tramite i mercati dei capitali”. Ricordando che “banche più forti, più resilienti e più affidabili” possono esser decisive per l’economia europea, Orcel ha spronato l’Ue a fare sul serio. 

In prospettiva, i francesi è possibile vogliano la loro parte di questo processo: sulla finanza bancaria, temendo il protagonismo dei gruppi italiani, con Unicredit in forte ascesa che si somma al campione nazionale per eccellenza, Intesa San Paolo. In altri campi, cercando cooperazione: la notizia che proprio Generali stia lavorando a una joint venture con Natixis, colosso transalpino dell’asset management, per un maxi-apparato comune di gestione del portafoglio investimenti (sommati valgono oltre 2mila miliardi) va nella giusta direzione di cooperazione e riduzione delle barriere di mercato. Quelle stesse barriere che oggi, di fatto, bisognerà decidere se tenere in piedi o meno in partite come Bpm e Mps. La sfida Unicredit-Credit Agricole ci parla di una finanza nazionale che per diventare un colosso europeo deve ancora vincere partite in casa. Mentre altri attori possono permettersi il lusso di giocare solo in trasferta. Risolto questo problema, si potranno aprire vere e proprie praterie per i colossi della penisola.

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