Firenze, 23 dicembre 2024 – L’ironia della sorte: l’ordine per l’insurrezione che dette la libertà a Firenze arrivò su un telefono da campo tedesco. Prima del suono della Martinella, trillò l’apparecchio che aveva i timbri di approvazione militare con la svastica nazista. Il centralinista era un vigile urbano fiorentino, Erio Breri, lo teneva nascosto a rischio della vita tra gli Uffizi e Palazzo Vecchio. Oggi quel pezzo di storia, rimasto in possesso e custodito dalla fine della guerra per tutta la sua vita dallo stesso Breri, si trova a Grosseto, dove vivono sua figlia Gabriella 84enne e il nipote Gianni Fanetti. L’apparato è ancora intatto, fabbricato nel 1942 e racchiuso nel suo guscio di bakelite, la plastica degli anni ’40. Con il telefono, Gabriella conserva anche la bobina di cavo telefonico di fabbricazione inglese, quella che il padre stese dagli Uffizi al Corridoio Vasariano per permettere il funzionamento dell’impianto, e un cilindro di metallo nel quale i partigiani inserivano documenti da consegnare agli alleati sull’altro lato dell’Arno. Ogni dettaglio di questa operazione, durata dal 6 all’11 agosto 1944 è stato ricostruito grazie al diario che Erio Breri, uomo meticoloso, scrisse durante quei giorni. E proprio grazie a quel diario, e agli appunti successivi sui materiali da lui conservati è stato possibile ricostruire questa storia incredibile.
Da Grosseto Gabriella Breri e suo figlio Gianni hanno espresso un desiderio: donare tutti questi reperti a Palazzo Vecchio perché siano esposti in una teca, facciano memoria per i giovani. Sono il tributo al coraggio non solo di Erio, ma anche di tutti gli altri agenti di polizia municipale che, rischiando la loro vita, aderirono alla resistenza e operarono per liberare i fiorentini garantendo il collegamento tra la zona occupata e l’Oltrarno.
Il primo a passare attraverso il Vasariano, dopo la distruzione dei ponti sull’Arno operata dai tedeschi, fu Enrico Fisher, il comandante partigiano della III compagnia della divisione partigiana Giustizia e Libertà. Era il superiore diretto di Breri che, pur avendo mantenuto la divisa da vigile urbano, aveva aderito alla resistenza e si trovò al comando del gruppo di uomini, tutti agenti della municipale, addetti al servizio telefonico. Fisher stese il cavo telefonico lungo il corridoio che si snoda sopra il Ponte Vecchio. Una volta messi in collegamento partigiani e alleati, dal giorno successivo arrivò il momento di presidiare l’apparecchio. «Mio padre fece finta di prendere giorni liberi – racconta la figlia Gabriella – in realtà passò una notte e un giorno nascosto in cima alla torre di Arnolfo, poi la notte successiva, passando dal comune si spostò fino agli Uffizi dove avevano nascosto il telefono».
Il gruppo di ‘centralinisti clandestini’ aveva anche un altro delicato compito: passare agli alleati i documenti trafugati ai tedeschi. Li nascondevano in un tubo di metallo che veniva calato sulle macerie da un buco nel pavimento della galleria all’altezza di via Guicciardini. Come specificato in un documento autografo dello stesso Erio, il tubo era legato a un nastro da mitragliatrice alleato. Questa operazione venne fatta sotto la minaccia continua delle numerose pattuglie tedesche che presidiavano la zona e a rischio della vita visto che tutte le macerie intorno all’area di Ponte Vecchio erano state pesantemente minate. Anche il tubo metallico e il nastro portamunizioni si trovano nella casa di Grosseto, e raccontano la loro storia di coraggio e memoria. Da quei tubi passarono anche i piani della linea gotica sottratti ai tedeschi e di volta in volta importanti documenti militari e messaggi che venivano recapitati alla testata del ponte dai gregari appartenenti alla formazione. Sul lato alleato il telefono fu sistemato in una casa diroccata di via Guicciardini, Breri e i suoi scelsero la sala delle carte geografiche nella Galleria degli Uffizi perché garantiva maggior sicurezza. Ma il piazzale brulicava di tedeschi e di tanto in tanto qualche pattuglia cercava di entrare per ispezionare le sale monumentali: il 7, si legge nel diario, agosto i nazisti si avventurarono lungo il corridoio. Breri e i suoi fecero in tempo a smontare tutto: telefono e cavo. Non si fecero scoprire: dopo un paio d’ore le comunicazioni ripresero regolarmente.
Erio Breri, classe 1913, fino ad allora scritturale del comandante dei vigili urbani di Firenze, fu l’uomo giusto al posto giusto. Antifascista convinto, fu protagonista anche di diverse azioni di sabotaggio durante l’occupazione: una su tutte rimasta nei libri di storia: quando ricevette l’ordine di redigere una lista completa degli ebrei fiorentini, cercò in ogni modo di fuorviare gli utilizzatori, infarcendola di errori tra indirizzi e nominativi. Nei giorni della RSI era rimasto al suo posto in Palazzo Vecchio per dare il suo contributo alla liberazione, nonostante fosse comunque ‘osservato speciale’ anche tra i colleghi fedeli al regime. Oggi quel telefono da campo tedesco ha ancora storie da raccontare. Ed è giusto che torni dove ha dato l’informazione più bella: Firenze libera.
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