La Russia di Putin: aspetti tecnico-istituzionali di una democrazia che diventa totalitarismo

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Vladimir Vladimirovic Putin

Vladimir Vladimirovič Putin (in russo Влади́мир Влади́мирович Пу́тин), è il personaggio politico che più di tutti ha segnato l’epoca post-comunista della Russia, prima Unione Sovietica e oggi Federazione Russa.

Di famiglia povera, laureato in Legge e sposato con due figlie, la sua storia professionale è legata per 16 anni (1975-1991) ai servizi segreti russi (il vecchio K.G.B., Comitato per la sicurezza dello Stato (in russo Комитет государственной безопасности , КГБ , Komitet Gosudarstvennoj Bezopasnosti), ed evolve velocemente in incarichi di tipo amministrativo presso la città di Pietroburgo, di cui diventa vice-sindaco, per poi rientrare a Mosca nel 1996 con l’incarico di direttore dei servizi segreti ex KGB, rinominati FSB (ФСБ , “ef-es-be”), Servizio federale per la sicurezza della Federazione Russa (in russo Федера́льная слу́жба безопа́сности Росси́йской Федера́ции , Federál’naja služba bezopásnosti Rossijskoj Federácii), su incarico del presidente russo in carica Boris Eltsin.

Dmitrij Anatol'evic Medvedev
Dmitrij Anatol’evic Medvedev

Nell’epoca che va dal 1996 ai giorni nostri, si è avvalso di compagni di lungo corso, tra cui il più importante è sicuramente Dmitrij Medvedev, col quale, in un accorto gioco delle parti, ha condotto una progressiva e vincente politica di accentramento del potere, modificando alcuni dispositivi istituzionali della Federazione Russa, tanto da far parlare di una evoluzione totalitaria della natura democratica (cioè basata su diritto di voto e libertà d’espressione, ruolo paritetico dei partiti e democrazia amministrativa, cioè separazione ed equilibrio tra i poteri legislativo, esecutivo e giudiziario) della Costituzione deliberata su base referendaria nel dicembre 1993. Due eventi giuridico-politici segnano il senso di questa transizione: 1. il 5 novembre 2008, Medvedev ottiene di cambiare la Costituzione in modo da aumentare i tempi di incarico del presidente della Federazione, da quattro a sei, e della Duma (il parlamento federale) a cinque anni; 2. l’8 maggio 2009 Medvedev formula un vero e proprio decreto, di cui e il 2 giugno controfirma la legge attuativa, che include l’emendamento che prevede che i membri della Corte costituzionale russa siano proposti al Parlamento dal Presidente della Federazione anziché eletti tra i giudici come si era fatto fino a quel punto.

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A questi due elementi si aggiunge l’inserimento dei potentissimi servizi segreti FSB alle dirette dipendenze del Presidente della Federazione anziché del Parlamento, che gli dà una grande forza non palese potenzialmente repressiva delle opposizioni, da cui derivano come diretta conseguenza enormi facoltà nascoste, capaci, se agite, di ostacolare i concorrenti politici (casi Navalny e altri).

A un’attenta analisi, con questi interventi d’ingegneria istituzionale, la pianta è stata fatta mutare da democratica a totalitaria, e il ramo caratteristico, proprio di ogni Paese democratico, è stato innestato su un altro tronco istituzionale, dotato di altre radici e rami non più democratico: quello totalitario. Certo, ciò è avvenuto attraverso votazioni di un Parlamento espresso da elezioni, magari discutibili, ma questo non lo si può sapere davvero… Occorre però affermare con chiarezza che la democrazia è certamente diritto di voto e valore morale e civile, ma anche impianto istituzionale di equilibrio tra poteri che garantiscono il controllo del popolo sullo Stato. E lo Stato, tutti gli Stati moderni, sono organizzazioni potentissime, dotate di organi che ne garantiscono il funzionamento, posizioni individuali e organismi strutturali interni che, a seconda delle regole del diritto amministrativo scandito dalle fonti del diritto, possono agire sia per il bene del popolo che per il bene e interesse di altri soggetti, non ultimi i responsabili delle posizioni di vertice (tecnocrazia), i partiti (partitocrazie), e/o lobby di potere economico soprattutto (oligarchie), riducendo così il tasso di legittimità democratica. Così, tramite la statuizione di norme che creano facoltà autonome interne allo Stato, al Presidente della Federazione, ad esempio, nel caso della Federazione russa, si annulla il controllo di sistema dovuto alla separazione dei poteri che garantisce nel modello della democrazia, la egalitaria missione civile e pubblica di sistema organizzato del potentissimo sistema statale.

Se tale principio di “democrazia amministrativa” viene leso e organi (ad esempio il Presidente) o soggetti riconosciuti (ad esempio il parlamento e al suo interno i partiti o il partito di maggioranza) ottengono discrezionalità eccessive sull’assetto sistemico dell’organizzazione dello Stato, anche nell’ipotesi che tali dispositivi siano stati adottati a maggioranza, si esce, con il prevalere di tali organi parte dello Stato sullo Stato medesimo, dall’ambito democratico reale.

Si entra così nell’ambito istituzionale totalitario: Putin è oggi a capo di uno Stato federale, per un periodo di tempo potenzialmente lunghissimo, e l’assetto di regole democratiche insite nella costituzione del 1993 sono state mutate con interventi di rara lucidità amministrativistica per deviare la guida dello Stato dall’assetto proprio di controlli reciproci tra poteri interni a quello di controllo sostanziale soltanto del Presidente.

La legge dell’8 maggio 2009, ove il capo del governo nominato dal Presidente della Federazione (oggi e per molto tempo ancora in Russia Vladimir Putin), in sostanza anche capo politico del partito leader in parlamento, propone al parlamento stesso i componenti dell’organo che dovrebbe valutare la coerenza costituzionale delle leggi approvate dal parlamento tramite la sua stessa maggioranza, chiude il ciclo di un assetto totalitario, che vede potere legislativo (formulazione di leggi in Parlamento), potere esecutivo (loro attuazione) e potere giudiziario (valutazione della costituzionalità dei dispositivi giuridici emanati dal potere legislativo) tutti concentrati su specifici organi e/o persone che li governano.

Questa spallata istituzionale, portata da Medvedev capo del governo con 1. e 2. sopra e concertata con Putin ritornato Presidente, è divenuta la base dello strapotere dell’organo costituzionale “Presidente della Federazione russa”, che dal 2009 caratterizza la politica russa. Con una minima attenzione al popolo e agli oppositori, il Presidente russo Vladimir Putin (per oggi e per il futuro grazie a 1. sopra) può emanare leggi che saranno controllate da persone da lui stesso scelte (punto 2, sopra).

Un altro elemento molto rilevante riguarda la storia economico finanziaria della Russia successiva alla perestroika, che vede affiorare attraverso le privatizzazioni una classe di plutocrati, poi ristrettasi per faide/conflitti tra essi, che include lo stesso Putin. Egli, secondo valutazioni di enti affidabili, sarebbe oggi titolare di un patrimonio personale ammontante oggi a circa 200 miliardi di dollari, che lo posizionerebbero ai vertici della classifica degli uomini più ricchi del mondo. A questo patrimonio va aggiunta l’enorme discrezionalità politica da Presidente russo, creatasi con le leggi fatte promulgare che lo caratterizzano come un profilo moderno di “dictator”.

Argomenti ulteriori, quali la enorme pericolosità di tale concentrazione di potere in una persona, in grado di agire anche la mano militare più armata del mondo (quasi 6000 testate nucleari), saranno sviluppati da ulteriori articoli su questo interessantissimo tema di come una democrazia diventa un totalitarismo e quali possono essere i suoi effetti strategici, civili ed economici a livello globale e per la vita di ciascuno di noi.

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