Cgil: 118mila lavoratori coinvolti in crisi industriali, governo distante dal Paese reale

Effettua la tua ricerca

More results...

Generic selectors
Exact matches only
Search in title
Search in content
Post Type Selectors
Filter by Categories
#finsubito

Sconto crediti fiscali

Finanziamenti e contributi

 


“Le mancate politiche industriali del Governo Meloni, al di là degli annunci propagandistici di questo o quel ministro, dimostrano la distanza dal Paese reale e il totale disimpegno dell’Esecutivo sul tema della crisi dell’industria italiana, che ormai è al palo da quasi due anni”. Pino Gesmundo – il segretario confederale Cgil a capo dell’area delle politiche industriali – presenta così all’ANSA i dati del sindacato sui lavoratori coinvolti dai tavoli di crisi, raddoppiati in un anno. Con un “tessuto industriale impoverito”, avverte, servono “scelte diverse delle imprese e dei governi” 

 Aumentati i tavoli presso l’unità di crisi al Mimit

Nel 2024 “sono enormemente aumentati i tavoli presso l’unità di crisi al Mimit: sono 105.974 i lavoratori coinvolti. A gennaio erano 58.026”. Da automotive a chimica, moda, carta, energia: è “uno scenario sconfortante, che rischia di essere aggravato” quello che la Cgil – come l’ANSA può anticipare – delinea aggiornando i dati a fine anno. “Si aggiungono, come censito nel ‘diario delle crisi’ di Collettiva.it, 12.336 addetti di piccole e medie aziende che hanno perso il lavoro, vertenze che non sono neppure arrivate alle istituzioni”. Complessivamente “sono 118.310 quelli che hanno già perso il lavoro o che annaspano nei tavoli.

Finanziamo agevolati

Contributi per le imprese

 




Approfondimento

Crisi finanziaria al Gruppo Coin: chiudono 8 punti vendita

 “A guidare le scelte industriali sono state le multinazionali e i fondi speculativi”

 “Negli ultimi tre decenni – rileva il segretario confederale Cgil che ha la delega su politiche industriali e energetiche, infrastrutture e trasporti, aree di crisi – a guidare le scelte industriali sono state le multinazionali e i fondi speculativi, che hanno fatto shopping di imprese nel nostro Paese, spesso a basso costo e usufruendo di benefici ed agevolazioni governative, con il totale disimpegno della politica e dello Stato”. E evidenzia: “Oltre alle aziende private, questi processi hanno peraltro riguardato anche le partecipate pubbliche, abbattendosi spesso sui lavoratori”.   L’allarme della Cgil si fonda sullo “scenario sconfortante ” che emerge dai dati aggiornati a fine anno, del sindacato, sul numero dei lavoratori coinvolti dai tavoli sulle crisi di industria aperti al ministero delle Imprese, saliti in un anno da 58.026 a 105.974. Un numero che sale a 118.310 considerando “12.336 addetti di piccole e medie aziende che hanno perso il lavoro per vertenze che non sono neppure arrivate alle istituzioni”. “Così – evidenzia ancora Gesmundo – il nostro tessuto industriale è stato via via impoverito ed è oggi più che mai impreparato alle sfide globali, imposte dalla situazione geopolitica, e alla necessaria transizione ambientale e produttiva che – senza scelte diverse delle imprese e dei governi – rischia di essere pagata solo dalle lavoratrici e dai lavoratori”. 

Prestito personale

Delibera veloce

 




Approfondimento

Landini a Sky TG24: “Piano Stellantis è transitorio, niente certezze”

 Ecco i settori maggiormente coinvolti dalla crisi

Per la Cgil “le numerose vertenze aperte nel 2024 parlano di una incapacità totale del pubblico di indirizzare le politiche industriali in settori strategici e rilevanti per il Paese”. I settori maggiormente coinvolti dalle crisi sui tavoli al ministero – indica il sindacato – sono l’auto e la sua filiera, la chimica di base, il sistema moda, l’industria della carta, l’energia per il phase out delle centrali a carbone.   Per la Cgil, ad “una incapacità totale del pubblico” sulle politiche industriali si aggiunge che “il sistema delle imprese non è in grado, da solo, di competere e di rispondere alle sfide delle grandi transizioni, verde e digitale, che da potenziale volano per l’economia rischiano di trasformarsi in un’ulteriore occasione di impoverimento per il nostro sistema produttivo e industriale, con la conseguente crescita della precarietà lavorativa”. Anche quando le crisi si chiudono positivamente, avverte ancora il sindacato, “spesso il saldo occupazionale è negativo: Insomma, soluzioni tampone, ma tutte accomunate dalla sostanziale deindustrializzazione e perdita di qualità delle produzioni”. Negli ultimi giorni “alcune importanti vertenze si sono aggiunte a un quadro già drammatico. Solo per fare alcuni esempi, fra i più significativi: Beko (metalmeccanico,  elettrodomestici del ‘bianco’) 4.400 addetti; Bellco (biomedicale) 500 addetti; Eni Versalis (chimica di base) 8.000 diretti più 24.000 dell’indotto; Coin e Conbipel (commercio) 2000 + 1400 addetti; Meta System (metalmeccanica, indotto auto) 700 addetti; Giano, Gruppo Fedrigoni (cartiera) 300 fra diretti e indotto; Almaviva Contact (telecomunicazioni) 494 licenziamenti al 31 dicembre”.   Il sindacato avverte che “occorre considerare che le Istituzioni, ministero e Regioni, sono solite affrontare unicamente la crisi del sito industriale dell’azienda ‘madre’, e non dell’intera filiera produttiva, che spesso vede un numero di addetti altrettanto elevato, o superiore, rispetto ai diretti: lavoratori in somministrazione e in appalto, logistica, mense, pulizie civili industriali, manutentori meccanici’. “Questa situazione è il frutto di decenni di mancata programmazione e di assenza di politiche industriali, che hanno lasciato solo al mercato il tema dello sviluppo, con le conseguenze che sono sotto gli occhi di tutti. A conferma di ciò, i dati sulla produzione industriale, che conserva il segno meno da 21 mesi”, sottolinea ancora la Cgil: “Le trasformazioni in atto nell’industria e nei mercati impongono politiche pubbliche di reindustrializzazione del Paese, politiche di tutela sostenute da un ammortizzatore dedicato alle crisi e politiche occupazionali che reimpieghino i lavoratori espulsi dai processi produttivi delle aziende in crisi, attraverso la loro riqualificazione professionale, in attività compatibili con la transizione. E, ove ciò non sia possibile, in progetti e piani di reimpiego a sostegno della collettività, in settori messi sempre più a dura prova nella crisi climatica e ambientale che stiamo attraversando”. 

Approfondimento

Landini: “500mila persone chiedono ascolto, governo risponda”



Source link

***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****

Carta di credito con fido

Procedura celere

 

Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link

Source link