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Dal 1948, Israele ha ridefinito i suoi confini attraverso guerre, trattati e occupazioni, spesso contestate dalla comunità internazionale. Tuttavia, quando si tratta di Israele, la narrazione occidentale parla di “modifiche” dei confini, mentre in altri casi, come quello della Russia con l’Ucraina, si parla apertamente di “occupazioni illegali”.
Israele e le annessioni che i media chiamano ‘modifiche del confine”
Dalla sua fondazione nel 1948, lo stato di Israele ha continuamente ridefinito i propri confini attraverso guerre, trattati e occupazioni, con molte di queste modifiche contestate dalla comunità internazionale.
Il territorio israeliano, inizialmente delineato dalla risoluzione 181 dell’ONU, è stato oggetto di espansioni successive che hanno generato tensioni e conflitti persistenti.
La risoluzione del 1947 prevedeva la spartizione della Palestina tra uno stato ebraico (56% del territorio) e uno palestinese, lasciando Gerusalemme sotto amministrazione internazionale. Sebbene Israele accettò il piano, la leadership palestinese lo rifiutò.
Dopo la dichiarazione d’indipendenza israeliana nel 1948, una coalizione di stati arabi attaccò Israele, dando inizio alla prima guerra arabo-israeliana. Israele non solo resistette, ma ampliò il proprio controllo al 72% della Palestina storica, con l’espulsione forzata di centinaia di migliaia di palestinesi, evento noto come “Nakba”.
La guerra dei Sei giorni: massima espansione
Nel 1967, Israele combatté la guerra dei Sei giorni contro Egitto, Siria e Giordania. Con un attacco preventivo, Israele conquistò la penisola del Sinai, Gerusalemme Est, la Cisgiordania, la Striscia di Gaza e le alture del Golan.
Questi territori, eccetto il Sinai, sono ancora oggi motivo di disputa. La comunità internazionale considera l’occupazione di questi territori illegale, ma Israele ha consolidato la propria presenza attraverso insediamenti e politiche di annessione, come quella del Golan nel 1981.
Gli accordi di Camp David e la restituzione del Sinai
Nel 1978, grazie agli accordi di Camp David, Israele accettò di restituire il Sinai all’Egitto in cambio del riconoscimento dello stato israeliano. Questo segnò una rara inversione di rotta nella politica di espansione territoriale israeliana, ma la situazione nei territori occupati continuò a deteriorarsi.
Le alture del Golan e la Siria
Dopo la guerra del 1973, Israele stabilì una “zona cuscinetto” nel Golan con un accordo mediato dall’ONU. Tuttavia, nel 1981 Israele annesse unilateralmente il territorio, annessione riconosciuta solo dagli Stati Uniti nel 2019 sotto l’amministrazione Trump. Recentemente, con la fine del regime di Bashar al-Assad in Siria nel 2024, Israele ha occupato nuove porzioni di territorio siriano, consolidando ulteriormente il controllo su quest’area strategica.
Il conflitto in Cisgiordania e Gaza
La Cisgiordania e la Striscia di Gaza rappresentano due delle aree più controverse. Israele non ha mai formalmente annesso la Cisgiordania, ma ha incentivato la creazione di insediamenti, che oggi ospitano oltre 700.000 coloni.
Nel 2005, Israele si ritirò unilateralmente da Gaza, ma mantenne un controllo stretto dei confini e dello spazio aereo, mentre il territorio passò sotto il controllo di Hamas nel 2007. Dopo l’attacco di Hamas del 7 ottobre 2023, Israele ha intensificato le operazioni nella Striscia, arrivando ad atti considerati tentativi di genocidio dalla Corte Penale Internazionale, e costruendo strade militari che dividono il territorio e impedendo il ritorno dei civili palestinesi espulsi.
Il Libano e le incursioni periodiche
Israele ha invaso il Libano nel 1982, occupandone il sud fino al 2000. Nonostante il ritiro, i confini rimangono indefiniti e il sud del Libano continua a essere teatro di scontri. Nel 2024, Israele ha nuovamente invaso il Libano, e un cessate il fuoco ha lasciato aperte le questioni territoriali.
Israele “sposta” i confini, la Russia “annette illegalmente”
Questa storia di conflitti e annessioni come viene invece raccontata sui media Occidentali? Un esempio per tutti è quello dell’Associated Press, l’agenzia di stampa statunitense, una delle 3 principali strutture informativa del mondo (assieme a Reuters e France Press) che da la linea e viene ripresa – supinamente – da quasi tutti i mezzi d’informazione.
Il 18 dicembre 2024 AP pubblicava un articolo con il seguente titolo: “I confini di Israele si sono spostati nel corso della sua storia. L’azione in Siria potrebbe rimodellarli di nuovo”
Due anni prima, il 30 settembre 2022, possiamo vedere questo articolo invece: “Putin annette illegalmente il territorio ucraino; Kiev chiede l’ingresso nella NATO”.
Un doppio standard evidentenel discorso internazionale. Israele “sposta” i confini attraverso occupazioni e interventi militari che spesso ricevono condanne formali, ma raramente conseguenze pratiche. Al contrario, l’annessione della Crimea e delle regioni ucraine da parte della Russia viene trattata come una flagrante violazione del diritto internazionale, con sanzioni economiche e politiche significative.
Entrambe le situazioni comportano violazioni territoriali, ma la narrazione prevalente tende a giustificare Israele citando motivazioni storiche e di sicurezza. Questo evidenzia una politicizzazione del linguaggio che riflette interessi geopolitici: in sostanza, parliamo di propaganda.
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