Affari e politica, reggono le accuse: sei indagati restano ai domiciliari

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Dafne Roat e Chiara Currò Dossi

Procura soddisfatta. I difensori annunciano il ricorso in Cassazione. C’è il metodo mafioso ma non per tutti

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Trascorreranno il Natale agli arresti domiciliari. Niente cenone fuori porta a Capodanno, facendo un calcolo approssimativo non potranno sperare di tornare liberi prima di un paio di mesi, considerati i tempi del deposito delle motivazioni (i giudici si sono presi 45 giorni) e del ricorso per Cassazione, che ci sarà, assicurano gli avvocati.

Il Tribunale del Riesame ha confermato la misura cautelare per sei dei sette arrestati nell’ambito dell’inchiesta dei carabinieri del Ros di Trento e della Finanza sugli intrecci tra politica e affari che ha portato a inizio dicembre a 8 arresti (le ordinanze erano 9, ma il magnate austriaco René Benko, ritenuto a capo del sodalizio è libero) e 77 indagati. La Corte, presieduta dalla giudice Laura Di Bernardi con a latere i colleghi Marta Schiavo e Massimo Rigon, ha confermato gli arresti domiciliari per il commercialista bolzanino Heinz Peter Hager, ritenuto il braccio destro di Benko, l’imprenditore trentino Paolo Signoretti, gli architetti Fabio Rossa e Andrea Saccani. Restano ai domiciliari anche la funzionaria del Comune di Bolzano, Daniela Eisenstcken e l’ex senatore, Vittorio Fravezzi. Solo il consulente altoatesino Lorenzo Barzon, difeso dall’avvocato Luca Migliucci, tornerà in libertà. I giudici hanno modificato la misura cautelare con quella, meno afflittiva, dell’obbligo di dimora, come era stato deciso per la sindaca di Riva del Garda, Cristina Santi, al termine dell’interrogatorio di garanzia del gip Enrico Borrelli.




















































Le accuse

L’impianto accusatorio ha retto al vaglio del collegio che ha rivisto, in parziale accoglimento dell’istanza delle difese, solo l’aggravante del metodo mafioso che c’è, e su questo i giudici sembrano avere pochi dubbi, ma è stata ancorata solo ad alcuni episodi specifici. Viene quindi esclusa dall’accusa di associazione a delinquere finalizzata alla commissione di reati contro la pubblica amministrazione. Un problema giuridico. Lo dice la Corte Suprema. In aula l’avvocato Beniamino Migliucci aveva invocato una sentenza della Cassazione secondo la quale non può esistere un’associazione semplice aggravata dal metodo mafioso, perché a quel punto la contestazione sarebbe quella di associazione mafiosa. Quindi resta l’associazione semplice. La Corte conferma il quadro accusatorio delineato dai pm Davide Ognibene e Alessandro Clemente e sostiene che alcuni indagati abbiano agito con modalità mafiose, tra cui Signoretti e Hager, i due presunti registi degli intrecci illeciti. L’imprenditore di Arco avrebbe fatto pressioni sull’assessore del Comune di Riva Mauro Malfer per la riqualificazione dell’area ex Cattoi. L’aggravante viene contestata a Signoretti, all’ex senatore Fravezzi e ad Hager anche in relazione all’accusa di traffico di influenze illecite per il progetto di riqualificazione dell’ex hotel di Arco. Questi alcuni esempi.

Ai due architetti bolzanini, invece, l’aggravante viene riconosciuta in relazione all’accusa di rivelazione del segreto d’ufficio per la progettazione di uno studentato nella zona produttiva di Bolzano. Sarebbe stato ancora una volta il commercialista bolzanino a fare pressioni sui due professionisti per ottenere informazioni riservate, ma Hager secondo l’accusa è il regista anche per quanto riguarda gli affari trentini, «curati» da Signoretti, con la mediazione dell’ex sindaco di Dro.

La procura e la difesa

È soddisfatta la Procura, mentre le difese sono già al lavoro e annunciano un ricorso per Cassazione. È fiducioso l’avvocato Giovanni Rambaldi, che difende Signoretti: «Siamo soddisfatti perché i giudici hanno riconosciuto l’insussistenza dell’aggravante del metodo mafioso rispetto alla contestazione associativa — afferma —, soprattutto perché è avvenuta in questa fase, non votata all’accertamento dei fatti e in assenza di elementi a discarico che verranno spesi nel proseguo del procedimento». È sulla stessa linea il difensore di Fravezzi, l’avvocato Nicola Degaudenz: «Va accolto con favore un primo arretramento rispetto all’aggravante», afferma. Prende atto della conferma della misura cautelare, l’avvocato di Hager, Carlo Bertacchi, e stigmatizza la decisione del collegio, definita «singolare», visto che «le esigenze cautelari erano basate sulla natura intimidatoria dell’associazione». E aggiunge: «Non si è mai visto prima che un giudice contesti un’aggravante per reati fine non contestata dai pm». Osservazione rimarcata anche dall’avvocato Migliucci, che si dice soddisfatto della revoca della misura a Barzon, ma ritiene il provvedimento «incomprensibile, perché ha spostato l’aggravate sul singolo reato». Il legale fa riferimento alla violazione di segreto d’ufficio. Il capo d’imputazione riguarda l’invio agli architetti, da parte di un funzionario comunale, di uno screenshot del proprio computer, come prova del fatto che fosse stato bloccato il rilascio del nullaosta per la realizzazione di uno studentato in zona industriale (alla quale loro stessi erano interessati). «Ma se è il funzionario a dare loro questa informazione — osserva il legale —, come si dovrebbe concretizzare il reato, aggravato dal metodo mafioso?».

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