Dare agli enti parco personalità giuridica propria, assumere personale qualificato, garantirsi piani di lungo respiro: una sfida non più rinviabile.
Non a caso, la Laconi insiste sulla necessità di aggiornare la vecchia Legge Regionale n. 31 del 1989 e porre fine allo stallo dei parchi nazionali, come il Geominerario, l’Asinara e La Maddalena, ancora nel limbo commissariale. Il prossimo passo, a detta dell’assessora, è dotarsi di strumenti moderni e fondi certi, fare della Sardegna un vero “laboratorio di sperimentazione ecologica” che trasformi le aree protette in un volano di crescita sociale ed economica. L’idea è mettere in rete tutte le aree protette, nazionali e regionali, coordinandone le risorse e abbattendo frammentazioni e inefficienze. Non è solo questione di tutela ambientale: si tratta di cogliere gli obiettivi europei del 30/30, cioè proteggere il 30% del territorio e del mare entro il 2030, creando al contempo opportunità di sviluppo sostenibile.
Questa tensione verso il futuro si scontra però con una dura realtà industriale e sociale. La Glencore, multinazionale del settore metallurgico, ha appena anticipato al 23 dicembre la chiusura della linea zinco di Portovesme. Una mossa giudicata “di estrema scorrettezza” dall’assessora del lavoro Desirè Manca, perché coinvolge 1200 lavoratori e getta nell’incertezza un intero territorio sotto Natale. Il Governo è chiamato ad agire, a istituire un tavolo di crisi permanente, a difendere chi lavora dalla brutalità delle decisioni prese a migliaia di chilometri di distanza. Anche la presidente della Regione, Alessandra Todde, e il Ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, hanno avuto un primo confronto: non si può accettare che la Glencore calpesti gli impegni, i lavoratori e le Istituzioni.
Intanto, sul versante agricolo, arrivano segnali incoraggianti. Grazie ai fondi europei (FEAGA e FEASR) sono stati erogati circa 389 milioni di euro alle aziende agricole sarde nel 2024. Solo a novembre e dicembre ne sono arrivati 151, a oltre 22.000 beneficiari.
È un segnale importante: l’assessore dell’agricoltura Gianfranco Satta parla di un’accelerazione della spesa, passata da 6 a oltre 15 milioni mensili, per dare ossigeno alle imprese agricole e scongiurare il rischio di perdere fondi europei. Ci sono ancora questioni tecniche da risolvere, come quelle legate alla nuova Carta nazionale dei suoli, che hanno portato a una mancata eleggibilità di alcune aree storicamente destinate al pascolo. Ma la Regione sta lavorando per sanare queste distorsioni, validando le superfici e stabilizzandole, così che nel futuro non si ripetano gli stessi problemi.
Non solo ambiente e agricoltura: l’Industria regionale investe 15 milioni 350 mila euro in 59 Comuni per sviluppare infrastrutture destinate agli insediamenti produttivi. Un buon segnale, sostiene l’assessore Emanuele Cani, e c’è già l’intenzione di aumentare la dotazione nel 2025. Se questi interventi porteranno a rafforzare il tessuto economico locale, la Sardegna potrà puntare su imprese meno fragili, aree industriali più competitive e un mercato del lavoro meno esposto ai colpi di coda delle grandi multinazionali.
In poche parole, la Sardegna si dibatte tra la speranza di rinnovare sé stessa e la durezza delle sfide immediate. Da un lato, vuole finalmente mettere ordine nelle proprie aree protette, renderle un baluardo di sviluppo sostenibile e attrazione per il futuro. Dall’altro, deve fronteggiare crisi industriali che lasciano a terra centinaia di famiglie e situazioni non meno complesse in ambito agricolo e produttivo. La differenza, stavolta, potrebbe farla la volontà di passare dalle parole ai fatti: se gli Stati Generali sardi dell’ambiente non resteranno l’ennesima fiera delle buone intenzioni, se il Governo saprà rispondere con fermezza alla spregiudicatezza industriale, se le risorse agricole e industriali saranno utilizzate in modo efficace, allora l’isola potrà davvero sperare in un domani meno incerto. È una corsa contro il tempo, e tocca correre adesso.
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