Mingarelli, Carulli e la nuova frontiera della bioedilizia: tradizione, innovazione e benessere a confronto

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Un’intervista che esplora le visioni di Diego Mingarelli, Presidente di Confindustria Ancona, e Anna Carulli, Presidente dell’Istituto di Bioarchitettura, sul futuro sostenibile dell’edilizia e del territorio.

Di Piero Luigi Carcerano

In un contesto in cui sostenibilità e innovazione si intrecciano sempre più profondamente, personalità come Diego Mingarelli si affermano come autentici pionieri di un nuovo approccio nel settore edilizio. In qualità di CEO di Diasen, impresa leader nella bioedilizia, Mingarelli ha da sempre perseguito un obiettivo chiaro: trasformare il modo in cui costruiamo e abitiamo, puntando su tecnologie e metodi che riducono l’impatto ambientale e promuovono un futuro più responsabile La sua recente elezione alla presidenza di Confindustria Ancona amplia ulteriormente la sua sfera d’influenza, permettendogli di incidere non solo sulle politiche imprenditoriali, ma anche su quelle regionali, e potenzialmente nazionali. Un esempio concreto di questa visione strategica è il seminario svoltosi il 29 e 30 novembre, sotto la direzione di Mingarelli, presso la sede di Diasen. All’evento hanno partecipato esperti dell’Istituto di Bioarchitettura, guidato dalla Presidente Anna Carulli, e i lavori si sono focalizzati sulle nuove disposizioni del Green Deal europeo, analizzando normative e tendenze destinate a definire il futuro dell’architettura sostenibile nei prossimi anni. L’intervista che segue intende cogliere la visione di Mingarelli, illuminando le sfide e le opportunità legate alle nuove normative, nonché il ruolo attivo che egli intende assumere nella programmazione del futuro.    

Prima di tutto, desidero esprimere le mie sincere congratulazioni per la sua recente elezione alla presidenza di Confindustria Ancona, avvenuta con un sostegno pressoché unanime.

Conto e carta

difficile da pignorare

 

Diego, in qualità di nuovo Presidente di Confindustria Ancona, quali strategie e obiettivi si propone di perseguire nei prossimi tre anni per guidare l’associazione verso un futuro di crescita, sostenibilità e innovazione, contribuendo al tempo stesso a valorizzare le eccellenze del nostro territorio e a rafforzarne la competitività a livello nazionale e internazionale?

La mia visione per il futuro dell’associazione nei prossimi tre anni è quella di rappresentare con forza un territorio dalla profonda vocazione manifatturiera, in grado di coniugare qualità della vita, tradizione creativa e imprenditorialità. Credo sia fondamentale valorizzare questa capacità tipicamente marchigiana di intrecciare la dimensione umana, la qualità del lavoro e il rispetto per l’ambiente, riportando il nostro territorio al centro delle strategie manifatturiere del Paese.                 

In quest’ottica, l’eredità di figure come Giorgio Fuà, che hanno operato seguendo questa visione, continuerà a guidarci. Vogliamo promuovere un modello di sviluppo sostenibile che tuteli la salute, la bellezza del paesaggio e la ricchezza del tessuto urbano, puntando su materiali naturali e tecnologie innovative. L’obiettivo è riqualificare spazi e comunità, favorire una crescita armoniosa e restituire centralità alla persona e al suo benessere. È un concetto di bellezza non meramente estetico, ma etico e sociale, capace di rispecchiare la migliore espressione delle nostre radici culturali e dei valori che ci contraddistinguono.   

Grazie per aver condiviso questa prospettiva. Vorrei ora approfondire alcuni aspetti della sua visione, ponendo delle domande che, spero, possano aprire un dialogo costruttivo e stimolante. L’obiettivo è di offrire ai lettori uno sguardo più ravvicinato sulle sfide, le opportunità e i valori che guidano la sua azione. Se è d’accordo, procederei con una serie di quesiti volti ad esplorare nel dettaglio queste tematiche.
Avendo già ricoperto in passato incarichi di rilievo sia a livello locale che nazionale, e avendo dimostrato un impegno costante per il benessere del territorio, l’attenzione all’ambiente e alla valorizzazione delle realtà produttive locali, in che modo ritiene che queste sue precedenti esperienze possano influenzare e arricchire la sua attuale presidenza di Confindustria Ancona?

Durante il mio percorso associativo ho avuto la fortuna di conoscere una grande varietà di imprenditori straordinari, dalle piccole alle grandi aziende, tutti capaci di competere a livello internazionale pur partendo spesso da contesti periferici. Questa dimensione diffusa della manifattura italiana, in cui realtà piccole e medie si affiancano a grandi imprese, ha dimostrato di poter eccellere grazie alla qualità, alla creatività e all’etica del lavoro, sfidando i mercati globali e i colossi multinazionali. L’Italia, seconda manifattura d’Europa, trova in questo tessuto imprenditoriale un punto di forza unico, basato su princìpi di bellezza, sostenibilità e rispetto per la persona. Le esperienze precedenti mi spingono a promuovere un modello di sviluppo che coniughi tradizione, innovazione e sensibilità ambientale, valorizzando al massimo questi elementi distintivi del nostro territorio.

Diego Mingarelli – Anna Carulli

 
Di recente ha ospitato, presso la sede di Diasen, un seminario organizzato in collaborazione con l’Istituto di Bioarchitettura, che ha suscitato notevole interesse tra gli operatori del settore. Come è nata questa iniziativa e quali obiettivi si prefiggeva?

L’incontro con la Presidente dell’Istituto di Bioarchitettura, Anna Carulli, e l’architetto Ferla è stato uno stimolo importante. L’idea era di proporre un cambio di prospettiva, utile non solo in architettura, ma in tutti i contesti territoriali. Durante il seminario abbiamo mostrato un video capace di offrire una visione inedita della nostra città, mettendone in luce la bellezza architettonica, la creatività che ne ha plasmato la storia e la profonda eredità culturale tramandata dai nostri antenati. Questo approccio invita a rivalutare il territorio, riconoscendo i suoi valori estetici, etici e sociali, così da porre basi solide per un futuro sostenibile, attrattivo e coerente con la nostra tradizione manifatturiera. In altre parole, essere “buoni antenati” oggi significa guardare al passato e al presente con occhi nuovi, per far emergere tutto il potenziale nascosto nelle nostre comunità.

La recente collaborazione con l’Istituto di Bioarchitettura rappresenta un passo importante nel suo approccio alla leadership all’interno di Confindustria Ancona. Partendo da questa esperienza, quali altri parametri strategici ritiene fondamentali per raggiungere gli obiettivi dell’associazione? Inoltre, in che modo pensa che l’architettura, con la sua capacità di plasmare gli spazi in cui viviamo e lavoriamo, possa contribuire al benessere delle organizzazioni e del territorio?

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per le imprese

 

Ritengo che l’architettura influisca profondamente sulle organizzazioni, poiché ogni azienda, come ogni istituzione, dovrà riconsiderare il proprio modello di funzionamento e le modalità di interazione fra le persone. Gli spazi in cui operiamo possono diventare luoghi di creatività, condivisione e generazione di nuove idee, dando forma a culture organizzative più agili e inclusive. L’esperienza maturata nel campo dell’architettura mi conferma che essa è un’arte in grado di incidere sulla qualità della vita, proprio perché interviene sugli ambienti dove trascorriamo il nostro tempo. A partire da questa prospettiva, il territorio diventa una risorsa fondamentale, da valorizzare sia a livello locale, con interventi mirati e puntuali, sia a livello più ampio, ripensando il contesto urbano e paesaggistico in chiave strategica.

In sostanza, l’architettura può ispirare un approccio integrato che, dal singolo spazio di lavoro, si estende all’intero tessuto economico e sociale, favorendo uno sviluppo equilibrato, sostenibile e orientato all’innovazione. Questo significa interpretare il territorio come una fonte continua di rinascita, sia sotto il profilo creativo che sotto quello economico, grazie a una visione che dal micro giunge alla macro, tenendo insieme le esigenze delle imprese, il benessere delle persone e il rispetto dell’ambiente.

Stabilimento Diasen
Stabilimento Diasen

 
Sono pienamente d’accordo con quanto detto finora. A proposito dei seminari che organizza, spesso coinvolgendo esperti internazionali, penso ad esempio all’incontro recente con l’Istituto di Bioarchitettura e alla discussione sulle linee guida del Green Deal europeo. In che modo, secondo lei, tali iniziative influenzeranno concretamente il settore della bioedilizia e l’economia locale? Ritiene che questi orientamenti possano portare a un impatto positivo e duraturo, oppure c’è il rischio di effetti meno significativi?

Quando vengono introdotte nuove linee guida e indicazioni, come quelle del Green Deal europeo, si accresce innanzitutto la consapevolezza della sfida da affrontare. L’idea che le abitazioni del futuro debbano porre al centro la salute delle persone, l’utilizzo di materiali naturali, la riduzione degli impatti ambientali e il risparmio energetico crea uno scenario favorevole allo sviluppo di tecnologie e soluzioni sostenibili. Questa cornice politica e industriale può rappresentare un’enorme opportunità, a patto però che chi è chiamato a tradurre in pratica tali principi lo faccia con coerenza e visione strategica. È fondamentale che le tecnologie adottate siano in linea con gli obiettivi dichiarati, evitando che la transizione si riduca a un semplice adempimento burocratico o a un vincolo normativo privo di sostanza. Solo così potremo compiere una vera svolta verso la sostenibilità dell’abitare, generando benefici reali per il settore della bioedilizia, l’economia locale e, in ultima analisi, la qualità della vita delle persone.

Ho notato che siete sempre molto attivi sul fronte della ricerca e che i vostri prodotti non restano mai fermi, ma evolvono costantemente. Quali nuove soluzioni state progettando per superare le difficoltà che i prodotti attuali ancora non riescono a risolvere? Cosa vi proponete di inventare per offrire un ulteriore contributo migliorativo all’edilizia, sia nel recupero di edifici storici sia nella realizzazione di nuove strutture, frutto dell’immaginazione dei prossimi architetti?

Siamo fortemente focalizzati sul benessere delle persone e ogni tecnologia che sviluppiamo mira in quella direzione. C’è ancora tantissimo da fare, sia per quanto riguarda i materiali sia per il design, sia interno che esterno. Abbiamo già introdotto nuovi sistemi di rivestimento e isolamento, ma queste tecnologie possono trovare innumerevoli applicazioni ancora inesplorate, anche in ambiti contigui all’edilizia, come l’arredamento e il design. La vera sfida è quella di spingerci oltre, integrando soluzioni innovative che migliorino la qualità della vita negli spazi che abitiamo quotidianamente. In sostanza, puntiamo a una frontiera in cui benessere, sostenibilità e creatività si fondano, ispirando non solo la ristrutturazione del patrimonio esistente, ma anche la progettazione degli ambienti di domani.

Abbiamo toccato temi molto interessanti, dal presente all’innovazione, dalla quotidianità al futuro, e dalle sue risposte emerge chiaramente la volontà di lavorare per il benessere comune, per migliorare la qualità della vita dell’essere umano sulla Terra. Guardando ai prossimi dieci anni, quale futuro immagina per il settore della bioedilizia, in Italia e in Europa? Quali tendenze ritiene incideranno in maniera significativa sul modo di progettare e costruire gli edifici di domani?

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La bioedilizia scaturisce da un legame profondo tra materiali naturali e benessere, ed è proprio su questa connessione che dovremo insistere. Per me non si tratta solo di sostenibilità, un aspetto ormai imprescindibile, ma di una nuova frontiera: il benessere. Questo concetto supera la semplice attenzione all’ambiente, poiché unisce una dimensione personale (stare bene nella propria casa) a una collettiva (avere a cuore il futuro delle nuove generazioni). Nel prossimo decennio, la bioedilizia e la bioarchitettura diventeranno sempre più centrali, passando da fenomeni di nicchia a pilastri fondamentali del settore edile. L’obiettivo sarà ripensare radicalmente il modo di progettare e costruire, adottando approcci che integrino materiali naturali, comfort, salubrità e rispetto per le risorse. Questo rappresenta il “mantra” del futuro: edifici in grado di garantire benessere reale e duraturo, sia per chi li abita oggi, sia per chi li abiterà domani.

Diego Mingarelli
Diasen – Prodotti

Considerazioni finali

L’intervista ha messo in luce una visione ambiziosa e coerente di Diego Mingarelli, presidente di Confindustria Ancona e CEO di Diasen, orientata a coniugare le radici manifatturiere del territorio con i nuovi scenari aperti dalla sostenibilità e dalla tecnologia. L’evento organizzato insieme all’Istituto di Bioarchitettura, guidato dalla presidente Anna Carulli, ha evidenziato come il dialogo tra le diverse competenze – dall’architettura alla manifattura, dalla tradizione alla ricerca più avanzata – possa generare strategie di sviluppo che superino il semplice rispetto delle normative, puntando invece al benessere reale delle persone e all’armonia con l’ambiente.

La sintesi proposta da Anna Carulli, emersa durante il seminario, ha confermato la necessità di un cambio di prospettiva: guardare alla bioedilizia non solo come un insieme di soluzioni tecniche, ma come a un modello di pensiero capace di promuovere una crescita consapevole, in cui la qualità della vita, l’estetica dei luoghi e la creatività diventino i parametri fondamentali. In questo scenario, la leadership di Mingarelli si configura come un catalizzatore di energie e risorse, contribuendo a ridefinire il futuro dell’impresa, dell’architettura e della società civile.                                                  

In attesa di approfondire ulteriormente questi temi in futuri incontri, questa intervista rappresenta un prezioso punto di partenza: una testimonianza del percorso già avviato, delle visioni introdotte, e della volontà di rendere l’esperienza manifatturiera delle Marche un motore di innovazione, benessere e bellezza per tutti.

Intervista all’Architetto Anna Carulli, Presidente Nazionale dell’Istituto Nazionale di Bioarchitettura (INBAR)

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