Fattori di rischio: consumo eccessivo di alcolici per il 15% degli italiani.

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Consumo di tabacco, sedentarietà, uso non moderato di alcol ed eccesso di peso rappresentano stili di vita dannosi che aumentano il rischio di insorgenza di patologie croniche.

In relazione ai diversi fattori di rischio l’Italia, nel contesto europeo (Ue27), si distingue per i livelli molto bassi di obesità e una quota minore di fumatori abituali; tuttavia, si caratterizza anche per una percentuale molto bassa di adulti che svolgono attività fisica, almeno secondo i livelli raccomandati dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) al fine di migliorare le condizioni di salute.

Secondo il Piano Nazionale della Prevenzione 2020-2025 tali fattori di rischio insieme alle caratteristiche dell’ambiente e del contesto sociale, economico e culturale rappresentano cause alle quali si può ricondurre il 60% del carico (burden) dovuto alle malattie croniche non trasmissibili (malattie cardiovascolari, tumori, malattie respiratorie croniche, diabete, problemi di salute mentale, disturbi muscolo scheletrici) in Europa e in Italia che restano le principali cause di morte a livello mondiale.

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Nel 2023 è pari al 18,7% la proporzione di fumatori tra la popolazione di 11 anni e più, quota che risulta in lieve calo rispetto a quanto registrato nel 2022 (19,0%). Negli ultimi 10 anni si evidenzia una tendenza alla diminuzione della quota di fumatori tra il 2013 (20,3%) e il 2019 (17,8%), mentre dal 2020 (18,2%) si è registrata un’inversione di tendenza con un nuovo e progressivo tendenziale aumento, protrattosi fino al 2022 (19%).

L’abitudine al fumo è più diffusa tra gli uomini che tra le donne (22,3% contro 15,2%); nel tempo la distanza di genere si è significativamente ridotta (da 10,2 punti percentuali nel 2013 a 7,1 p.p. nel 2023), per la contrazione dell’attitudine al fumo tra gli uomini, rimasta invece pressoché stabile tra le donne.

Quote più elevate di fumatori si osservano a partire dalla fascia di età dei giovani di 20-24 anni, fino a raggiungere il livello più elevato tra le persone di 25-34 anni (26,9%). Le prevalenze diminuiscono leggermente nelle fasce di età successive, mantenendosi tuttavia abbastanza stabili fino a 60-64 anni e si riducono, invece, in maniera più marcata tra la popolazione ultra sessantaquattrenne.

La prevalenza di forti fumatori (20 sigarette o più al giorno) è pari al 3,5% (pari al 19% dei fumatori di sigarette), quota che si è significativamente ridotta negli ultimi 10 anni (4,8% nel 2013), soprattutto tra gli uomini (da 7,4% al 5,1%).

INDICATORE VALORE ASSOLUTO (in migliaia) VALORE PERCENTUALE VARIAZIONE IN PUNTI PERCENTUALI RISPETTO AL 2013
ABITUDINE AL FUMO (11 anni e più)
Fumatori 9.976 18,7 -1,6
– di cui Forti Fumatori (20 o più sigarette) 1.848 3,5 -1,3
CONSUMO DI ALCOL (11 anni e più)
Almeno un comportamento di consumo a rischioi 8.029 15,0 -0,9
di cui Consumo abituale eccedentario 4.695 8,8 -2,3
di cui Binge drinking 4.150 7,8 +1,5
ECCESSO DI PESO (18 anni e più)
Persone in eccesso di peso 22.927 46,3 +0,9
di cui in sovrappeso 17.094 34,6 -0,9
di cui obese 5.832 11,8 +1,5
SEDENTARIETÀ (3 anni e più)
Persone che nel tempo libero non praticano né sport né attività fisica 20.047 35,0 -6,2
Tabella Istat

Nel 2023 il 15% della popolazione di 11 anni e più (pari a 8 milioni e 29 mila persone) ha almeno un comportamento di consumo di bevande alcoliche a rischio (consumo abituale eccedentario o ubriacature, il cosiddetto binge drinking). Tra gli uomini la quota è pari al 21,2% (5 milioni 507 mila persone) mentre tra le donne è pari al 9,2% (2 milioni 521 mila). Si riscontra una sostanziale stabilità nella proporzione dei consumatori a rischio rispetto al 2022 (14,9%). Il consumo abituale eccedentario riguarda l’8,8% della popolazione (12,2% gli uomini, 5,5% le donne), il binge drinking il 7,8% (10,8% gli uomini, 3,1% le donne).

Nell’arco degli ultimi 10 anni si è osservata una forte contrazione del consumo abituale eccedentario (-2,3 punti percentuali), viceversa, la quota di chi ha abitudine alle ubriacature è significativamente aumentata (+1,5 p.p.).

Comportamenti non moderati nel consumo di bevande alcoliche si osservano più frequentemente tra gli ultra sessantaquattrenni (il 18,1%, 30,2% per gli uomini e 8,5% per le donne), tra gli adolescenti di 11-17 anni (il 15,7%, il 22,4% degli uomini e il 13,3% delle donne) e tra i giovani e adulti fino a 44 anni (rispettivamente 15,5%, 20,4% e 10,6%).

Nelle classi di età anziane il superamento delle quantità raccomandate avviene con il consumo abituale di vino soprattutto durante il pasto (tra coloro che dichiarano un consumo abituale eccedentario ciò si verifica per il 54,6% degli uomini e il 64,6% delle donne). L’abitudine a un consumo non moderato di alcol tra gli anziani potrebbe essere in parte legato a una scarsa conoscenza della quantità di alcol da consumare senza incorrere in rischi per la salute (per la popolazione di 65 anni e più già una quantità di due o più unità è considerata a rischio) ma anche a fattori culturali legati alla tradizione che vedono in tale consumo una consuetudine comportamentale.

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Oltre agli anziani, anche i ragazzi rappresentano una sotto popolazione con un’elevata diffusione di comportamenti a rischio. Mentre l’Organizzazione Mondiale della Sanità raccomanda la totale astensione dal consumo di alcol fino ai 15 anni, in Italia con la Legge 8.11.2012 n.189 vige il divieto di somministrazione e vendita di bevande alcoliche ai minori di 18 anni. Da ciò si deduce che i giovani di età inferiore ai 18 anni che consumano anche una sola bevanda alcolica durante l’anno presentano un comportamento a rischio nel consumo di alcol. È rilevante, quindi, che nella fascia di età 11-17 anni il 15,7% abbia consumato almeno una bevanda alcolica nell’anno, valore che teoricamente dovrebbe essere uguale allo zero. In questa fascia d’età, il 2,8% ha le abitudini più rischiose perché si caratterizza per un consumo giornaliero di bevande alcoliche e/o per l’abitudine al binge drinking e/o per il consumo fuori pasto almeno settimanale, mentre il 12,9% ha un consumo più occasionale (beve almeno una bevanda alcolica nell’anno o ha un consumo fuori pasto occasionale).

Le prevalenze più elevate di consumo di alcol a rischio si osservano nelle regioni del Nord, specialmente nel Nord-est (18,9%), rispetto al Centro (14,6%) e al Mezzogiorno (12,0%). Nel confronto con il 2022 si osserva un aumento nella prevalenza dei consumatori a rischio nelle regioni del Nord (+0,7 punti percentuali) e, viceversa, una riduzione in quelle del Centro (-0,8), con un conseguente ulteriore ampliamento delle differenze territoriali.

Analizzando la distribuzione sul territorio dei fumatori si osservano quote analoghe di fumatori su quasi tutte le macro aree del Paese, con valori che si attestano al 18,9% nel Nord, al 19,4% nel Mezzogiorno e al 19,6% nel Centro. Tra il 2022 e il 2023 si evidenza una riduzione della quota di fumatori nel Centro, mentre i livelli risultano pressoché stabili nel Nord e nel Mezzogiorno.

Per l’abitudine al fumo nel 2023 si evidenziano comportamenti differenziati per fascia di età. Tra la popolazione di 25-64 anni, infatti, la quota di fumatori cresce al diminuire del titolo di studio (la percentuale di fumatori è pari al 17% tra chi ha la laurea o un titolo superiore e sale al 28,5% tra chi ha al massimo la licenza media); viceversa, tra la popolazione di 65 anni e più le prevalenze sono più alte tra chi possiede titoli di studio più elevati (12,8% laurea o titolo di studio superiore contro 9,6% tra chi ha al massimo la licenza media).

Per il consumo di alcol a rischio si osservano comportamenti diversificati non solo rispetto al titolo di studio posseduto e all’età, ma anche rispetto al tipo di consumo a rischio considerato: infatti, tra la popolazione adulta di 25-64 anni, se si considerano le “ubriacature”, le quote più elevate riguardano chi possiede titoli di studio più alti (12,5% laurea o più contro 7,7% licenza media inferiore), mentre se si considera il consumo abituale eccedentario, i livelli più elevati si osservano tra chi possiede titoli di studio più bassi (6,7% tra chi ha la massimo la licenza media contro 3,7% tra chi ha almeno la laurea); tuttavia, tra la popolazione di 65 anni e più le prevalenze di consumo a rischio sono sempre più elevate tra chi possiede titoli di studio più alti.

Nel 2023 è pari al 46,3% la quota di persone di 18 anni e più in eccesso di peso, tra queste il 34,6% è in sovrappeso e l’11,8% in condizione di obesità. Il dato complessivo è stabile rispetto a quanto registrato nel 2022. Tuttavia, analizzando, le due componenti di cui è composto l’indicatore (sovrappeso e obesità), nel 2023 si osserva un lieve incremento della proporzione di persone in condizione di obesità, specialmente tra gli uomini (che passano dal 12,2% al 13%), a conferma di una tendenza all’aumento di tale indicatore negli ultimi anni (10,3% nel 2013 contro l’11,8% del 2023).

Si osservano differenze di genere a svantaggio degli uomini, molto marcate nelle fasce di età centrali dai 35 ai 64 anni, dove per l’eccesso di peso si registrano circa 20 punti percentuali in più (51,2% a 35-44 anni e 29,9% tra le loro coetanee), mentre si riducono a 10 punti percentuali dopo i 75 anni e tra i 18-34enni. I livelli più elevati di eccesso di peso si registrano nella classe dei 65-74enni, dove 7 uomini su 10 sono in eccesso di peso, mentre tra le donne si riducono a cinque su 10.

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Anche per l’obesità le prevalenze sono più alte tra gli uomini, ma con differenze meno marcate, pari al massimo a 4 punti nell’età centrali. Il picco di prevalenza dell’obesità, sia per gli uomini che per le donne, è a 65-74 anni: 17,0% i primi e 14,9% le seconde, ma dopo i 74 anni i tassi di obesità tra i generi puntano ad allinearsi (13,7% contro 13,8%).

Nel 2023 è pari al 35,0% la quota di persone di 3 anni e più sedentarie, che dichiarano cioè di non svolgere né sport né attività fisica nel tempo libero.

Nel 2023 l’indicatore di sedentarietà mostra un significativo miglioramento rispetto al 2022, quando aveva raggiunto il 37,2% e si attesta su valori significativamente inferiori anche rispetto a quanto registrato 10 anni prima (nel 2013 la sedentarietà riguardava il 41,1%% della popolazione).

Nel confronto con il 2022, la riduzione della sedentarietà ha riguardato sia le donne sia gli uomini, questi ultimi in misura maggiore (-2,6 punti percentuali contro -1,8 punti percentuali). La sedentarietà diminuisce in quasi ogni fascia di età, con punte di riduzione maggiore tra i bambini di 6-10 anni (-4 punti percentuali) e tra la popolazione adulta e anziana di 60-74 anni (-4,1 punti percentuali).

Le donne presentano livelli di sedentarietà più elevati rispetto agli uomini (38,8% contro 31,0%), anche se nel tempo il gap di genere è andato riducendosi (era pari a 7,8 punti percentuali nel 2013 e scende a 5,9 punti percentuali nel 2023). Se si escludono i bambini di 3-5 anni, a tutte le età le donne risultano più sedentarie degli uomini. In particolare, se si considerano le persone di 75 anni e più si dichiarano sedentari il 54,7% degli uomini e il 72,8% delle donne.

La quota di sedentari è elevata tra i piccolissimi di 3-5 anni (50,6%), diminuisce in modo evidente già nella fascia di età successiva (6-10 anni, 17,7%) e si mantiene bassa tra i minori, ma aumenta significativamente già nelle fasce di età successive. A partire dai 65 anni, più del 40% della popolazione si dichiara sedentaria. I più sedentari sono gli anziani ultra settantaquattrenni fra i quali oltre il 65% dichiara di non praticare sport né attività fisica nel tempo libero.

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La geografia dell’eccesso di peso mette in evidenza un forte gradiente territoriale Nord-Mezzogiorno. Nel 2023 la quota di persone adulte in eccesso di peso raggiunge quasi il 50% nel Mezzogiorno (36,8% in sovrappeso e 13,1% con obesità), mentre nel Nord si registrano prevalenze più basse (31,7% in sovrappeso e 10,7% con obesità). Si osservano prevalenze particolarmente elevate in Puglia (51,1%), Campania (51,0%), Basilicata (50%) e Calabria (49,8%).

Rispetto al 2022, aumenta leggermente la quota di eccesso di peso nelle regioni del Centro e del Nord-est e, viceversa, si riduce leggermente nelle regioni del Mezzogiorno (da 50,1% a 48,8%); la situazione si mantiene pressoché stabile nel Nord-ovest.

L’analisi territoriale mostra anche per la sedentarietà una simile distribuzione sul territorio ma con differenza Nord-Mezzogiorno ancora più marcate. Le prevalenze di persone che non svolgono sport né attività fisica aumentano significativamente passando dal Nord (24,3%) al Centro (29,4%) e al Mezzogiorno (47,5%). In particolare, nella maggior parte delle regioni meridionali e insulari circa metà della popolazione non pratica sport né attività fisica, fatta eccezione per la Sardegna dove la percentuale di sedentari si attesta al 33,0%. Le percentuali più elevate di sedentarietà si rilevano in Basilicata (52,9%), Campania (52,5%), Sicilia (51,2%) e Puglia (48,1%).

Per l’eccesso di peso si osservano marcate differenze rispetto al titolo di studio conseguito. Infatti, tra le persone con almeno la laurea la prevalenza di eccesso di peso è pari al 34,7% (27,3% in sovrappeso e 7,5% obese), sale tra i diplomati (46,3%, di cui 11,6% in sovrappeso e 34,7% obese) e raggiunge il 56,5% (15,3% e 41,2%) tra quanti hanno al massimo la licenza della scuola media inferiore. Tale andamento si osserva in tutte le fasce di età, sia per gli uomini sia per le donne.

Analogamente, anche i livelli di inattività fisica sono più elevati tra le persone con titolo di studio più basso: la prevalenza di chi non pratica sport né attività fisica nel tempo libero è pari al 17,9% tra chi ha almeno la laurea, sale al 29,1% tra i diplomati e raggiunge il 55,6% tra quanti hanno al massimo la licenza media.

Le differenze più marcate si osservano per le persone adulte di 25-44 anni, tra le quali la quota di persone con basso titolo di studio che non praticano sport o attività fisica è tre volte e mezzo rispetto a quella di chi ha i titoli di studio più elevati (50,9% contro 14,9%).

Nel biennio 2022-2023iv si stima che in Italia più di un ragazzo su quattro in età compresa tra e 3 e 17 anni (il 26,7%) sia in eccesso di pesov. Analizzando in dettaglio la distribuzione dell’eccesso di peso, si osserva una maggiore diffusione tra i bambini di 3-10 anni, dove si raggiunge circa il 33% (con il picco più elevato tra le femmine di 3-5 anni e i maschi di 6-10 anni). Al crescere dell’età, il sovrappeso e l’obesità vanno tuttavia diminuendo, fino a raggiungere il valore minimo tra gli adolescenti di 14-17 anni (17,4%). Tale andamento per età si osserva pressoché costante nel tempo, con valori significativamente sempre più elevati nelle fasce dei più piccoli.

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Come in passato, anche nel biennio 2022-2023 permane una forte differenza di genere, con valori più elevati di eccesso di peso tra i maschi (il 29,3% contro il 24,0%). Le differenze di genere si osservano specialmente a partire dalla classe di età 6-10 anni e si incrementano nelle classi di età successive.

L’analisi condotta sugli ultimi anni evidenzia una riduzione del fenomeno dal 2010-2011 al 2016-2017 (dal 28,5% al 25,5%), una successiva stabilità fino al 2018-2019 e, a partire dal 2020-2021, una nuova crescita protrattasi fino al biennio 2021-2022 (27,2%). Nel biennio 2022-2023 si evidenzia, invece, una lieve riduzione del fenomeno.

Come per gli adulti, anche per i bambini e i ragazzi si osserva un significativo gradiente territoriale, consolidatosi nel tempo. Le prevalenze di sovrappeso e obesità tra i minori aumentano significativamente, infatti, passando dal Nord al Sud del Paese, disegnando una geografia che mette in evidenza come delle 10 regioni che presentano valori di eccesso di peso superiori alla media nazionale ben sette si trovano nel Mezzogiorno.

I livelli più elevati, con oltre un terzo di ragazzi in eccesso di peso, si registrano in Campania (36,5%), Calabria (35,8%), Basilicata (35,0%) e Sicilia (33,8%). Viceversa, i valori più bassi si osservano nelle Province autonome di Trento e Bolzano (rispettivamente il 15,1% e il 17,4%), in Friuli Venezia Giulia (18,4%) e in Lombardia (19,5%).

I comportamenti dei genitori possono avere una influenza rilevante su quelli dei figli, specialmente durante il periodo dell’infanzia e dell’adolescenza. La famiglia svolge, infatti, un ruolo determinante per lo scambio intergenerazionale di conoscenze, pratiche comportamentali, norme e valori. Inoltre, i membri della famiglia condividono lo status socio-economico a cui è associata una diversa propensione ad assumere comportamenti a rischio, come si è visto a proposito del titolo di studio.

Rispetto agli stili di vita considerati, emerge in modo evidente l’effetto esercitato dalle abitudini dei genitori sul comportamento dei figli. Il 25,3% dei giovani fino a 24 anni che vivono in famiglie dove entrambi i genitori sono fumatori hanno anche loro l’abitudine al fumo rispetto al 9,2% dei giovani che vivono in famiglie con nessun genitore fumatore.

Si osserva, inoltre, come il 32,1% dei giovani di 11-24 anni che vivono in famiglie dove almeno un genitore ha comportamenti a rischio nel consumo di alcol presentano gli stessi eccessi, mentre tale quota si dimezza, scendendo al 14,4%, tra i giovani che vivono con genitori che non bevono o consumano alcolici in maniera moderata.

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Analogamente, per l’eccesso di peso si osserva una forte associazione tra genitori e figli. In particolare, se entrambi i genitori sono in eccesso di peso, la percentuale di giovani nella stessa condizione è pari al 34,7% mentre scende al 18,5% quando entrambi i genitori sono normopeso.

Infine, si rileva un’associazione significativa anche tra l’inattività fisica dei figli e quella dei genitori. I giovani i cui genitori non praticano sport né attività fisica sono sedentari più frequentemente degli altri (51,3% quando entrambi genitori sono sedentari contro solo il 10,3% quando nessuno dei genitori è sedentario).

Tali associazioni permangono anche quando è uno solo dei due genitori ad assumere stili non salutari, in particolare quando è la madre ad avere comportamenti non salutari. Ad esempio, quando è solo la madre ad avere abitudine al fumo nei figli tale comportamento è pari al 22,5%, mentre scende al 14,5% quando è solo il padre ad avere tale abitudine.

Fatta eccezione per il consumo di alcol, per tutti gli altri comportamenti nocivi si osserva, inoltre, che i giovani che vivono in famiglie caratterizzate da buone risorse economiche o da un livello socio-culturale più elevato presentano prevalenze più basse rispetto a coloro che, al contrario, vivono in famiglie in condizioni socio-economiche e culturali più svantaggiate. Ad esempio, i figli in famiglie svantaggiate sul piano socio-economico (che riferiscono cioè scarse o insufficienti risorse economiche) presentano una maggiore predisposizione alla sedentarietà (27,5%) rispetto ai figli in famiglie in buone condizioni socio-economiche (21,3%). Tale relazione si mantiene anche se si considera il titolo di studio posseduto dai genitori: i ragazzi sedentari che vivono in famiglie in cui almeno uno dei genitori ha la laurea o un titolo di studio superiore sono il 14,8%, mentre salgono al 34,3% quando il titolo di studio dei genitori è al massimo la licenza della scuola media inferiore.



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