Porte aperte alle ipo: parla il ceo di Borsa Italiana Fabrizio Testa

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Non teme la fuga delle società quotate da Piazza Affari, il ceo di Borsa Italiana Fabrizio Testa. Il fenomeno dei delisting non è solo italiano ma mondiale, causato dalla concorrenza dei fondi di private equity, spiega. Milano può contrastarlo con incentivi alle ipo come quelli studiati dal governo e con la spinta agli investitori istituzionali italiani come i fondi pensione perché puntino di più sul mercato nazionale quotato. Che ancora oggi per l’80% raccoglie investitori esteri. Ecco che cosa il top manager si attende per la piazza milanese che fa parte di Euronext nel 2025.

Domanda. Fabrizio Testa, gli indici di Piazza Affari chiudono l’anno in positivo, ma la fuga di società dal listino è diventata strutturale, e la Borsa rispecchia sempre meno l’economia del paese. Qual è il suo bilancio?

Risposta. È stato un anno positivo sui listini, la Borsa è cresciuta a doppia cifra, ha tenuto un buon passo. Siamo anche positivi su come hanno reagito gli altri asset, soprattutto i titoli obbligazionari: sia il debito pubblico sia i corporate bond ma anche gli Etf, i certificati e i derivati. Per quanto riguarda le quotazioni, siamo riusciti a portare 21 società piccole e medie sul nostro mercato di crescita Egm, mentre su quello principale ne abbiamo vista solo una. Ahinoi, abbiamo visto dei delisting, ma non è un trend che riguarda solo l’Italia. Dagli Stati uniti alla Borsa di Londra, l’uscita di aziende dal mercato purtroppo è una conseguenza sia del consolidamento industriale sia di un fenomeno finanziario. Grandi gruppi internazionali o fondi di private equity vedono valore in ottime aziende che quotano a sconto. Quindi sono delle realtà molto appetibili. Stiamo lavorando con le autorità e le associazioni di categoria per far sì che si rimuovano quegli elementi che tengono lontano le aziende dalla borsa, e che non ci siano degli impedimenti a rimanere quotati.

D. Intanto Piazza Affari ha perso 30 miliardi di capitalizzazione per l’abbandono di nomi importanti, da CNH a Tod’s e Saras, mentre le piccole di Egm hanno raccolto un miliardo circa. Il rapporto tra capitalizzazione di borsa e Pil è il più basso in Europa, e sono scesi volumi e liquidità. Senza una cura choc la Borsa rischia di scomparire.

R. Come dicevo prima, non è un caso solo italiano: quello che serve è uno sforzo a livello europeo. E qui vorrei fare un accenno al progresso che abbiamo fatto negli ultimi tre anni, da quando siamo entrati nel gruppo Euronext. A novembre del 2021 abbiamo lanciato un piano strategico focalizzato sull’integrazione dei mercati italiani nel gruppo, a partire dal data center, che da Londra è stato spostato in Italia, a Ponte San Pietro, ma soprattutto sulla migrazione dei mercati italiani sulla piattaforma, dove adesso ci sono circa duemila emittenti per una market cap di quasi 7000 miliardi, che è il doppio rispetto a quella di Londra, e il triplo rispetto a quella della Germania. Il messaggio è che l’Europa deve rimuovere la frammentazione del mercato dei capitali, sia a livello di trading che di post trading. Noi lo abbiamo fatto. Ad esempio portando la Clearing House, ( la ex Cassa di Compensazione e Garanzia rinominata Euronext Clearing), a Roma, in via Tomacelli 146. Questa è una cosa molto importante, perché facilita l’Unione dei mercati dei Capitali, e porterà più investitori a guardare gli asset e le imprese europee. L’Italia ne trarrà grosso vantaggio.

D. A proposito di Europa: la promessa con cui Euronext si era presentata dopo l’acquisizione di Borsa Italiana era quella di far crescere il mercato. Non è accaduto. Anzi. Piazza Affari attrae meno, mentre altre giurisdizioni, pensiamo all’Olanda, Amsterdam, sia per vantaggi fiscali che per condizioni di mercato hanno portato imprese italiane a spostarsi.

R. Mi permetto di fare una correzione: non c’è stato un delisting dall’Italia per un listing in altre geografie. Abbiamo visto degli spostamenti di sedi legali, ma la quotazione è rimasta in Italia. Questa è una cosa importante, perché spesso si sente parlare di aziende che guardano ad altri mercati, mentre sono gli altri a guardare a noi. In Italia, quasi l’ottanta per cento degli investitori nelle società medie e grandi è straniero. Quello che manca nel nostro paese è proprio un impegno a investire da parte degli istituzionali italiani. Nel Manifesto che abbiamo redatto insieme alla Bocconi, Assonime e operatori di mercato (in primis Equita), abbiamo messo l’accento proprio su questo. Parlo di gruppi bancari, assicurativi, casse previdenziali, fondi pensione, fondazioni bancarie, che investono poco nelle quotate italiane.

D. È un male antico. Il governo dovrebbe fare di più per mobilitare questi investitori?

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R. Stiamo lavorando molto bene su tante iniziative con il Governo, soprattutto con il Mef e Cdp, che, ricordo, ha più dell’8% in Euronext. L’ultima è quella del Fondo di Fondi, lo stanziamento di 350 milioni gestito da Cdp che investirà all’inizio del nuovo anno in fondi creati da gestori privati. Quindi l’idea è di vedere tra i 700 milioni e un miliardo entrare sul mercato.

D. Quando?

R. Siamo pronti. Il processo parlamentare è stato completato e l’approvazione del regolamento del fondo arriverà a stretto giro. Con Cdp abbiamo già messo in moto l’attività per raggiungere i gestori, ma soprattutto gli investitori. Inoltre, il Governo ha reso strutturale il bonus IPO che aiuta molto le piccole e medie imprese che vogliono entrare sui mercati. E, a livello locale, la Regione Lombardia ha stanziato venticinque milioni a fondo perduto per supportare aziende che si vogliono quotare.

D. Il 2025 sarà l’anno di Legge Capitali e riforma del Tuf. La norma sulla lista del consiglio è contestata da investitori internazionali e italiani. La Consob è al lavoro per evitare il caos. Che impatto potrebbe avere in Piazza Affari?

R. La maggior parte delle innovazioni della Legge capitali sono positive per il mercato. Ad esempio, hanno fatto sì che alcuni dei motivi per cui certe aziende guardavano ad altre giurisdizioni, mi riferisco ad esempio al voto multiplo e maggiorato, fossero disponibili anche in Italia. Dalla riforma del Tuf, che arriverà nel primo trimestre, ci si aspettano ora alcuni aggiustamenti, necessari a seguito dei dubbi sollevati da alcuni grandi investitori.

D. Intanto nel 2024 Wall Street ha schiacciato tutti gli altri mercati in giro per il mondo. Ormai rappresenta da sola il settanta per cento della capitalizzazione delle borse di tutto il pianeta. Trump promette una nuova età dell’oro a chi investe in USA, con tagli delle tasse e deregulation. Cosa significa per noi?

R. Per rispondere cito una persona più qualificata di me: Mario Draghi. L’Europa deve reagire per evitare di essere ulteriormente messa sotto pressione dalla potenza americana. Il fatto di avere una concentrazione così alta sulle Big Tech dovrebbe essere considerato con attenzione. Detto questo, mi aspetto un ritorno di interesse sulle realtà di medie dimensioni che riprenderanno a crescere.

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D: Come si presenta il 2025 delle Ipo?

R. Vediamo una buona impostazione sul mercato primario, le nuove quotazioni, non solo in Italia ma anche nelle altre geografie del gruppo. Le iniziative che abbiamo citato sono arrivate a fine anno e hanno portato alcuni emittenti a posticipare quotazioni che erano previste a dicembre, e che avverranno all’inizio del 2025. Siamo particolarmente positivi sulle prospettive del mercato di crescita Egm, che, per lo meno a livello di numeri, ci permetterà di crescere. Ma, ovviamente, dobbiamo concentrarci anche sulla capitalizzazione.

D. Infine, Fabrizio Testa, il vostro nuovo piano industriale punta principalmente sulle attività non dipendenti dai volumi, quindi quelle basate sui dati e le soluzioni per le aziende. Significa che per Euronext conterà meno la promozione della attività di mercato, la Borsa in sé, che è un business basato sui volumi?

R. No, al contrario; il piano è tutto di crescita, ma vogliamo dare più peso a quei servizi che iniziano a trovare clienti soprattutto tra i nostri emittenti, intermediari e investitori. Mi riferisco, ad esempio, ad una serie di soluzioni per la gestione dei consigli di amministrazione, o di gestione della reportistica, che spesso tengono lontano dai mercati regolamentati perché richiedono impegni importanti, offrendo soluzioni che snelliscono la gestione di una società o di strumenti quotati. (riproduzione riservata)



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