VENEZIA – Sotto l’albero di Natale, tutto sembrava ancora possibile per Luca Zaia: «Se il Governo non impugnasse la legge della Campania, si aprirebbe la possibilità per Vincenzo De Luca di arrivare a quattro mandati».
IL NODO
Ma ora che è passato Capodanno, pare proprio che la Befana stia per portare carbone elettorale al dem: sia nel centrodestra che nel centrosinistra, infatti, pressoché tutti danno ormai per certo che martedì 7 gennaio il Consiglio dei ministri delibererà il ricorso alla Corte Costituzionale contro la norma campana, rendendo così politicamente improbabile una modifica del blocco statale finalizzata a consentire la quarta candidatura del leghista veneto.
Dopo quasi due mesi di riflessioni e di rinvii, dunque, Forza Italia con l’avallo di Fratelli d’Italia sarebbe sul punto di superare le resistenze della Lega, forte di due pareri formulati dall’ufficio legislativo del dipartimento per le Riforme istituzionali che citano anche il caso del Veneto.
LA PROPOSTA
Tecnicamente la proposta di impugnativa compete al leghista Roberto Calderoli, ministro per gli Affari regionali. Tuttavia è un fatto che i giuristi di stanza a Palazzo Chigi, dove ha sede il ministro forzista Maria Elisabetta Alberti Casellati, abbiano evidenziato i possibili profili di illegittimità del cosiddetto “salva De Luca” tanto dopo la presentazione del progetto di legge il 24 ottobre, quanto dopo l’approvazione della norma il 5 novembre. Argomenti evidentemente noti al meloniano Giovanbattista Fazzolari, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, quando una settimana fa ha annunciato che l’esecutivo «sta valutando» di impugnare il testo.
Dopodiché occorre sempre tenere presente che in politica tutto può succedere, per cui non va esclusa l’ipotesi che il Governo scelga di prendere ancora tempo, magari chiedendo alla Campania un impegno a rivedere la propria disposizione. I vertici politici campani, però, danno per scontato lo stop: Fulvio Martusciello, coordinatore di Fi, va ripetendo che «il Governo impugnerà la legge sul terzo mandato», così come Antonio Misiani, commissario del Partito Democratico, nei giorni scorsi ha ribadito che «il Pd resta contrario al terzo mandato».
IL PRINCIPIO
Ma cosa dicono i pareri legislativi finiti sul tavolo di Palazzo Chigi? Sostanzialmente che il limite di due mandati, pur costituendo «una restrizione del diritto di elettorato passivo», trova la sua giustificazione «nel rischio di concentrazione e di personalizzazione del potere». Ad introdurlo è stata la legge statale 165 del 2004, che ha imposto il tetto “sulla base della normativa regionale adottata in materia”. Ma questa prescrizione è stata attuata «in maniera non uniforme dalle leggi elettorali regionali», avvertono i giuristi, tanto che alcune Regioni «non prevedono ad oggi un numero massimo di mandati consecutivi», mentre altre «hanno previsto un differimento temporale di tale divieto».
Fra queste ultime viene citato il Veneto, che nel 2012 ha recepito l’imposizione statale a partire dalla legislatura successiva, per cui Zaia ha potuto già svolgere il terzo mandato. In maniera analoga hanno legiferato le Marche e il Piemonte. Ma le relative leggi «non sono state impugnate dal Governo» in carica nei relativi periodi, «né vi è la possibilità per il Governo di impugnare ‘l’omissione legislativa’». Insomma, finora è andata com’è andata, ma adesso secondo le valutazioni consegnate al ministro Casellati, va sollevata la questione di legittimità davanti alla Consulta, perché il limite rappresenta «un principio generale di organizzazione in ogni democrazia compiuta, in linea anche con gli orientamenti della Commissione di Venezia», organo consultivo del Consiglio d’Europa che è formato da esperti in diritto costituzionale.
«Pertanto – ammoniscono i tecnici – le norme regionali che differiscano l’efficacia di tale principio o, comunque, lo limitino, precludono la realizzazione degli indirizzi fondamentali stabiliti dallo Stato in materia di ineleggibilità e di incompatibilità e potrebbero determinare una violazione degli articoli 117, terzo comma, 3 e 51 della Costituzione». Conclusione dei giuristi: «Le indicazioni normative e giurisprudenziali fornite sono coerenti nell’impedire la conformazione di un’Italia “a geometria variabile” per quanto concerne un profilo tanto decisivo per l’esercizio dei diritti di partecipazione democratica». Su queste basi, dopodomani il Consiglio dei ministri prenderà la sua decisione sulla Campania: qualunque sia, sarà interessante l’effetto politico sul Veneto.
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