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La sentenza del Tribunale di Firenze 81 anni dopo. Se l’Avvocatura dello Stato non farà appello, potranno accedere al Fondo Ristori per le stragi perpetrate da tedeschi e nazisti durante l’occupazione
Ancora una sentenza dei giudici fiorentini che stabilisce un risarcimento per gli eredi delle stragi naziste compiute in Toscana in quegli anni terribili e feroci della seconda guerra mondiale.
Carlo Quartaldi stava dando una mano ad Arturo Raspanti quella mattina del 18 luglio del 1944, nel podere la Castellina, in località Fantino, una frazione del comune di Marradi in provincia di Firenze, quando furono circondati dalla prima compagnia del terzo battaglione volontari di polizia «Italia», un’unità mista italo-tedesca della Wermacht, e fucilati sul posto senza pietà , solo per rappresaglia dopo l’uccisione di due militari tedeschi ad opera dei partigiani, avvenuta alcuni giorni prima in regione.
Il Tribunale di Firenze, il 31 dicembre scorso, ha emesso l’ennesima sentenza, a firma del giudice Susanna Zanda, che condanna il ministero dell’Economia a risarcire due eredi di Arturo Raspanti, difesi dall’avvocato Diego cremona, con circa 323 mila ciascuno, per un totale di 650 mila euro.
Ora che gli eredi hanno in mano la sentenza, se l’avvocatura di Stato non farà appello, potranno chiedere l’accesso al fondo governativo istituito nel 2022 per indennizzare le vittime delle stragi naziste.
Questi misfatti, a partire dalla seconda metà del secolo scorso, sono considerati crimini di guerra e contro l’umanità , in quanto lesivi dei diritti fondamentali dell’individuo, dalla giurisprudenza nazionale di merito e di legittimità , così come dalle norme di diritto internazionale. «Pertanto in Italia le azioni relative a questi diritti violati sono ammissibili e imprescrittibili», e nonostante siano trascorsi oltre 80 anni, e non sia quindi più possibile in concreto un’azione penale nei confronti degli autori di questi crimini, con l’istituzione del Fondo Ristori per i danni alle vittime del III Reich è quanto meno possibile ottenere un ristoro economico in favore degli eredi. O provare ad averlo. Perché dopo le sentenze c’è da attendere la risposta ministeriale.
La strage di Marradi, anzi di Crespino sul Lamone, la frazione teatro di questa ennesima scia di sangue, è una delle tante, che tornano alla luce adesso grazie ai processi, compiute dalle truppe nazifasciste in ritirata verso la linea Gotica. I fatti si dipanano tra il 15 e il 18 luglio 1944 e portano alla fucilazione di 42 civili, tutti abitanti del paese e delle campagne circostanti.
L’innesco è, appunto il 15 luglio, l’uccisione di un soldato tedesco, a cui è seguita il 17 la perquisizione dei luoghi e da parte del «3 Polizei-Freiwilligen-Bataillon Italien», un reparto misto di soldati italiani, reclutati fra i reduci fascisti della Milizia, e di ufficiali e sottufficiali tedeschi. Lo stesso reparto si era già reso responsabile il 13 e 14 giugno della strage di Niccioleta, in alta Maremma, comune di Marittima, 83 vittime, in prevalenza minatori.
A Crespino sul Lamone, il 17 luglio i soldati nazifascisti diventano bersaglio di un gruppo armato non inquadrato in alcuna formazione partigiana, che uccide uno dei tedeschi, mentre un altro riesce a fuggire e ad informare i commilitoni. La rappresaglia è feroce e immediata: 28 persone rastrellate lì per lì vengono uccise a colpi di mitragliatrice, compreso l’anziano parroco, don Fortunato Trioschi, l’ultimo a essere fucilato.
Passati per le armi anche i contadini che furono trovati lungo la strada mentre stavano mietendo il grano. Altri 13 saranno massacrati il giorno dopo nelle località di Fantino e Lozzole. Erano tutti uomini, le donne furono risparmiate.
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