“L’olio extravergine? Basta ambiguità: ce ne sono due tipi, va chiarito in etichetta!”

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Di fronte ad una campagna olearia davvero pesante sotto il profilo della produzione – principalmente nelle regioni del sud a maggior vocazione olivicola – Giampaolo Sodano, presidente dei Mastri Oleari, mette in guardia dal rischio di frodi e lancia la sfida: una modifica legislativa che aiuti il consumatore a distinguere bene a scaffale l’olio extravergine di oliva. Da una parte quello di produzione industriale – ai livelli di commodity con grandi marchi e private label che lo commercializzano sia 100% italiano, sia di origine comunitaria, sia extra Ue – dall’altra quello artigianale, prodotto e confezionato con cura e dedizione dal mastro oleario, realizzato con olive del proprio territorio, caratterizzato dalle sue riconosciute e non replicabili proprietà sensoriali, di alta qualità, capace di offrire il meglio anche sotto il profilo salutistico.

Frodi e controlli

Giampaolo Sodano

Giampaolo Sodano, partiamo da quest’ultima campagna. Si stanno confermando le basse stime previste da Ismea. Che valutazione dare?
“Una annata di bassa produzione come non mai. Buona la qualità, in alcune aree eccellente. A fronte di questo un crescente rischio di frodi che sono state denunciate già dai primi di novembre. Ma i controlli sull’olio di oliva nel nostro paese sono affidati a uomini e strutture ad un livello alto di professionalità ed efficienza per cui quando qualcuno veste i panni della volpe, come diceva Bettino Craxi, finisce in pellicceria. Purtroppo è un sistema che coinvolge tutti i soggetti della filiera olearia, frantoiani, imbottigliatori, commercianti, importatori ed esportatori nessuno escluso. Si tratta di un crimine vantaggioso: il più delle volte si risolve in una sanzione amministrativa con pene inferiori a quelle per il commercio di droga. Non c’è bisogno di commenti.

E siccome al peggio non c’è mai fine anche in questa campagna abbiamo avuto i nostri bravi ladroni. Dalla Liguria alla Calabria alla Puglia. L’ultimo sequestro di 180 quintali di olio d’oliva, per un valore di oltre 200 mila euro, spacciato come extravergine. Il tutto in tre cisterne, catalogato come biologico, con tanto di compilazione nel registro telematico del Sian, ma nei fatti olio vergine se non addirittura lampante”.

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Uno sguardo oltre confine

Poco olio e sempre più concentrato in poche mani, soprattutto all’estero. Una ricerca promossa dall‘Università dell’Andalusia dice che nei prossimi 10 anni scompariranno in Spagna ben 500 frantoi. Qual è il suo giudizio?
“Le ragioni di questo drastico calo di frantoi vanno ricercate in strategie di mercato e soprattutto in processi di lavorazione delle olive che vedranno i grandi opifici diventare sempre più grandi ed i piccoli frantoi sempre più piccoli, fino ad essere spinti fuori da un mercato che tutto sacrifica sull’altare della grande quantità. In definitiva, se tu lavori a colpi di una tonnellata di olive al giorno, ovviamente non puoi attendere un risultato di qualità.

Emblematico è il caso del Portogallo dove appena 8 frantoi lavorano il 46% della produzione totale di olive.  Così come la Spagna dove già oggi ci sono frantoi che lavorano fino a 60 volte la media nazionale.

Se queste sono le premesse non è difficile prevedere che la crescita di volume di olive lavorate determini una crisi nella disponibilità di materia prima per i piccoli frantoi che saranno costretti a chiudere. Il risultato sul mercato si vede già oggi: l’olio italiano sta a 10 euro mentre quello spagnolo costa 5, esattamente la metà. Non siamo lontani dal vero se affermiamo che a metà prezzo il consumatore, se gli va bene, avrà la metà della qualità o meglio nessuna qualità.
Molti operatori osservano con preoccupazione la disponibilità di 200.000 tonnellate di olio in Portogallo e le 520.000 tonnellate prodotti in Spagna al di fuori delle cooperative, a cui si aggiungono le 100.000 tonnellate importate dall’estero“.

Servono regole chiare

Quali conseguenze per il mercato italiano?
“È venuto il momento per la politica italiana di passare dalle declamazioni nazionaliste a scelte chiare e forti per proteggere l’olio extravergine italiano condannato a soccombere se si continua con una normativa sulle etichette che rende per la sua genericità impossibile al consumatore di fare scelte consapevoli. Si deve riconoscere che sul mercato globale esistono due oli vegetali estratti dalle olive, totalmente diversi l’uno dagli altri e da qui una normativa nuova che – partendo dalla premessa art.1 della legge 9/2014 che riconosce il frantoio oleario unico produttore dell’olio dalle olive – affermi un nuovo concept di extra vergine di alto profilo nutrizionale e sensoriale, con nuove regole di produzione, distribuzione e conservazione con una etichetta diversa e una dizione inequivocabile: “olio extravergine artigianale” prodotto e confezionato dal frantoio artigiano… con olive delle seguenti cultivar… (e ove possibile firmato dal mastro oleario) creando così sullo scaffale condizioni di reddito significativo per le imprese produttrici e un vantaggio competitivo per il Sistema Italia. Un made in Italy che produce una qualità unica e irripetibile”.



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