«Lavoro, sanità e scuola: ecco le priorità», la Cgil lancia la sfida del rilancio

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CHIETI. Lavoro, sanità, scuola, lotta allo spopolamento. Il 2025 per il territorio dell’intera provincia di Chieti è pieno d’insidie, ma anche di grandi sfide per il rilancio. Franco Spina, segretario provinciale della Cgil, ne parla al Centro sferzando la classe politica e ricordando i pericoli che lavoratori e cittadini corrono in questo momento storico.

Il paradosso del lavoro in provincia di Chieti: nel 2024 occupati in crescita. Ma è solo apparenza. La conferma nel rapporto tra contratti e contributi versati.

«Abbiamo una situazione preoccupante, anche se i dati Inps sulle assunzioni parlano di 54.700 nuovi assunti. Ma se scorporiamo il dato, solo 8.100 sono a tempo indeterminato, tutto il resto sono lavori a termine o precari. Di questi, 11.300 sono quelli in somministrazione – chiamati cioè dalle agenzie interinali – di cui la sola Stellantis nel 2023 ne perse 600. Sono i primi contratti che saltano perché, prima della cassa integrazione, bisogna dimostrare che si è fatto di tutto per abbattere i costi. Altri 5mila posti sono a intermittenza, ovvero chiamati anche per un solo giorno di lavoro. Ma, ai fini statistici, questi sono calcolati come nuovi assunti. Altro dato significativo riguarda i tempi determinati: dei 54mila posti totali, 24mila sono determinati. Di questi, 8 su dieci hanno meno di un mese di validità. Quando si dice “crescita occupazionale”, quindi, bisogna sapere che si parla di una crescita effimera e precaria. L’Inps dice che aumentano gli occupati? Sì, ma a conferma di quanto ho appena detto ci sono i numeri dei contributi versati. Infatti diminuiscono di anno in anno i loro introiti».

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Un altro dato allarmante del 2024 riguarda il ricorso alla cassa integrazione.

«Nel 2024, a fronte di un aumento generale del lavoro, c’è stato un ricorso pauroso alla cassa integrazione, che nel 2023 si era leggermente ridotta: un milione di ore di Cig, lo stesso numero dell’anno precedente. Il motivo di questa cifra monstre è il ricorso all’ammortizzatore sociale da parte del settore automotive: 20mila addetti al comparto, sui 23mila totali in regione, sono in provincia di Chieti. Il pericolo che dalla Cig si possa passare ai licenziamenti non c’è solo per Stellantis, ma soprattutto per l’indotto. Sono tutte le aziende che producono beni e servizi per le case automobilistiche di tutta Europa. Sono piccole e medie imprese, che lavorano spesso per un solo committente. Se viene meno la commissione, queste vanno in grande affanno».

L’automotive resta croce e delizia del territorio.

«Un settore che fa 8 miliardi di fatturato in Abruzzo, il 90% in provincia di Chieti. C’è da riflettere sulla transizione e non solo. E ci sono altri temi. L’ex Fiat in provincia di Atessa produceva 300mila furgoni l’anno, ma ora centomila sono andati in Polonia. L’arrivo di qualche furgone elettrico in Val di Sangro non basterà a compensare. Servirebbero centomila furgoni elettrici. La Fiat, tra l’altro, produceva 2 milioni di veicoli in Italia, oggi ne produce 400mila».

Spina, da tempo lei batte i pugni anche per il problema della sanità.

«Quattro piani territoriali differenti nelle quattro Asl hanno creato cittadini differenziati provincia per provincia. Un altro effetto è che, dovendo recuperare almeno 20 milioni di euro attraverso i tagli, ci sono conseguenze inevitabili sui servizi. Non solo come Asl, ma anche – ad esempio – nei Cup. Dalla sanità la conferma che l’autonomia differenziata sarà dannosa per il Paese: solo lo Stato può garantire un trattamento equo tra nord e sud».

La provincia di Chieti vive anche di tante piccole realtà delle aree interne. Quale futuro per loro?

«L’85% del territorio è composto da Comuni montani o disagiati, in cui tante certezze stanno venendo meno. A partire dalla sanità. A Casoli, ad esempio, sono state ridotte le ore di apertura del presidio. Sono state ridotte le ambulanze medicalizzate. E pensate che per ogni cinque medici di famiglia che vanno in pensione, tre non vengono sostituiti. Manca la possibilità di avere farmacie nei paesi minori, così come gli uffici postali e dei trasporti adeguati. Così si mette a rischio la resilienza dei territori».

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Quali sono le proposte della Cgil per il 2025?

«Servono strumenti straordinari, lo abbiamo detto alla Regione. Come l’area di crisi complessa: non solo per gli ammortizzatori, ma perché unita alla Zes può mettere in campo azioni attrattive, come sgravi e incentivi per le aziende. Bisogna chiederla, assieme al Molise. Servono proposte operative per mantenere almeno i livelli di occupazione attuali. E un impegno politico affinché si torni a produrre qui e si accompagni la transizione».

Altre vie per rilanciare lo sviluppo: le infrastrutture.

«I porti di Vasto, Ortona e Pescara sono fondamentali. Il commercio delle merci via mare è cruciale. Vasto, che ha i fondali più alti, è l’unico pronto per l’attracco dei cargo. Bisogna insistere su investimenti per porti e ferrovie».

Il futuro è la scuola, pilastro del territorio.

«Si accorpano gli istituti, ma non può essere il parametro numerico a stabilire se si apre o si chiude un istituto. Servono 900 alunni per tenere una direzione scolastica? No, la Regione deve chiedere al governo di cambiare metodo. Con il criterio dei numeri l’Abruzzo è spacciato. Le scuole chiuse causano spopolamento. Su sanità e scuola diciamo no a una normativa che guardi solo i numeri, bisogna chiedere deroghe per una realtà come quella del Chietino e quella abruzzese, composta per tre quarti di aree interne e disagiate. Per farle sviluppare bisognerà portare servizi. Può farlo solo una politica lungimirante che guardi al futuro e abbia un piano di sviluppo».

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