Gesù Bambino è stato fermato nella mangiatoia

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San Martino: Gesù Bambino è stato fermato nella mangiatoia. Dall’avvocato Giovanni Adamo riceviamo e pubblichiamo. In questi giorni delle festività natalizie avrebbero dovuto rappresentare l’inizio di un nuovo percorso di riflessione spirituale, per il concomitante inizio dell’anno giubilare, simbolicamente avviato con l’apertura della Porta Santa.

 Scontro tra parroco ed ex parroco

Invece, nostro malgrado, stiamo assistendo ad un vibrante scontro tra un ex parroco ed un parroco in carica che, senza esclusione di colpi, con offese reciproche, scambi di accuse e contestazioni sull’ operato attuale e pregresso di ognuno, non hanno fatto altro che screditare, ancor di più, l’istituzione ecclesiastica, quotidianamente costretta a registrare un continuo allontanamento dalla vita spirituale di comunità, in un occidente che tende sempre di più a manifestarsi laico.

A mio avviso, il messaggio profondo del Vangelo si realizza quando il cammino della vita giunge al dono. Donare gratuitamente, per il Signore, senza aspettarsi qualcosa in cambio: questo è un elemento certo di aver trovato Gesù, che dice: ‘”Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date’”.

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Offrire un dono gradito a Gesù è accudire un malato, dedicare tempo a una persona difficile, aiutare qualcuno che non ci suscita interesse, offrire il perdono a chi ci ha offeso, senza aspettarsi alcuna riconoscenza o gratitudine. Il vero cristiano non ostenta bilanci o rendiconti per pubblicizzare il proprio coefficiente di operatività.

La Chiesa non è una multinazionale in cui il parroco svolge il ruolo di amministratore delegato. Ad inasprire ulteriormente il clima è stata la decisione legittima ma non giustificabile del parroco, il quale ha annullato la processione della “Notte di Natale”, addirittura chiudendo la porta della Chiesa Collegiata di S. Giovanni Battista.

La motivazione apparente dell’annullamento della processione sarebbe dovuta alle condizioni meteo avverse e da una presunta scarsa partecipazione dei fedeli, spiegazione, in qualche misura, lasciata trasparire anche in alcuni commenti di figure autorevoli della nostra comunità.

LA CELEBRAZIONE DEI SACRAMENTI NON DIPENDE DALLA PARTECIPAZIONE DEI FEDELI.

È indubbio che nei documenti del magistero liturgico non si trova affermata la stretta obbligatorietà, per il sacerdote, della celebrazione quotidiana della Santa Messa; ma è altrettanto evidente che essa viene non solo suggerita, ma persino raccomandata. Il Codice di Diritto Canonico del 1983, nel contesto di un canone che indica il dovere dei sacerdoti di tendere alla santità, indica: «I sacerdoti sono caldamente invitati ad offrire ogni giorno il Sacrificio eucaristico» (can. 276, § 2 n. 2 CIC).

Il Sommo Pontefice ha tratto la naturale conseguenza: «La spiritualità sacerdotale è intrinsecamente eucaristica. Raccomando ai sacerdoti “la celebrazione quotidiana della Santa Messa, anche quando non ci fosse partecipazione di fedeli (Propositio 38 del Sinodo dei Vescovi).

Va ricordato anche il Concilio Vaticano II, che al n. 13 del Decreto Presbyterorum Ordinis dice: «Nel mistero del Sacrificio eucaristico, in cui i sacerdoti svolgono la loro funzione principale, viene esercitata ininterrottamente l’opera della nostra redenzione e quindi se ne raccomanda caldamente la celebrazione quotidiana, la quale è sempre un atto di Cristo e della sua Chiesa, anche quando non è possibile che vi assistano i fedeli».

Il Signore ha raccomandato ai suoi pastori: «Quando siete al servizio dei vostri simili, voi non siete che al servizio del vostro Dio…E se io, che voi chiamate vostro re, mi sforzo per servirvi, allora non dovreste voi lavorare per servirvi l’un l’altro?» 

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Il diritto ai sacramenti

Orbene, il dibattito centrale che interessa l’intera comunità, su cui è necessario effettuare riflessioni profonde è: la lesione del fondamentale diritto dei fedeli ai sacramenti. Sin dal Concilio Vaticano II viene enucleato il concetto della doverosità della celebrazione dei sacramenti, istituiti come mezzi di salvezza per gli uomini, per cui i ministri dei sacramenti non ne sono i proprietari assoluti e disporre di essi a loro discrezione.

L’autorità ecclesiastica può limitarli ma in modo da lasciarne salva la sostanza: e l’estrema elasticità e plasticità del diritto canonico consente una molteplicità di soluzioni compatibili. Mancanze o lacune ingiustificate ledono la sfera giuridica del fedele.

Il sacerdozio non è un lavoro da pubblico impiego

Di recente, stiamo prendendo atto di un comune modo inedito di interpretare la missione del sacerdozio (SERVIZIO AI FEDELI), attività che dovrebbe essere determinata da una profonda e reale vocazione, sigillata da una consacrazione dell’anima, e non intesa come un rapporto di pubblico impiego, espletato nell’arco delle sei ore di lavoro giornaliero.

Abbiamo bisogno di fermarci e riflettere seriamente per individuare le giuste coordinate del nostro viaggio esistenziale, da percorrere rispettando i canoni sottostanti alle nostre scelte di vita, senza che il nostro agire umano sia la conseguenza di una valutazione di convenienza o di opportunità, tale da sfociare i nostri comportamenti nel relativismo etico.

Giovanni Adamo

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