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E così, mentre in Arabia Saudita le quattro protagoniste del campionato scorso passano al monte dei pegni per riscuotere denaro fresco, in Italia la Serie A non si ferma. E nemmeno il Napoli. Questo primo fine settimana del 2025 è molto strano, spezzettato, e lo sguardo degli appassionati è strabico, tra i fatti di casa nostra e una non appassionante final four per la Supercoppa Italiana tra Inter, Atalanta, Juventus e Milan in stadi vuoti o comunque poco caldi in termini di tifo e passione. A tal proposito, lunedì 6 gennaio, si disputerà la finale tra Inter a Milan, in quel di Riad e se la prima semifinale ha destato un minimo di interesse per la qualità del gioco espresso dalle due compagini di Inzaghi e Gasperini, la seconda è stata – parere soggettivo – un mesto bigliettino da visita per il paese ospitante e pagante. Ma finché paga…
Escludendo Simone Inzaghi e Giampiero Gasperini, totalmente identificati con i rispettivi progetti tecnici, le top della nostra Serie A hanno tutte fatto i conti con il cambio di guida in panchina, sortendo gli effetti più disparati. Juventus, Milan – che ha appena accolto il nuovo allenatore Sergio Conceiçao dopo l’esonero di Paulo Fonseca –, Fiorentina, Lazio, Roma – svariate volte –, Bologna e, infine, Napoli, hanno un nuovo allenatore. Chi guarda tutti dall’alto, a braccetto con le due nerazzurre, è proprio la squadra partenopea e, in attesa delle partite da recuperare delle avversarie, si gode anche un primato in solitaria a quota 44 punti, maturati in 19 partite. Medie da scudetto.
Il motivo di tale exploit è uno e uno solo: Antonio Conte da Lecce è uno dei migliori allenatori del mondo, con pochi, pochissimi, “se” e “ma” legati alla tenuta delle sue squadre in Europa, ma questa è un’altra storia.
Antonio Conte non conosce le leggi dello spazio e del tempo: rende, fa rendere al massimo e vince a Torino con la Juve tra il 2011 e il 2014; rende, fa rendere al massimo e vince oltremanica col Chelsea tra il 2016 e il 2018 in un calcio totalmente differente da quello iper-tattico dell’Italia; rende, fa rendere al massimo e vince in un ambiente complesso e, per di più, inviso alla sua Juventus, ovvero l’Inter tra il 2019 e il 2021. Infine, rende, fa rendere al massimo a Napoli, luogo quanto più distante dalle culture aristocratiche del calcio del nord da lui battuto negli anni scorsi. Il modo di essere e di lavorare di quest’uomo è un passepartout che funziona dovunque e nell’immediato. Sì, perché se progetti come quello gasperiniano e di Inzaghi hanno richiesto tempo per sublimarsi, quelli di Conte, spesso e volentieri, hanno richiesto anche solo 9 mesi, e anche nella stessa città di Napoli le lancette sono tornate indietro al mese di giugno del 2023, quando le strade erano piene di cortei per festeggiare quella squadra imbattibile fresca di terzo scudetto.
Quella che sta andando in scena a Napoli è una riproposizione fedele dei percorsi virtuosi di Conte ammirati con Juventus, Chelsea, Inter e, persino, con quella Nazionale italiana operaia che nel 2016 ha fatto sognare un Paese intero per quasi un mese. Quella da lui allenata è una squadra che non è abbacinante, che non cerca necessariamente il dominio con la palla ma in primis con la testa e i nervi per arrivare ad usare il pallone nel modo essenziale, ossia per far gol e per respingere i tiri o gli attacchi verso la propria porta. Esattamente ciò che abbiamo visto tutti in Fiorentina-Napoli dello scorso 4 gennaio.
La sfida del Franchi ha messo l’uno contro l’altro i migliori allenatori neoassunti dalle squadre di vertice della nostra Serie A, senza dimenticare mai Marco Baroni alla Lazio.
La Fiorentina di Raffaele Palladino si conferma creatura in assoluto divenire ma con valori comprovati sia quando si tratta di fare un calcio offensivo, sia quando c’è da difendere. Il lavoro del tecnico nato a Mugnano di Napoli è palese – basti guardare il rendimento di Moise Kean – e, esattamente come Conte, ha riguardato il sistema di gioco di una squadra che non poteva più stare in campo in un certo modo, pena uno scarso rendimento e risultati latitanti. Come Conte, Palladino si è messo in discussione e i risultati lo hanno premiato, e con essi i calciatori, che hanno fede nei dettami proposti.
Eppure, il risultato di Fiorentina-Napoli, sembrerebbe affossare la Viola ed innalzare gli Azzurri. Ma com’è maturato questo 3-0? Esattamente nel modo che piace al tecnico dei Partenopei: sfruttando le poche ma decisive amnesie di una squadra ancora immatura in alcuni frangenti di gara. Conte, in quattro mesi, ha riportato una squadra iridata ma calcisticamente depressa, alla maturità, rendendola definitivamente adulta, capace di fare a meno dei “vestiti griffati” (bel gioco sarriano-spallettiano) e, quindi, in grado di navigare nel torbido o di passeggiare con abiti poco vistosi o, addirittura “sporchi”. Il calcio bello proposto da Conte in ogni dove non ha mai raccolto i consensi degli esteti bensì dei pragmatici ma è un calcio bello, nella misura in cui è ben fatto, perché prima di essere proposto dagli interpreti, viene fatto interiorizzare.
E così, David Neres, comparsa d’autunno, oggi è il calciatore più in forma della rosa. E attenzione, il suo impiego non è dovuto tanto agli infortuni di Kvara o Politano, quanto al fatto che l’ex Ajax e Benfica si è definitivamente calato nella nuova dimensione contiana, quella che va oltre lo spazio e il tempo. E se va oltre lo spazio e il tempo, allora decade anche il discorso dei ruoli in campo: Neres, da ala avanzata, lo si ritrova a recuperare palla in difesa. Idem Kvara o Politano nelle scorse partite. Nulla, con Antonio da Lecce, è lasciato al caso, dal modo di muoversi in orizzontale e di occupare l’area, al modo di interpretare la llegada, ossia l’avanzamento verso l’area avversaria per far gol. La sua, è una filosofia brachilogica, ovvero del “poco ma buono”, a patto che quel poco sia coltivato quotidianamente e ossessivamente con il duro lavoro. Una filosofia di calcio che sa di antico ma che con Conte dimostra di pagare i suoi dividendi, con buona pace di chi è al monte dei pegni arabo: Inter e Atalanta, di ritorno dal vicino-oriente, saranno attese dall’arduo compito di scalzare la nuova capolista, e non sarà affatto scontato.
Fonte foto: SSC Napoli
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