Dalle minacce di Trump al ruolo dell’IA, perché il 2025 non sarà un buon anno per il clima

Effettua la tua ricerca

More results...

Generic selectors
Exact matches only
Search in title
Search in content
Post Type Selectors
Filter by Categories
#finsubito

Carta di credito con fido

Procedura celere

 


La transizione energetica procede a rilento, come dimostra il consumo globale di carbone aumentato dell’1 per cento nel 2024. La probabile uscita degli Usa dall’Accordo di Parigi non permette di essere ottimisti. Così come l’addio di diversi colossi finanziari all’iniziativa Net-Zero Banking Alliance. Per non parlare dell’IA, responsabile di sempre più emissioni di CO2.

Dalle minacce di Trump al ruolo dell’intelligenza artificiale, perché il 2025 non sarà un buon anno per il clima

Il 2024 è stato l’anno più caldo mai registrato a livello globale, il primo con più di 1,5ºC al di sopra dei livelli preindustriali. Un limite entro il quale il mondo, stando all’Accordo di Parigi, dovrebbe rientrare entro al fine del secolo. Il problema non è averlo superato adesso, ma piuttosto quanto oltre ci spingeremo prima di far marcia indietro. Se mai ci riusciremo. Il 2025 non si apre certo nel migliore dei modi: manca pochissimo all’insediamento di Donald Trump, che avrebbe già pronto l’ordine esecutivo per abbandonare la più importante intesa globale sul clima. Per il nostro pianeta tira una brutta aria ma, va detto, non per esclusivamente per colpa del presidente americano (ri)eletto.

Finanziamo agevolati

Contributi per le imprese

 

Dalle minacce di Trump al ruolo dell’intelligenza artificiale, perché il 2025 non sarà un buon anno per il clima
Donald Trump (Getty Images).

Nel 2024 l’uso del carbone a livello mondiale ha raggiunto il massimo storico

La speranza, come da slogan della Cop28 di Dubai, è «tenere gli 1,5 gradi a portata di mano». Nel migliore dei casi saliremo fino a 1,8 prima di tornare sotto la quota limite entro la fine XXI secolo. L’ultima Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (la 29esima), andata in scena a Baku, è stata una delusione: mancano i fondi per finanziare la transizione verde e la lobby dei combustibili fossili è ancora troppo forte. Di più: nonostante gli appelli a una sua riduzione, l’Agenzia Internazionale dell’Energia ha dichiarato che nel 2024 l’uso del carbone a livello mondiale ha toccato il massimo storico (8,77 miliardi di tonnellate), aggiungendo che toccherà il picco nel 2027.

Il carbone è inquinante, ma è pur sempre la fonte di energia più economica

Il consumo globale di carbone è raddoppiato negli ultimi tre decenni e nel 2024 è aumentato dell’1 per cento: la guerra in Ucraina ha fatto schizzare in alto il prezzo del gas costringendo parecchi Paesi a virare verso la fonte “nera” per eccellenza, certo inquinante ma pur sempre più economica. A fare la parte del leone la Cina, che da sola ha consumato un terzo del carbone bruciato in tutto il mondo. Insomma, allontanare l’energia dai combustibili fossili sarà ancora più difficile di quanto sperassero un tempo molti governi e dirigenti. Con buona pace dei timori di eventi meteorologici sempre più catastrofici, causati dal riscaldamento globale.

Trump non vuole imporre agli americani alcuna riduzione delle emissioni

Per quanto riguarda il già citato Accordo di Parigi, durante la sua prima presidenza (2016-2020) Trump aveva già fatto uscire gli Stati Uniti dal trattato internazionale che stabilisce la soglia del +1,5 gradi come obiettivo da non superare in tema di aumento della temperatura prima della fine del secolo. Gli Usa ci sono rientrati nel 2021 con Joe Biden, ma la nuova amministrazione Trump si è già messa al lavoro per redigere le bozze dei decreti per un nuovo addio, da siglare appena dopo l’insediamento del 20 gennaio. D’altra parte, il tycoon da buon negazionista ha sempre rimarcato di non voler vincolare gli americani ad alcuna riduzione delle emissioni di gas serra o ad altri impegni contro il climate change.

Dalle minacce di Trump al ruolo dell’intelligenza artificiale, perché il 2025 non sarà un buon anno per il clima
Morgan Stanley (Getty Images).

Morgan Stanley e gli altri istituti che hanno lasciato la Net-Zero Banking Alliance

Un indicatore che la transizione energetica sta frenando arriva anche dalle banche. Nelle ultime settimane istituti come Wells Fargo, Citigroup, Bank of America, Morgan Stanley hanno lasciato la Net-Zero Banking Alliance, iniziativa promossa dalle Nazioni Unite che ha l’obiettivo di accelerare la transizione sostenibile del settore per raggiungere zero emissioni nette entro il 2050. «Il nostro obiettivo è quello di contribuire alla decarbonizzazione dell’economia reale fornendo ai nostri clienti la consulenza e i capitali necessari per trasformare i modelli di business e ridurre l’intensità di carbonio», ha dichiarato la banca d’affari Morgan Stanley. I target di sostenibilità, probabilmente, dovranno essere ridiscussi.

La storica vittoria di Shell contro la sentenza sulla riduzione delle emissioni

Nel corso del 2024, inoltre, hanno rallentato sulla decarbonizzazione diversi giganti petroliferi. Come Shell, che ha vinto il ricorso contro la storica sentenza del 2021 che imponeva al colosso di ridurre le emissioni di gas serra del 45 per cento entro il 2030 rispetto ai livelli del 2019. Mai un’azienda era stata costretta da un giudice a intraprendere misure climatiche così drastiche, ma la sentenza è stata poi annullata. Il motivo? Per la Corte dell’Aia non si può imporre una soglia precisa a una singola società.

Dalle minacce di Trump al ruolo dell’intelligenza artificiale, perché il 2025 non sarà un buon anno per il clima
Data center (Getty Images).

Anche l’intelligenza artificiale inquina: l’energia richiesta dai data center 

In tutto questo si inserisce l’avanzata dell’intelligenza artificiale. Le emissioni di CO2 che arrivano dai data center negli Usa, spinte dall’espansione dell’IA, sono infatti triplicate dal 2018 arrivando nel 2024 a 105 milioni di tonnellate metriche di CO2, pari al 2,18 per cento delle emissioni nazionali. Oggi più del 4,5 per cento dell’energia totale utilizzata negli Stati Uniti è destinata ai data center. E con la diffusione di modelli di intelligenza artificiale sempre più complessi queste cifre sono destinate a crescere ulteriormente: secondo uno studio del Lawrence Berkeley National Laboratory, sostenuto dal Dipartimento dell’Energia, la domanda di energia di queste infrastrutture potrebbe triplicare, rappresentando fino al 12 per cento del consumo elettrico nazionale. Insomma, se qualcuno confidava che un algoritmo potesse magari fornire la soluzione al problema delle emissioni, aveva davvero riposto le sue speranze nelle mani sbagliate.



Source link

Microcredito

per le aziende

 

***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****

Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link

Source link