MONTEPULCIANO – Montepulciano e il vino, un rapporto indissolubile da tempo immemore. Come si potrebbe dire diversamente al pensiero di una terra famosa per il vino già nel 55 a. C.? Sì, perché le prime testimonianze risalgono a quell’anno, quando l’autore latino Tito Livio nelle sue “Storie” raccontava che i Galli erano venuti in Italia, nelle terre d’Etruria, attratti proprio dal vino di quelle colline.
Poi nel corso dei secoli questo vino si fece conoscere sempre di più, grazie a una qualità di altissimo livello. Come dalle parole di Sante Lancerio, cantiniere di Papa Paolo III Farnese, che celebrava il vino di Montepulciano come “vino da Signori”, per le tavole imbandite delle case dei nobili. O come quando nel 1803 Thomas Jefferson, l’allora presidente degli Stati Uniti d’America, ordinò 123 bottiglie di vino a base sangiovese proveniente da queste terre.
Negli anni, questo piccolo borgo delle terre senesi, incastonato tra Valdichiana e Val d’Orcia nel sud-est della Toscana, patria del poeta umanista Agnolo Poliziano, è diventato il simbolo della produzione del vino Nobile. Nomen omen verrebbe già da dire.
Ma rimane incerta l’etimologia della sua origine, tra l’ipotesi che questo fosse un vino per i nobili dell’aristocrazia toscana, o un’altra che invece afferma come il nome possa derivare dai suoi produttori, appunto alcuni nobili di Montepulciano, che la consideravano un’attività estremamente redditizia.
Terra privilegiata, straordinariamente ricca sia di patrimonio artistico che paesaggistico, con un centro abitato rimasto fermo al 1580, e dove nascono vini di eccezionale pregio, unico comune in cui è possibile la sua produzione, ad esclusione della zona della Valdichiana, con l’utilizzo del vitigno sangiovese, qui denominato “Prugnolo Gentile”, per un minimo del 70%, a cui si possono aggiungere altri vitigni complementari a bacca rossa idonei alla coltivazione nella regione Toscana, per un massimo del 30%.
La sua importanza sempre più crescente anche a livello internazionale, gli ha permesso di diventare nel 1980 il primo vino italiano a conquistare la fascetta della Denominazione di origine controllata e garantita (Docg).
Questo grazie anche, e soprattutto, al Consorzio del vino Nobile di Montepulciano, la cui sede è all’interno della Antica Fortezza del borgo, e nato nel 1965 con il fine di tutelare e promuovere la sua immagine in Italia e nel mondo, occupandosi in seguito anche del Rosso e del Vin Santo di Montepulciano.
Attualmente i suoi soci viticoltori sono 230 e rappresentano oltre il 90% della superficie vitata, quasi la sua totalità.
Le Pievi, il nuovo modo di descrivere il territorio
Il 2025 per il Consorzio sarà un anno importantissimo. Infatti, dopo l’approvazione del disciplinare da parte del Comitato nazionale Vini, nell’anno che si è appena aperto escono per la prima volta in commercio le etichette delle nuove bottiglie con la denominazione Vino Nobile di Montepulciano “Pieve”.
È il frutto di un lavoro lungo, che ha coinvolto tutti i produttori, e che è partito dallo studio della geologia e della geografia del territorio intorno a Pieve.
La ricerca ha individuato 12 zone (Uga-unità geografiche aggiuntive), che saranno menzionate sull’etichetta dei vini imbottigliati insieme alla parola “Pieve”: Cervognano, Cerliana, Caggiole, Sant’Albino, Valiano, Ascianello, San Biagio, Le Grazie, Gracciano, Badia, Argiano e Valardegna.
Il termine utilizzato è un omaggio alle antiche Pievi che contraddistinguevano e suddividevano il territorio in epoca romana e longobarda, regalando così adesso un aspetto simbolico e un’identità autentica al vino di Montepulciano.
Un richiamo alle antiche circoscrizioni ecclesiastiche, rappresentando così una sorta di riscoperta di queste divisioni lontane nella memoria.
Così facendo il Consorzio ribadisce la sua volontà di ridare un’antica radice storica, che ha caratterizzato il territorio poliziano fino all’epoca moderna, come da testimonianze documentali del catasto Leopoldino dei primi decenni del XIX secolo, che suddivideva il territorio in sottozone definite con il toponimo.
Un modo per guardare al passato, ma con un’impronta moderna.
La prima vendemmia riconosciuta è stata la 2021, e quindi, visti i tempi di affinamento minimo di 36 mesi (di cui 12 in legno), la prima annata messa in commercio sarà proprio quella del 2025.
Oltre alla durata dell’affinamento, un’ulteriore novità riguarda i vigneti ammessi. Innanzitutto dovranno essere di proprietà del produttore. Inoltre l’uvaggio consentito sarà sangiovese prugnolo gentile con un minimo 85%, a cui si potranno aggiungere canaiolo nero, ciliegiolo, mammolo e colorino per un massimo del 15%, e non saranno assolutamente ammessi vitigni internazionali e a bacca bianca.
L’intenzione del Consorzio per il futuro è che questa nuova denominazione, che nella pratica rappresenterà solo tra il 5 e il 10 per cento della produzione totale, e che sarà posizionata a un prezzo superiore delle Riserve, possa diventare il traino per tutto il comparto del vino Nobile di Montepulciano, trasformandolo in un prodotto di gamma alta, e con l’obiettivo di raggiungere la ragguardevole cifra di 11 milioni di bottiglie prodotte annualmente tra tutte le versioni.
Gli stessi produttori per primi sono sembrati fin da subito molto fiduciosi sul raggiungimento di questo risultato, e a testimonianza sono arrivate anche le parole di Andrea Rossi, il presidente del Consorzio: “Il Nobile che si produce nelle diverse zone può portare a risultati molto differenti, caratteristica che in passato è stata considerata un limite e che noi invece vogliamo trasformare in pregio, con regole che puntano ad aumentare la qualità della produzione destinata a una fascia alta di appassionati che sapranno apprezzare le differenze. Sono ottimista sui risultati che potremo ottenere, anche perché la critica ci sta riconoscendo l’effetto che questa operazione sta portando sulla qualità di tutto il vino prodotto”.
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