Diciannove Paesi europei hanno introdotto nel proprio ordinamento la tassa minima globale sulle multinazionali. Ma ce ne sono ancora otto che mancano all’appello
I quattro paradisi fiscali più grandi al mondo si trovano in Europa e sottraggono all’erario italiano almeno 10 miliardi di euro. A rivelarlo è un’analisi della Cgia di Mestre, elaborata sulla base di uno studio del World Inequality Lab. I quattro paradisi fiscali europei a cui si fa riferimento sono il Principato di Monaco, il Granducato del Lussemburgo, il Liechtenstein e le Channel Islands, situate nel canale della Manica. Secondo i calcoli della Cgia, sono circa 8mila gli imprenditori, gli sportivi o le celebrità italiane che hanno trasferito la residenza nel Principato di Monaco per approfittare dell’assenza di tasse su reddito e immobili. A loro vanno aggiunti poi i cinquanta fondi investimento, le sei banche e le decine di assicurazioni e multinazionali che hanno scelto di operare in Lussemburgo.
10 miliardi di gettito mancato
Se si sommano tutte le aziende e i privati che sfuggono al fisco italiano, spiega la Cgia di Mestre, l’impatto per le casse dello Stato arriva a toccare quota 10 miliardi di euro. L’esempio più lampante di questa discrepanza tra fatturato e tasse (non) versate riguarda i giganti del web. Secondo l’Area Studi di Mediobanca, nel 2022 le società controllate in Italia dalle 25 più grandi multinazionali del web hanno fatturato 9,3 miliardi di euro, ma hanno pagato appena 206 milioni di imposte. Purtroppo, spiegano gli esperti della Cgia, non esistono altre statistiche che permettano di quantificare il gettito fiscale versato dalle multinazionali che operano in Italia.
Quando un Paese viene definito «paradiso fiscale»
Ci sono quattro caratteristiche, stilate dall’Ocse nel 1998, che rendono possibile classificare un Paese come paradiso fiscale. In primo luogo, la «sostanziale mancanza di imposte sui redditi delle imprese costituite nei propri territori». In secondo luogo, «l’assenza, all’interno dei rispettivi ordinamenti giuridici, dell’obbligo per le società ivi costituite di svolgere un’affettiva attività d’impresa nei relativi territori. Come terzo elemento, l’Ocse cita la «poca trasparenza del sistema legislativo e amministrativo, che consente a determinati soggetti di beneficiare di privilegi in termini di ridotta tassazione dei redditi. E infine, «l’assenza di meccanismi di scambio delle informazioni fiscali tra tali Paesi e gli altri Stati».
La Global minimum tax in Italia e in Europa
Le diverse aliquote scelte dai governi europei per tassare redditi e immobili alimentano il fenomeno della cosiddetta «elusione fiscale», ossia del comportamento di chi sfrutta le lacune del sistema normativo per versare meno tasse di quanto dovrebbe pur rimanendo nei confini della legalità. Per far fronte a questa situazione, nel 2024 è entrata in vigore la Global minimum tax, un’aliquota del 15% che si applica a tutte le multinazionali e che ha l’obiettivo di contrastare proprio quei Paesi che adottano politiche fiscali compiacenti con le big companies.
Il governo italiano stima che la tassa minima globale sulle multinazionali frutterà al Fisco 381,3 milioni di euro nel 2025, per poi salire a 427,9 milioni nel 2026 e 432,5 milioni nel 2027. Dei ventisette Paesi che fanno parte dell’Unione europea, diciannove hanno introdotto la Global minimum tax. Spagna e Polonia la applicheranno a partire dal 2025, mentre Estonia, Lettonia, Lituania e Malta hanno ottenuto una proroga sino al 2030. A questo punto, sono solo due i Paesi che mancano all’appello: Cipro e Portogallo, che hanno ricevuto una lettera di messa in mora da parte di Bruxelles proprio in virtù del loro ritardo nell’introduzione della tassa minima sulle multinazionali.
Quante sono le multinazionali in Italia
A fronte degli oltre 17,6 milioni di occupati presenti in Italia, i dipendenti delle multinazionali (estere e italiane) sono circa 3,5 milioni, ossia il 20% del totale. Se si guarda ai dati sul fatturato, l’incidenza delle multinazionali sul totale è ancora più rilevante. Il fatturato annuo dell’intero sistema produttivo italiano è di 4.322 miliardi di euro. Di questi, quasi la metà (il 45,6%, pari a 1.975 miliardi di euro all’anno) è ascrivibile alle multinazionali italiane o estere.
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