Destra e sinistra, giustizia e politica: in Spagna è tutto al contrario

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In questo tempo di semplificazioni brutali capita di imbattersi in contrapposizioni imprevedibili e a volte inspiegabili. Per dirne una, non è chiarissimo perché i vaccini debbano essere di sinistra e i no vax di destra; oppure perché la gestazione per altri sia di sinistra e chi si oppone di destra (tranne Elon Musk che gode dell’immunità territoriale). I migranti sono sempre di sinistra, anche se quando votano capita non tanto di rado che scelgano la destra. Certo, ci sarebbe anche la guerra (anzi, le guerre), dove lo schema regge a fatica. Ma non tutto si può semplificare, neanche in questi tempi brutali.

A complicare il quadro, poi, ci sono i temi che cambiano collocazione al cambiare dei territori. Paese che vai, destra e sinistra che trovi. Per esempio, in Italia il federalismo (specie quello differenziato) è molto di destra mentre in Spagna è abbastanza di sinistra. Ma il caso più clamoroso è la giustizia.

Su questo terreno, da Berlusconi in poi, l’Italia è modello per il mondo. Da noi i giudici che accusano i politici sono di sinistra, i politici che accusano i giudici sono di destra. Ieri i magistrati erano talmente di sinistra da risultare “antropologicamente diversi”, oggi non si tira più in ballo la natura umana ma la toga ritenuta nemica rimane rossa.

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Se poi c’è un magistrato che assolve (o non condanna) un politico accusato da un altro magistrato, vedi i casi Salvini e Renzi, è l’intero sistema a finire nel mirino imputato di fare politica con altri mezzi.

L’italian style

L’italian style ha fatto scuola persino negli Stati Uniti. Donald Trump, che per molti aspetti è un Berlusconi al cubo, ha ingaggiato una dura lotta contro tutti i magistrati che l’hanno indagato. Molti altri li ha ingaggiati e basta, ma questo fa parte del modello giudiziario americano e non è uno scandalo. Interessante come nemmeno la rielezione alla Casa Bianca abbia chiuso la questione. Molti dei suoi processi sono infatti decaduti e anche le relative condanne.

Molti, ma non tutti: c’è un giudice a New York per il quale la condanna di Trump nel caso Stormy Daniels resta in piedi.  Insomma, tra Italia e Stati Uniti lo schema non cambia.

Palazzo di Giustizia, inaugurazione dell’anno giudiziario in corte di Cassazione – LaPresse

Per vedere una storia completamente diversa, anzi letteralmente ribaltata, basta guardare quello che è accaduto e sta accadendo in Spagna.

Se attraversiamo il Mediterraneo, infatti, pur in presenza di numerose e clamorose inchieste contro esponenti politici e di governo, la situazione si ribalta. Usando le categorie italiane dovremmo dire che in Spagna (oggi) l’opposizione giudiziaria è di destra, e il garantismo è di sinistra, anche se nessuno lo dice in questi termini. A differenza dell’Italia, infatti, le polemiche su questo piano sono sempre state “timide”: dei giudici si “deve dire” che sono indipendenti e terzi! Ma le cose stanno iniziando a cambiare anche qui, si stanno un po’ italianizzando.

L’attuale governo, il terzo guidato dal socialista Pedro Sánchez, è da mesi nel mirino dei magistrati.

Il primo banco di prova è stata la legge sull’amnistia ai politici catalani condannati per il referendum illegale di indipendenza, uno dei punti cardine del programma con il quale Sánchez ha ottenuto l’appoggio degli indipendentisti.

La disobbedienza ed il dibattito

Ancor prima della presentazione della legge, Juan Manuel Fernández, componente del CGPJ (Consejo General Poder Judicial, il Csm spagnolo) e di una associazione di togati conservatrice, chiede, allarmato, una seduta straordinaria dell’organo prima ancora della presentazione della legge per licenziare un eventuale parere dal punto di vista giuridico. Su diversi media dichiara: “Non sono vincolanti, però si emettono e arricchiscono il dibattito parlamentare”. E un parere viene davvero licenziato, il 6 novembre del 2023, con il solo voto dei giudici conservatori, ma senza neppure conoscere i contenuti e il testo della futura norma. Una decisione che non appare proprio in punta di diritto.

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Dopo la polemica preventiva, la “disobbedienza” successiva con alcuni giudici che, una volta approvata la legge, decidono di non applicarla con motivazioni ancora oggetto di polemiche dentro la stessa magistratura.

Il dibattito sul cosiddetto lawfare (l’uso dei tribunali come arma di conflitto contro gli avversari politici) a questo punto esplode sui media e nelle aule del “Congresso”, sembra quasi di stare a Milano o a Roma, non a Madrid. Ma è solo l’inizio, perché da quel momento alla più classica causa per corruzione, il “caso Aldama”, che vede un imprenditore chiamare in causa un ex ministro e deputato del Psoe, Josè Luis Abalos (il partito lo sospende immediatamente e lui va nel gruppo misto), si aggiunge un nuovo ed inedito filone di inchieste giudiziarie, quelle che colpiscono direttamente la famiglia del premier, in concreto il fratello e la moglie.

Addirittura Sanchez minaccia di lasciare la politica e dimettersi, ma non lo fa e da qualche mese è costantemente “cotto a fuoco lento”, mentre si susseguono le indiscrezioni, i titoli, e gli interrogatori su queste due indagini, entrambe nate sulla base di denunce presentate da associazioni e pseudo sindacati della galassia dell’estrema destra, Hazte oír e Manos Limpia.

L' ex ministro e deputato del Psoe Josè Luis Abalos - Wikimedia Commons
L’ ex ministro e deputato del Psoe Josè Luis Abalos – Wikimedia Commons

Un clima avvelenato

In entrambe le vicende scoppia lo scontro, non solo a livello di opinione pubblica, ma anche dentro il mondo della magistratura: l’accusa è che le “notizie di reato” che hanno portato il giudice ad aprire questi casi sono spesso solo ritagli di giornali scandalistici. Tanto da far dire in una intervista a José Antonio Martín Pallín, ex magistrato emerito del Tribunal Supremo, che il “procedimento è pieno di anomalie dal principio”.

Il clima è talmente avvelenato che per la prima volta il Psoe cambia registro e mentre non fa alcuna polemica sul caso Aldama e confida nelle decisioni dei giudici, negli altri due protesta con inconsueta virulenza.

Come un mondo al contrario: il Pp che negli anni passati accusava i giudici di essere filo-Psoe nelle innumerevoli inchieste contro la corruzione del partito di destra, ora è in prima linea nella difesa dell’indipendenza del poter giudiziario, mentre il Psoe denuncia oggi le invasioni di campo dei magistrati.

Anche se a guardar bene tutta la storia del Paese è segnata da inchieste che hanno condizionato la vita politica, dalla corruzione al terrorismo. A metà degli anni ‘90, dopo 14 ininterrotti alla guida del governo, Felipe Gonzales va alle dimissioni dopo diversi processi che toccano il Psoe e che danno la vittoria elettorale al PP; nel 2018 il primo governo Sánchez nasce con una mozione di sfiducia costruttiva contro il premier del Partito Popular Mariano Rajoy a seguito delle condanne di alcuni esponenti apicali del PP sul caso Gurtel, una serie di inchieste per riciclaggio, frode fiscale, evasione, corruzione e finanziamento illecito.

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Qualcosa si è rotto

Ma qualcosa si rompe con il secondo governo Sánchez nel 2020,  dopo le elezioni vinte dai socialisti.

Il socio di minoranza del Psoe, Podemos, è immediatamente investito da una macro causa con molteplici linee di indagini, dal finanziamento alle irregolarità amministrative, sia come persona giuridica sia contro singoli dirigenti del movimento.

Le inchieste sono finite nel nulla ma nel frattempo la forza politica su tutti i media, tradizionali e social, è permanentemente nella bufera. Il danno di immagine è irreparabile e ancora oggi emergono aspetti inquietanti di quelle inchieste, tra documenti falsi e forzature investigative e giuridiche.

Come dicevamo, però, la situazione assume dimensioni più eclatanti con il terzo esecutivo Sanchez, quello del 2023: il Psoe arriva secondo a 1,38% dal Pp, ma il vincitore non ha la maggioranza in Parlamento e quindi dopo un tentativo fallito di avere la fiducia, il Re da di nuovo a Sánchez il mandato, che ottiene la maggioranza assoluta.

A pochi mesi dalla tornata elettorale, la reazione del Partito Popolare è tutta giustizialista (di economia meglio non parlare visto che la Spagna va come una locomotiva, secondo tutti gli indicatori internazionali).

José Luis Rodríguez Zapatero - Creative Commons
L’ex premier spagnolo José Luis Rodríguez Zapatero – Creative Commons

Il mondo al contrario

Difficile datare l’inizio di questo “mondo al contrario” giudiziario rispetto allo schema destra-sinistra, ma molti indizi vanno in una direzione: l’instabilità e la confusione politica creatasi dopo la fine del bipartitismo e, in qualche modo, per la sconfitta di Eta durante il governo Zapatero. Quello “spirito della transizione”, come viene definito nella politica iberica, viene meno e vacillano i grandi accordi di Stato tra PP e Psoe (per esempio nella lotta contro Eta), non c’è più l’emergenza terrorismo, decade tra mille scandali la figura del Re Juan Carlos, (fino all’abdicazione), ed emergono dall’indignazione dei cittadini  (il movimento degli indignados) nuove forze politiche: a sinistra-sinistra Podemos e sigle affini a livello regionale, al centro destra (ma strizzando l’occhio ai liberali di sinistra) Ciudadanos, con punto di forza in Cataluña.
In questo contesto, l’altra novità è proprio il protagonismo che assumono i giudici.

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Lo scontro produce anche  conseguenze di carattere istituzionale: il CSM iberico che viene eletto ogni 5 anni in modalità mista e con quorum qualificato, da giudici e dal Parlamento (siamo paesi cugini!), è a maggioranza conservatrice ma dopo l’ultimo governo Rajoy del Partito Popolare-PP del 2018, non si rinnova per le resistenze convergenti dei giudici in carica e dello stesso PP.

Un “bloqueo” poco istituzionale (e costituzionale) che non solo impedisce la normale amministrazione e le nomine e promozioni in molti tribunali (con relativi vuoti di organico), ma che rallenta anche il rinnovo della Corte Costituzionale e quindi altera la consueta e fisiologica alternanza, che è stata storicamente una delle caratteristiche positive della democrazia spagnola.

Un organo costituzionale ostaggio per 5 anni e sbloccato e rinnovato solo nel 2024.

Corruzione vera e inchieste spericolate, partiti garantisti con gli amici e giustizialisti con gli altri, giudici di assalto e istituzioni ostaggio delle polemiche, per chi guarda la Spagna con gli occhi dell’Italia è inevitabile la sensazione di déjà vu.

 

Mimmo Torrisi Giornalista

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