Effettua la tua ricerca
More results...
Mutuo 100% per acquisto in asta
assistenza e consulenza per acquisto immobili in asta
Diventata un fenomeno virale grazie al suo webcomic Qahera, uscito online in inglese e arabo tra il 2013 e il 2019, la giovane fumettista egiziana Deena Mohamed pubblica in Egitto il primo volume di Shubeik Lubeik nel 2017; il libro viene notato, i diritti per la traduzione in inglese acquisiti da Pantheon e da Granta e il testo ampliato e tradotto in inglese dalla stessa autrice. In Italia arriva per Coconino Press all’inizio del 2024, nella felice traduzione dall’arabo di Luce Lacquaniti con il titolo Shubbek Lubbek-Ogni tuo desiderio. La lettura invertita e la nuova copertina sono i segni distintivi dell’edizione di questo impressionante esordio, che sotto l’aspetto pop e la definizione un po’ sbrigativa ma commercialmente ineccepibile di urban fantasy, cela una profonda analisi della società egiziana nel dibattito tra tradizione e stile di vita occidentale, religione e capitalismo. Con l’autrice abbiamo parlato a Lucca Comics& Games, dove nei giorni del festival le tavole dei suoi fumetti sono state esposte insieme a quelle delle fumettiste Zanieb Fasiki e Takoua Ben Mohammed a Palazzo Ducale, nella mostra Kalimatuna, le nostre parole di libertà.
«Qahera- a comic about a muslim superhero», èun fumetto che ha per protagonista una supereroina velata. Il tuo primo progetto nasce in inglese. Perché?
Ho iniziato a disegnare gli episodi su Tumblr usando l’inglese perché il mio pubblico era composto da un gruppo di amici; in Egitto moltissime persone usano l’inglese su Internet, perché la maggior parte delle piattaforme come lo stesso Tumblr allinea la lingua araba a sinistra. Capisco che sia una piccola cosa ma rende l’esperienza di lettura veramente fastidiosa. I miei amici erano principalmente arabi e musulmani in diaspora e vivendo all’estero, tutti anglofoni. Ma quando ho scritto e disegnato il fumetto sulla violenza sessuale alcuni egiziani mi hanno chiesto di tradurlo in arabo. Io non pensavo che potesse essere capito, così non ho neanche invertito il senso di lettura delle vignette, le ho solo numerate e per mie sorpresa il post ha avuto moltissimi commenti e molta diffusione sui social. Questo mi ha fatto pensare al pubblico: io non disegno per piacere al lettore e cerco normalmente una soddisfazione personale, ma questa pioggia di likes mi ha costretto a riflettere su chi fossero i miei lettori e cosa li sarebbe piaciuto. Sto in equilibrio tra l’interesse per le reazioni del pubblico e il tentativo di non dipendere solo da quello. Cerco di evocare un’emozione e di creare qualcosa, ma pubblicare online mi ha dato la possibilità di avere un feedback immediato sull’accessibilità e comprensibilità dei miei fumetti. Così ora disegno assicurandomi che anche mia nonna possa capire quel che voglio dire.
Da dove viene l’idea di una supereroina velata?
Di per sé il genere dei supereroi è divertente e si presta a essere decostruito; io volevo fare satira sociale, quindi l’idea che l’eroina fosse una donna musulmana che indossa l’hijab poteva funzionare. Ho scoperto che tra le femministe occidentali quello del velo è un tema molto caldo, ma quando mi chiedono se sono femminista preferisco non mettere davanti questo aspetto e rispondere che mi considero un’artista. Certo vivo secondo principi molto femministi, ma non vorrei limitare la lettura e l’interpretazione del mio lavoro alla prospettiva di genere. In uno degli episodi, Qahera reagisce in modo violento contro un gruppo di Femen che la vogliono salvare dalla sua condizione di donna musulmana e velata. Una femminista mi ha fatto notare che la reazione del personaggio contro le Femen non era corretta, visto che le loro manifestazioni venivano represse con violenza. Anche per questo mi sono indirizzata verso la fiction: l’immediatezza della satira spesso non permette di introdurre tutte le sfumature di significato necessarie.
Un supereroe è un concetto piuttosto occidentale, già per il fatto che Qahera porti il velo è già di per sé un paradosso, non credi?
Certo, fa parte della vena satirica che ricercavo. Ms Marvel, il film che racconta la storia di Kamala Khan, una ragazza musulmana di origini pachistane dotata di superpoteri, è stato lanciato tre mesi dopo l’uscita di Qahera. Per questo anche il mio fumetto ha ricevuto molte attenzioni; qualcuno ha gridato al fenomeno dei supereroi musulmani, alcuni ci menzionavano insieme, solo che io facevo satira dalla mia stanzetta e l’altra era una superproduzione Marvel. Comunque è chiaro che quando ho iniziato la serie, parte dell’elemento satirico stava proprio nel fatto che potesse esistere un supereroe egiziano.
I desideri sono al centro di questo lavoro, ma in un senso materialista; alcuni aspetti della critica sociale di Qahera si trovano anche in Shubbek Lubbek…
L’Egitto è un paese neoliberista e molto classista. Ma l’aspetto che mi ha sempre colpito di più del mio paese è la disuguaglianza, che certo è esacerbata dal capitalismo. Ci sono persone che vivono non semplicemente nel benessere ma in condizione di straordinaria ricchezza e una classe media che sta scomparendo. Abbiamo i grandi centri commerciali e un dispiegamento di beni di lusso, ma a che costo? E, scusami, non vorrei dilungarmi sulla disastrosa situazione sociale egiziana, ma è questa la prospettiva dalla quale ho preso in considerazione i desideri.
Il tuo libro parla anche della ricerca della felicità…
Esatto; una delle domande che ho rivolto alla gente per documentarmi era «Cosa desidereresti?» e in molti rispondevano con la parola soddisfazione, appagamento. La gente la felicità non la sogna, neanche, piuttosto ambisce ad essere felice con ciò che ha, un senso di accettazione, qualcosa che implica essere felici con meno. Per questo lavorare su un personaggio che ha già molto, ma cerca la felicità era una buona sfida per me. Un cliché, certo: Nur è depresso perché ha tutto. Anche il personaggio di Aziza si regge sul luogo comune della donna che lavora, lavora, lavora. E questo ha creato inizialmente incomprensioni agli editori americani, non capivano cosa volesse perché Aziza non combatte, ma semplicemente resiste, porta un fardello.
C’è un elemento fantastico nel racconto; come interagisce con un contesto così realistico?
Nella versione italiana il dragone è proprio in copertina! Questo evidenzia l’aspetto fantastico, ma in generale Shubbek Lubbek si vende come un libro sui desideri; quando i ragazzini mi chiedono se possono leggerlo, capisco che è un po’ deludente per loro, perché in realtà non c’è magia, ci sono desideri ma si traducono in piccole cose. È un libro tendenzialmente per adulti, su quello che le persone vogliono e su ciò che impedisce loro di ottenerlo: in qualche caso si tratta di limitazioni umane che vanno oltre il nostro controllo, in altri del contesto sociale, delle regole imposte.
Il libro è stato concepito in tre parti; nella versione integrale, queste sono divise da pagine informative sulla storia della regolamentazione dei desideri. Hai scritto queste parti esplicative dopo la storia?
Assolutamente no! Ho scritto tutto in due ore, subito dopo aver avuto l’idea. Dovevo sapere come avrebbe funzionato tutto, per non perdermi. E ho scritto le tre parti; la prima sul dolore con il lutto di Aziza, la seconda sulla felicità, con lo studente facoltoso, e la terza sulla salute con Shukri. Per questo il racconto inizia con il personaggio di Hagga che tossisce, perché è malata; sapevo già che in qualche modo Shruki avrebbe dovuto dare a lei il terzo desiderio alla fine. Ho iniziato a autopubblicarlo e poi ho capito che potevo andare avanti.
«Shubbek Lubbek» esce in molte lingue…
È stato tradotto in polacco, in farsi per essere pubblicato in Iran. Speriamo che si traduca in spagnolo, ho molti lettori in Sudamerica. In Italia secondo me sta andando molto bene perché le persone si sentono frustrate ad avere un governo fascista, così come negli Stati Uniti è stato letto come il terrore esistenziale di vivere in un mondo fuori controllo.
***
Deena Mohamed è nata al Cairo nel 1995. Ha iniziato a fare fumetti a diciotto anni creando il webcomic «Qahera», diventato rapidamente virale, nel quale attraverso le avventure di una supereroina musulmana e femminista in hijab ha affrontato temi come la misoginia e l’islamofobia. Poco più che ventenne, l’autrice è stata inserita da «The Washington Post» tra le «cinque donne che stanno cambiando il loro mondo» in occasione della Giornata internazionale della donna. «Shubbek Lubbek», il suo primo graphic novel, è diventato un caso editoriale. È stato pubblicato in Italia da Coconino Press con il titolo «Shubbek Lubbek»ogni tuo desiderio
***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****
Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link