Attribuire mansioni meramente manuali appartenenti ad una categoria socio-sanitaria costituisce demansionamento per il professionista infermiere inquadrato come professione intellettuale ai sensi dell’art. 2229 c.c.
La quaestio iuris
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La questione affrontata dalla Suprema Corte di Cassazione riguarda l’utilizzo sistematico e reiterato nel tempo del personale infermieristico per il lavaggio dei ferri chirurgici in sala operatoria.
Questione portata al vaglio del Tribunale di Ascoli Piceno prima e della Corte di Appello poi a partire dal 2017, rigettata nei due gradi di giudizio liquidando la faccenda come attività strumentali e marginali rispetto a quelle tipiche della professione infermieristica e, pertanto, non si ravvedeva nessun demansionamento nello svolgere il lavaggio dei ferri chirurgici.
Le Corti territoriali argomentavano la non sussistenza dell’illecito con il fatto che il lavaggio e la seguente disinfezione degli strumenti era avvenuta in momenti del tutto limitati del turno lavorativo, ossia, solo nel turno pomeridiano, in occasione dell’assenza del personale dedicato che corrispondeva al personale ausiliario (OTA e OSS). A fronte quindi della limitata e marginale attività meramente strumentale dello svolgimento di mansioni inferiori rispetto a tutte le altre che caratterizzano il profilo professionale dell’infermiere, si escludevano pertanto sia il danno all’immagine che quello relativo alla professionalità della categoria, liquidando il tutto con un mero fatto occasionale.
Non solo, la Corte di Appello di Ascoli Piceno, aderendo alle deduzioni della ASL convenuta, confermava che, dalla risultanze della prova testimoniale, l’attività di pulizia e disinfezione degli strumenti chirurgici non era del tutto estranea alla figura professionale dell’infermiere in quanto, il controllo e la sterilizzazione ricadono nell’ambito delle mansioni proprie della categoria, come anche sancito dal DM 739/94 che indica tra le altre “…la collaborazione con gli altri operatori sanitari e sociali” e che pertanto, tale collaborazione si inserisce e pone gli infermieri a diretto contatto con i chirurghi che utilizzano gli strumenti, i quali, vanno puliti e sterilizzati prima dell’utilizzo, assumendo in questa ipotesi specifica quindi, il carattere della strumentalità dell’attività di collaborazione ai fini dell’attività chirurgica.
Concludeva la Corte territoriale che, nel caso di specie, lo svolgimento dell’attività di lavaggio e asciugatura degli strumenti, propedeutica alla loro sterilizzazione era quindi una attività saltuaria, marginale e strumentale.
L’infermiera ricorreva quindi in Cassazione deducendo 4 motivi di ricorso e con controricorso, ritualmente depositato, resisteva la ASL ASUR Marche.
Le argomentazioni proposte alla Cassazione
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Con il primo motivo, si deduceva il travisamento della prova sotto il profilo logico-formale e giuridico in quanto, in primo grado, nessuno dei testi aveva evidenziato ed accennato alla disinfezione dei ferri chirurgici, si precisava che i ferri chirurgici venivano lavati con sapone disinfettante in una lavaferri (una comune lavastoviglie) ma non disinfettati dopo la pulizia, infatti, la macchina, emana solo calore e vapore ma non è una sterilizzatrice e non può quindi esserci un controllo costante sulla procedura di disinfezione, attività che può quindi essere svolta da operatori ausiliari (come avveniva nel turno di mattina) essendo una attività del tutto manuale, ma mentre la mattina questa attività veniva svolta dal personale ausiliario, di pomeriggio o la notte in regime di porta disponibilità questa attività magicamente diveniva appannaggio dell’infermiere. Inoltre, si puntualizzava che, come da risultanze dei testi, il lasso di tempo dedicato al lavaggio dei ferri tutti i pomeriggi e tutte le notti non poteva essere ricondotta ad una attività marginale poiché occupava in realtà i 3/4 delle ore di lavoro mensili ed inoltre, non vi era una procedura aziendale sul punto.
Con il secondo motivo, si deduceva la violazione e la falsa applicazione di norme di diritto, in riferimento all’accordo Conferenza Stato-Regioni del 22 settembre 2001 e del CCNL Comparto Sanità 1998-01, norme che escludono che la pulizia dei ferri chirurgici ricada nelle mansioni anche strumentali dell’infermiere, essendo invece rimessa proprio all’OSS come mansione specifica. ed inoltre, che non può sussistere una contemporanea attività addebitata per legge e per contratto ad una qualifica e contemporaneamente divenire attività strumentale per un’altra diversa qualifica, si instaurerebbe un contrasto non facilmente arginabile su chi e cosa debba fare l’uno o l’altra categoria.
Vieppiù che, la figura dell’OSS creata appunto con la conferenza suddetta, la quale precisa all’allegato A che tra le competenze della figura, vi sia proprio la manutenzione e la disinfezione di utensili ed apparecchiature rientranti appunto nella declaratoria professionale della categoria Bs di cui all’art. 56 del CCNL 2001, e che secondo regola della multiprofessionalità, svolge appunto attività di assistenza diretta e di supporto alla gestione dell’ambiente di vita, intervento igienico sanitario e sociale.
Con il terzo motivo, si contestano le argomentazioni della Corte territoriale sul punto nel quale riteneva che il DPR 509/79 consenta che quando alcune attività sono marginali, queste possono ricadere sui profili immediatamente superiori rispetto a quelli all’uopo dedicati.
Va però chiarito che l’OSS è collocato nella declaratoria contrattuale nel profilo Bs mentre l’infermiere è collocato nella medesima declaratoria contrattuale nel profilo di appartenenza D e, pertanto, non si tratta di un profilo immediatamente inferiore ma di gran lunga al di sotto. Inoltre, lo stesso DPR all’art. 14, prevede che si possono svolgere mansioni immediatamente inferiori, solo qualora l’organizzazione del lavoro non ne consenta l’attribuzione ad altri lavoratori e quindi solo se in organico non è prevista la figura del personale di supporto, cosa che l’azienda non aveva potuto dimostrare. Per altro, lo svolgimento delle mansioni inferiori non poteva ricondursi ad un periodo limitato nel tempo, ma all’opposto, si era protratto per oltre i 90 gg. previsti dall’art. 14 del DPR 509/79 come anche confermato dalle prove testimoniali, poiché la ricorrente aveva svolto tali mansioni da almeno l’anno 2011.
Con il quarto motivo, si deduceva violazione e falsa applicazione di norme di diritto dei contratti collettivi per aver erroneamente applicato la disciplina dello “ius varianti” ex art. 2103 c.c. alla ricorrente sebbene la stessa fosse una dipendente pubblica e non privata.
Sul punto, la corte non aveva considerato che la disciplina in oggetto ha una diversa applicazione nel rapporto di lavoro pubblico rispetto a quella del lavoro privato, infatti, nel lavoro pubblico, la ricognizione sulle mansioni equivalenti deve avvenire nell’ambito dell’area di inquadramento, mentre viceversa nel rapporto di lavoro privato questa equivalenza può benissimo essere svolta all’interno della categoria legale e del livello contrattuale.
Le conclusioni della Suprema Corte
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La Corte di legittimità, riuniti i motivi e trattati congiuntamente per ragioni di logica connessione, li accoglie tutti ridendoli fondati: conferma che secondo la giurisprudenza consolidata, l’attività prevalente ed assorbente svolta dal lavoratore deve rientrare tra quelle previste dalla categoria di appartenenza e solo per motivate ragioni aziendali contingenti e non diversamente risolvibili, il lavoratore può essere assegnato a compiti inferiori ma marginali rispetto a quelli propri del livello di inquadramento (Cass. n. 8910/2019).
Queste esigenze aziendali, non solo devono essere ben motivate ma devono rivestire il carattere della temporaneità, sicché, un utilizzo costante secondo addirittura una programmazione da turno di mansioni inferiori e di fatto poi, finalizzate alla copertura di posizioni lavorative non presenti nell’organico aziendale, non è rispettoso dei principi di inerenti la tutela della professionalità di cui all’art. 2103 c.c..
Nel pubblico impiego contrattualizzato è stato ritenuta legittima l’addizione a mansioni inferiori “per esigenze di servizio” purché sia comunque assicurato in modo prevalente ed assorbente l’espletamento di quelle concernenti la qualifica di apparenza (Cass. n. 4301/2013) ed il tutto deve risultare da atti intendi della PA adeguatamente motivati, in quanto, la PA deve comunque attenersi ai principi di imparzialità e di buon andamento di cui all’art. 97 Cost. (Caso SS.UU. n. 21671/2013).
Nel caso di specie, non risulta conforme ai principi sopra enunciati la sentenza della Corte territoriale che ha ritenuto legittima l’adibizione dell’infermiera a mansioni relative al lavaggio dei ferri senza aver preteso la necessaria condizione di legittimità per l’attribuzione di mansioni inferiori costituita dall’esigenza aziendale risultante da atti motivati della stessa PA e necessitati quindi dall’impossibilità di agire diversamente, solo perché non era stato previsto nell’organizzazione e nei turni il personale OSS anche durante il turno di pomeriggio, quando era presente invece nel turno di mattina.
Per tali ragioni quindi la Suprema Corte accoglie il ricorso inviando alla Corte di Appello in diversa composizione per la quantificazione delle spese di giudizio e di lesione della professionalità.
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