Tiene ancora banco l’inchiesta ‘Perfido’ sulle infiltrazioni della ‘Ndrangheta in territorio trentino.
Un’inchiesta scomoda che ha coinvolto anche personaggi di altissimo profilo istituzionale, tra cui sindaci, ex parlamentari, carabinieri, generali dell’esercito.
È una terra ‘calda’ quella del trentino, un ‘principato’ i cui padroni si mascherano dietro le carte bollate della Repubblica Italiana.
Lo scorso 20 dicembre la deputata del Movimento 5 Stelle Stefania Ascari ha presentato un’interrogazione parlamentare nella quale ha richiamato l’operato della procura di Trento: i pm hanno richiesto “il rinvio a giudizio per numerosi ‘colletti bianchi’ e membri delle istituzioni accusati di supportare l’attività della locale ‘ndranghetista trentina, confermata come operativa da più sentenze della Cassazione”.
Tuttavia i procedimenti giudiziari relativi a questi personaggi sembrano soffrire di una qualche forma di limitazione, come se ci fossero delle linee invalicabili che tagliassero automaticamente fuori determinate questioni.
Circoscrivere “Perfido” ai soli calabresi oggi imputati e condannati sarebbe l’ennesima applicazione di una prassi giudizialmente fallimentare.
Ascari richiama il nome di Giulio Carini (indagato e poi archiviato), definito “figura cerniera” dai magistrati: si legge nella richiesta di rinvio a giudizio che alcuni degli imputati avrebbero avvicinato, tramite lui, “dei rappresentanti delle più elevate cariche istituzionali locali al fine di condizionarne l’azione ed ottenere mirati vantaggi; con l’aggravante che si tratta di associazione armata avendo gli imputati la disponibilità attuale e anche potenziale di armi da sparo comuni e da guerra, depositate in luoghi occulti”. Una possibilità assai probabile dal momento che il Trentino è terra di confine e con l’attuale conflitto in atto in Ucraina i carichi di armi che ‘passeggiano’ per l’Europa sono divenuti assai frequenti.
Carini – che non è nella lista per i quali è stato richiesto il rinvio a giudizio e che non ha nessun procedimento o indagine aperta – secondo la magistratura è un “imprenditore calabrese affermato in Trentino” che, nell’ipotesi, “si interfacciava alla pari con Macheda Innocenzio, esercitava un ruolo di raccordo e collegamento con la Calabria e con le istituzioni politiche, economiche, amministrative nonché con la magistratura, mantenendo quotidianamente rapporti interpersonali al fine di raggiungere gli scopi associativi e personali”.
Ma allora perché l’archiviazione?
La posizione di Carini, si legge, è stata “separatamente definita”: cioè si è conclusa appunto con l’archiviazione per motivi giuridico-sanitari.
Ma, scrive Ascari, è “avvenuta senza un accertamento medico-legale indipendente. Tale decisione a giudizio degli interroganti appare in contrasto con la prassi consolidata, che prevede verifiche peritali dirette nei casi in cui le condizioni di salute mentale possano incidere sulla capacità di autodeterminazione o sulla valutazione di responsabilità penale. A questo proposito, la sentenza n. 3659 del 2018 della Corte di Cassazione sottolinea che l’amministrazione di sostegno non implica automaticamente un’incapacità di intendere e di volere, ma è finalizzata a garantire una tutela proporzionata alle esigenze del soggetto, preservandone, ove possibile, l’autonomia decisionale. Questa mancanza di accertamenti pone interrogativi sulla coerenza delle procedure applicate e sul loro impatto sulla regolarità del procedimento, configurando una possibile grave violazione di legge determinata da ignoranza o negligenza inescusabile ai sensi del decreto legislativo n. 109 del 2006”.
Oltre all’archiviazione, peraltro, “alcuni nomi legati ad eventi rilevanti, come quelli di Franco Bertuzzi e del maresciallo dei carabinieri Luca Mattevi nella vicenda del pestaggio di Hu XuPai, sembrano essere stati esclusi da ogni approfondimento relativo alla loro posizione, nonostante pesanti elementi indiziari a loro carico”.
Cosa farà il ministro della giustizia in merito?
Forse nulla dal momento che per lui i mafiosi non parlano al telefono e i reati commessi dai funzionari pubblici valgono come il due di picche.
Fonte: Camera.it
Foto © Imagoeconomica
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