“ALMALANA” * AGRICOLTURA SOSTENIBILE: «CONCIMI BIO DA TERRA ESAUSTA FUNGAIE, LANA DI PECORA E PIUME D’OCA SCARTATE DA PRODUTTORI PIUMINI»

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13.47 – venerdì 3 gennaio 2025

(Il testo seguente è tratto integralmente dalla nota stampa inviata all’Agenzia Opinione) –
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Il CEO De Laurentis: «Siamo partiti nel 2019 e nel 2024 abbiamo ottenuto il brevetto».

 

Concimare la terra con la lana, in modo del tutto naturale e rispettoso delle coltivazioni e della natura. È ciò che fa Alma-
lana, un’azienda di Montereale Valcellina, in provincia di Pordenone, da cinque anni è impegnata nella produzione di concimi di ultima generazione. A parlare di questa particolare realtà è il suo amministratore delegato, Roberto De Laurentis, tra i fondatori dell’azienda: «Abbiamo iniziato la nostra attività nel 2019, realizzando uno stabilimento che ci ha permesso di entrare in produzione. Nel 2021, poi – racconta De Laurentis – abbiamo chiesto di brevettare il nostro ciclo di produzione del concime, ottenendo effettivamente, nel gennaio del 2024, il brevetto, depositato presso il Ministero dello Sviluppo economico».

Questa importante certificazione garantisce dunque che l’azienda si impegna nella produzione di fertilizzanti azotati stabilizzati, inodori, di origine organica e naturale. Non a caso, il motto dell’azienda è “Oggi, il concime di domani”, indicando una profonda consapevolezza del fatto che il modo in cui trattiamo l’ambiente oggi, a cominciare dai nostri terreni, determinerà la nostra salute di domani, dal cibo che mangiamo all’aria che respiriamo.

 

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I TRE “INGREDIENTI”
Il concime brevettato da Almalana è completamente bio ed è formato da tre prodotti. Il primo, spiega l’amministratore delegato De Laurentis, è la terra esausta smaltita dalle fungaie, ovvero le aziende che producono funghi. In particolare, a fornire questo “ingrediente” ad Almalana è il Consorzio Funghi Treviso. «Quando i funghi hanno “mangiato” tutte le capacità della terra in cui sono cresciuti – illustra De Laurentis – quella terra deve essere smaltita. Noi la prendiamo e la rendiamo una materia prima per i nostri concimi».

A quel punto, Almalana prende altri due elementi per il suo concime, sempre pro- venienti da scarti. Si tratta della lana delle pecore così come viene tagliata, da cui il nome dell’azienda, e delle piume d’oca che vengono scartate dai produttori di piumini: «Sono piume troppo grandi, le cosiddette “pennone”, o quelle troppo piccole, che diventano polvere. In ogni caso, non possono anda- re a formare l’imbottitura dei piumini e verrebbero buttate: invece, le prendiamo noi, per usarle come materia prima, in un’ottica di piena circolarità».

 

ZERO SCARTI
In effetti, i concimi di Almalana si inseriscono perfettamente nel conte- sto dell’economia circolare, un modello di produzione e consumo che implica condivisione, prestito, riutilizzo, riparazione, ri-condizionamento e riciclo dei materiali e prodotti esistenti il più a lungo possibile, come spiega il Par- lamento europeo.

L’obiettivo di questa impostazione è allungare il ciclo di vi- ta dei prodotti, riducendo al minimo i rifiuti: riutilizzare scarti di altre produzioni e utilizzarli come nuove materie prime, come fa l’azienda di Roberto De Laurentis, contribuiscono, dunque, perfettamente al raggiungimento di questo scopo.

 

 

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LE CARATTERISTICHE:

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La terra esausta proveniente dalle fungaie, la lana e piume d’oca scartate, una volta lavorate, formano un concime che costituisce «un unicum», dice l’amministratore delegato di Almalana, Roberto De Laurentis. Una volta messo sulla terra, infatti, assume caratteristiche ben precise, anche dal punto di vista sensoriale: «È totalmente inodore, si avverte solo un leggero sentore di funghi», assicura De Laurentis.

Inoltre, grazie alla lana e alle piume, ha la capacità di rilasciare la sua forza non immediatamente ma in quattro o cinque mesi. Questo vuol dire, continua l’amministratore delegato, che il terreno viene concimato continuamente nell’arco di un periodo molto lungo, con una sorta di “rilascio graduale”.

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I VANTAGGI
Con questo concime, inoltre, viene meno la necessità di fermare la coltura per seminare qualcosa che rigeneri il terreno, come ad esempio il mais, che con le sue radici “bonifica” la terra. «Con il nostro concime, questo non serve, perché il campo viene nutrito dagli acidi e con le sostanze che utilizziamo», dice De Laurentis.

Si tratta di acidi umici e fulvici, con il compito di trattenere nel terreno l’acqua, a cui si aggiungono elementi come azoto e fo- sforo e potassio, che rendono il concime un prodotto con alti valori NPK. Ma non è tutto: «Questo concime – aggiunge il Ceo – può essere adattato a tutte le colture oppure integrato con i minerali: per esempio, se il terreno è povero di ferro, vi si aggiunge il ferro, ma anche lo zinco, il boro eccetera. Insomma, può essere addizionato con altri minerali a seconda delle esigenze specifiche del terremo e della coltura».

Anche per questa ragione, Almalana è in grado di operare, con il suo stabilimento da oltre 20.000 mq, in tutta Italia ed è stato estremamente apprezza- to alla fiera Macfrut, svoltasi a Rimini pochi mesi fa.

 

 

 

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Ossigeno e movimento per favorire i batteri

IL METODO

I tre elementi utilizzati da Almalana per i suoi concimi vengono mescolati tutti insieme, con lana e piume che vengono micronizzate: «Vuol dire che vengono tagliate in pezzettini piccolissimi – spiega l’amministratore delegato e fondatore, Roberto De Laurentis – e da lì si forma poi un composto».

Questi, prosegue De Laurentis, vengono mescolati con il terreno per circa due mesi all’interno di un bio-digestore, vale a dire una vasca lunga 160 metri e larga 20 metri: qui i tre prodotti vengono mossi da eliche continuamente in presenza di ossigeno finché il tutto diventa di nuovo un terriccio compatto con al proprio interno lana e piume, anche se alla vista si presenta solo come una terra scura. «A questo punto si è di fatto formato un nuovo humus, che viene organizzato sotto forma di pellet», spiega ancora il Ceo.

Il fatto di essere addensati in pellet fa sì che gli elementi del concime mantengano viva la loro carica batterica: dopodiché, quando il pellet viene disperso nel terreno, si scioglie liberando i batteri. «È come se i batteri venissero “addormentati” nel pellet, per essere “risvegliati” una volta che vengono colpiti dall’acqua», spiega De Laurentis.

 

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Per informazioni: LINK www.almalana.it



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