L’ultimo atto della guerra dichiarata dalla Regione Sardegna alle rinnovabili sposta il focus del dibattito dal nodo energetico a una questione democratica. L’Ufficio per il referendum istituito in seno alla presidenza della Regione, infatti, ha bocciato il referendum consultivo per il quale a settembre 2024 erano state depositate oltre 19mila firme. È l’ennesima mossa della giunta Todde. Solo un mese fa la Sardegna è diventata la prima regione in Italia a recepire il decreto del ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica sulla transizione energetica, approvando una legge sulle aree idonee per la realizzazione di impianti da energia rinnovabile, in base alla quale il 98% del territorio non risulta idoneo. Il movimento referendario è stato capeggiato dall’avvocato del foro di Nuoro, Michele Pala, che ha già annunciato la possibilità di fare ricorso al Tar contro la bocciatura, oltre ad altre azioni sul piano politico. A sostegno della consultazione si erano espressi anche i leader nazionali di Democrazia Sovrana e Popolare, Marco Rizzo e Francesco Toscano. “La Sardegna della paladina 5Stelle, la governatrice Alessandra Todde, ma anche ex vice ministra di Draghi, boccia il diritto costituzionale del popolo sardo di potersi esprimere sull’uso massiccio dei mega impianti eolici” hanno detto, commentando la pronuncia di inammissibilità.
Il referendum bocciato dai magistrati nominati dalla Giunta Todde – Rizzo e Toscano criticano la decisione dell’Ufficio regionale per il referendum composto da quattro magistrati, tutti “nominati dalla stessa presidente della Regione” sottolineano. E aggiungono: “Ora la parola spetta comunque alla lotta del Popolo Sardo, a cui Democrazia Sovrana Popolare darà il massimo appoggio”. Il testo del quesito sottoscritto da 19.221 firme depositate l’11 settembre scorso nella cancelleria della Corte d’appello di Cagliari e in Regione recitava: “Volete voi che il paesaggio sardo terrestre e marino sia modificato con l’installazione sul terreno ed in mare di impianti industriali eolici e/o fotovoltaici per la produzione di energia elettrica?”. La deliberazione, che risale al 19 dicembre scorso, stabilisce che “la richiesta deve essere considerata illegittima, in quanto la materia su cui verte non può costituire oggetto di referendum consultivo”. Pur non essendo tale tipo di referendum vincolante “e non concorrendo a formare la volontà degli organi che lo indicono” per i magistrati “esula del tutto dal campo degli atti che potrebbero essere compiuti in futuro dalla Regione”.
I promotori: “È un problema di democrazia” – Ma l’avvocato Pala non ci sta. E all’Ansa ha spiegato: “Non si tratta più di un problema di pale eoliche o di pannelli fotovoltaici. Qui c’è un problema di democrazia e di libertà. Il referendum consultivo, così come avvenuto con quello sul nucleare, avrebbe dato a tutti i sardi la possibilità di esprimersi. Per questo abbiamo scelto questa strada che, a differenza della legge di iniziativa popolare (la Pratobello 2024, ndr), ha più forza, pur se un atto consultivo e non vincolante”. Il promotore dell’iniziativa denuncia anche “l’atteggiamento attendista” della giunta e della presidente Todde. “Abbiamo iniziato la raccolta di firme a giugno, ne servivano almeno 10mila, le abbiamo depositate a settembre, ma l’Ufficio regionale è stato nominato dalla presidente, che avrebbe dovuto farlo entro 3 mesi dalla sua elezione, solo a ottobre. Poi è stato fatto passare altro tempo e solo il 19 dicembre è arrivata la decisione”.
Prima regione a indicare le aree idonee – Due settimane dopo la legge sulle aree idonee, la base su cui la maggioranza guidata da Alessandra Todde vuole partire per la strategia energetica della Sardegna e che ha fatto decadere la legge 5, la cosiddetta moratoria di 18 mesi sulla realizzazione di impianti. Il testo ha subito qualche modifica nel corso dell’esame di commissioni e Aula del Consiglio regionale, inglobando alcuni spunti della minoranza decisi dopo lunghe trattative e compromessi. In primis il riferimento allo Statuto autonomo e, in particolare, alla competenza primaria in materia di urbanistica, che mancava nel testo originario. Un testo che, comunque, stabilisce che il 98% della Sardegna non è idoneo a ospitare impianti: si potranno realizzare in poche aree, già compromesse, tra cui quelle industriali dismesse, le aree di risulta.
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