La mediazione delegata e natura del termine assegnato dal giudice

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A cura della Redazione.

Con l’ordinanza n. 32454/2024 la Corte di Cassazione torna ad occuparsi della natura del termine che il giudice assegna alle parti in causa per iniziare la mediazione a pena di improcedibilità della domanda.

Il caso: Nell’ambito di un procedimento per convalida di sfratto per morosità, il tribunale adito con ordinanza del 20.4.2017 negava la convalida dello sfratto, ordinava la conversione del rito e fissava alle parti termine di 15 giorni per avviare la procedura di mediazione di cui al d. lgs. 28/10 .

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Successivamente, dichiarava improcedibili ambo le contrapposte domande, sul presupposto che nessuna delle parti aveva avviato la procedura di mediazione.

La sentenza fu appellata dal convenuto in via principale, e dai ricorrenti in via incidentale: la Corte d’appello di Napoli rigettava il gravame principale proposto ed accoglieva quello incidentale con la seguente motivazione:

1) il termine fissato dal Tribunale al convenuto per dare avvio alla procedura di mediazione in merito alle proprie domande riconvenzionali era perentorio;

2) il convenuto non lo rispettava e di conseguenza correttamente il Tribunale riteneva le domande riconvenzionali improponibili, a nulla rilevando che la mediazione era stata comunque tentata, e portata (infruttuosamente) a termine prima dell’udienza cui il Tribunale, nel fissare il termine suddetto, aveva rinviato la causa.

Il convenuto ricorre in Cassazione, censurando la sentenza d’appello nella parte in cui ha confermato il giudizio di primo grado di improcedibilità delle domande (qualificate dal giudice di merito) “riconvenzionali”, proposte dal convenuto, sulla base dei seguenti rilievi:

– il termine previsto dall’art. 5, comma 1, quarto periodo, del d. lgs. 4.3.2010 n. 28 (nel testo applicabile ratione temporis, e cioè anteriore alle modifiche introdotte dal d. lgs. 149/22), non è un termine perentorio, e in ogni caso la circostanza che la mediazione sia comunque iniziata, e si sia infruttuosamente conclusa prima della dell’udienza cui il giudice ha rinviato la causa, era circostanza di per sé sufficiente a soddisfare la ratio legis e rendere procedibile la domanda.

Per la Cassazione la doglianza è fondata: l’affermazione del Tribunale e della Corte d’appello, secondo cui sarebbe improcedibile la domanda riconvenzionale non preceduta da mediazione iniziata entro il termine di 15 gg. di cui all’art. 5, comma 1, quarto periodo, d. lgs. 28/10 è erronea in diritto:

a) in primo luogo è erronea l’affermazione secondo cui la domanda riconvenzionale deve essere preceduta da mediazione, in virtù di quanto stabilito da Sez. U, Sentenza n. 3452 del 07/02/2024, pronunciata ex art. 363 bis c.p.c., secondo cui “la mediazione obbligatoria ex art. 5 del d.lgs. n. 28 del 2010, quale condizione di procedibilità finalizzata al raggiungimento di una soluzione conciliativa che scongiuri l’introduzione della causa, è applicabile al solo atto introduttivo del giudizio e non anche alle domande riconvenzionali;

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b) l’art. 5 cit. nel testo applicabile ratione temporis: “il giudice (…) fissa la successiva udienza dopo la scadenza del termine di [tre mesi] quando la mediazione non è stata esperita, assegnando contestualmente alle parti il termine di quindici giorni per la presentazione della domanda di mediazione”: lo scopo della norma è favorire gli accordi conciliativi, evitando nello stesso tempo che il mancato esperimento della mediazione porti tout court ad una sentenza di improcedibilità: se quindi le parti cercano una mediazione senza riuscirvi, e la mediazione si concluda con un nulla di fatto prima che il processo riprenda il suo corso, lo scopo della norma è raggiunto ed il processo è procedibile; quel che conta ai fini della ratio legis è il momento in cui la mediazione termina, non il momento in cui la mediazione inizia;

c) nel caso in esame, il Tribunale ad aprile del 2017 fissava alle parti 15 giorni per tentare la mediazione, e rinviava la causa ad ottobre dello stesso anno; la mediazione fu tentata dal convenuto il 23 maggio, e non andava a buon fine per espressa indisponibilità dichiarata dal legale delle controparti; la mediazione si concludeva a luglio del 2017, cioè tre mesi prima della successiva udienza, dunque nessun frutto le parti, il giudicante o l’amministrazione della giustizia avrebbero potuto trarre dalla tempestiva introduzione della procedura di mediazione, posto che essa comunque non è andata a buon fine.

Da quanto premesso, discende il seguente principio di diritto: “la circostanza che la mediazione imposta dalla legge a pena di improcedibilità della domanda sia iniziata oltre il termine di 15 giorni fissato dal giudice ai sensi dell’art. 5, comma 1, quarto periodo, d. lgs 28/10 (nel testo anteriore alle modifiche apportate dal d. lgs. 149/22), non rende improcedibile la domanda, se la mediazione si sia comunque infruttuosamente conclusa prima dell’udienza fissata per la prosecuzione del giudizio”.

Allegato:

Cassazione civile ordinanza 32454 2024



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