LAMEZIA TERME Calabria, Basilicata, Sicilia e Campania sono le regioni europee ad alto rischio povertà. Le tabelle dello studio annuale di Eurostat lasciano poco spazio all’interpretazione, lo stato di “salute” dell’economia al Sud è deficitario. Come si legge nel rapporto, la percentuale di persone a rischio povertà nel 2023 in Calabria rappresentano il 40,6%. Come scrive Angelo Vaccariello su Il Riformista «ad aiutare il Sud ci hanno pensato il Superbonus e il Pnrr». Il piano Nazionale di ripresa e resilienza nel triennio 2024-2026 per il Sud vale 1,8 punti percentuali di Pil meridionale. «In media,
circa tre quarti della crescita del Pil del Mezzogiorno nel triennio è legata alla capacità di attuazione degli investimenti del Piano, a fronte di circa il 50 per cento nel resto del paese».
I numeri, dunque, certificano il deficit del Mezzogiorno. Che tuttavia, dalla Zes Unica alla proroga della Decontribuzione Sud, si candida a svolgere un ruolo da protagonista.
La settima rata
Ma torniamo al Pnrr. Il Governo ha trasmesso alla Commissione europea la richiesta di pagamento della settima rata del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza da 18,3 miliardi di euro. Tra i 67 obiettivi della settima rata, gli investimenti per nuove infrastrutture di trasmissione dell’energia elettrica, il potenziamento della flotta di autobus e di treni a emissioni zero per il trasporto regionale, la riqualificazione di molte stazioni ferroviarie, le misure per la cybersicurezza, l’attivazione di 480 Centrali Operative Territoriali per rafforzare le prestazioni in materia di salute pubblica, gli investimenti per una migliore gestione delle risorse idriche. Agli investimenti si aggiungono diverse riforme strategiche, come la legge sulla concorrenza, il completamento delle misure per velocizzare i pagamenti della Pubblica Amministrazione, la revisione del servizio civile universale e un provvedimento sulle rinnovabili.
«L’Italia è la prima Nazione europea a presentare formale richiesta per il pagamento della settima rata del Pnrr. Un primato che ci consentirà presto di superare quota 140 miliardi di euro, oltre il 72% della dotazione complessiva del Piano», ha commentato la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, che ha definito il 2025 «un anno fondamentale per la fase 2 del Pnrr, cioè la messa a terra degli investimenti».
Il 2025, un anno chiave
La questione meridionale torna d’attualità e quando si parla di sviluppo e di numeri bisogna evidentemente porre una differenza «tra una tabella Excel e la realtà», come dice il vicedirettore vicario ed editorialista del Sole 24 Ore Alberto Orioli. Tuttavia, il 2025 pare davvero essere l’anno più importante per l’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza in Italia, con una previsione di 56 miliardi di euro stanziati, pari al 28,8% del totale delle risorse destinate al nostro Paese. Se a questa cifra si aggiungono i 48,6 miliardi previsti per il 2026, il biennio finale concentra oltre 105 miliardi, rappresentando il 53,8% dell’intero Pnrr. Questi i numeri contenuti in un report del Centro studi di Unimpresa secondo il quale il biennio 2025-2026 sarà «determinante non solo per garantire l’attuazione dei progetti previsti ma anche per rispettare gli obiettivi fissati dall’Unione europea». I prossimi due anni, dunque, rappresentano un banco di prova per la capacità amministrativa del Paese ma anche un’opportunità per consolidare la ripresa economica del Sud Italia. «La concentrazione di investimenti prevista negli ultimi due anni del Piano richiede una governance stabile e una stretta collaborazione tra il governo centrale e le amministrazioni territoriali – si legge ancora nel rapporto – in particolare regioni e comuni, che sono chiamati a svolgere un ruolo fondamentale nei settori in cui è prevista la codecisione», commenta la presidente di Unimpresa, Giovanna Ferrara. Insomma, con il Pnrr il presente pare decisamente meno nebuloso, sul futuro però ancora nessuna certezza. (f.b.)
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