Calabria, Sicilia e Campania sono tra le Regioni più vulnerabili in Europa

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Calabria, Sicilia e Campania sono le regioni nell’Europa continentale a più alto rischio di povertà. E’ quanto emerge dallo studio annuale di Eurostat dedicato alla “salute” economia dei delle articolazioni territoriali membri dell’Unione Europea.

Secondo Eurostat, nel 2023 Calabria (40,6 per cento), Sicilia (38 per cento) e Campania (36,1 per cento) sono tra le regioni in Europa in cui la percentuale delle persone a rischio povertà è tra le più elevate, a fare peggio solo la Guyana francese che supera il 50 per cento della popolazione. Secondo l’ufficio statistico della Ue, lo scorso anno nel complesso il 16,2 per cento della popolazione della Ue, ovvero circa 71,7 milioni di persone, vive in questa condizione.

Analizzando in maniera più accurata i dati, poi, emerge che tutto il Mezzogiorno vive una situazione di alto rischio. Basti pensare che in Sardegna il rischio è al 29 per cento; Abruzzo al 24,9 per cento; Basilicata e Puglia intorno al 24,5 per cento e Molise al 20,6 per cento. Non vanno meglio le cose nel Lazio, dove questo rischio è stimato al 21,7 per cento. Nel Nord del paese, secondo l’indagine dell’Istituto di statistica continentale, le cose vanno decisamente meglio. In quest’area gran parte delle regioni è al di sotto della media europea: il 12,5 per cento la Liguria; Piemonte l’11,9 per cento; Friuli 11,7 per cento; Veneto 11,2 per cento; Marche 11,1 per cento; Valle d’Aosta 10,8 per cento Umbria e Lombardia 10,6 per cento, Toscana 10,2 per cento e Emilia Romagna 5,8 per cento.

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Il tasso

Il tasso di rischio di povertà viene calcolato sulle soglie di povertà nazionali, elaborando una mappa a livello regionale utilizzando la nomenclatura delle unità territoriali per le statistiche. A livello regionale, dieci regioni Ue hanno una quota di persone a rischio povertà superiore al 30 per cento. Le percentuali più elevate sono state riscontrate nella regione più esterna della Francia, la Guyana, dove più della metà (53 per cento) della popolazione è a rischio povertà, seguita appunto dalla Calabria (40,6 per cento) e dalla Sicilia (38 per cento) in Italia. Al contrario, 26 regioni hanno registrato quote inferiori al 10 per cento. La regione rumena di Bucureşti-Ilfov ha avuto i tassi più bassi di persone a rischio povertà (2,1 per cento), davanti alla regione italiana Provincia Autonoma di Bolzano/Bozen (3,1 per cento) e alla regione belga Prov. Oost-Vlaanderen (5,4 per cento).

Numeri impietosi

I numeri Eurostat fanno il paio con i dati pubblicati lo scorso novembre da Svimez, associazione per lo sviluppo del Mezzogiorno, e solo “erroneamente” considerati positivi. Nel rapporto, infatti, si legge che “Nel 2024, il Mezzogiorno cresce per il secondo anno consecutivo più della media del Centro-Nord: più 0,9 per cento contro più 0,7 per cento”. Sulla stampa generalista questo dato è stato rappresentato come una “riscossa del Sud” o come una conferma del “cambio del paradigma meridionale”. E invece, è la stessa indagine a spiegare che “Si riduce tuttavia sensibilmente lo scarto di crescita favorevole al Sud rispetto al 2023, quando il Pil del Sud era cresciuto quasi un punto percentuale sopra la media del Centro-Nord”.

Quindi notizia positiva ma che non dura. Tanto è vero che, come spiega ancora Svimez,La crescita più sostenuta del Mezzogiorno è dovuta a una più robusta dinamica degli investimenti in costruzioni (più 4,9 per cento contro il 2,7 per cento del resto del paese) trainati dalla spesa in opere pubbliche del Pnrr”. Dunque ad aiutare il Sud ci hanno pensato il Superbonus e il Pnrr. Eppure ora cominciano i numeri negativi: “I consumi delle famiglie tornano, invece, in negativo nel 2024 (meno 0,1 per cento contro più 0,3 per cento nel Centro-Nord), frenati dalla crescita dimezzata del reddito disponibile delle famiglie rispetto all’anno scorso (più 2,3 per cento nel 2024 contro il più 4,5 per cento del 2023) e da una dinamica dei prezzi in rallentamento, ma lievemente più sostenuta rispetto al resto del paese”.

Prospettive per il Sud

Dunque, il rischio povertà nel Mezzogiorno non è un fulmine a ciel sereno. Anzi, le prospettive per il prossimo anno non sono affatto positive. Basti pensare che, scrive ancora Svimez, “A politiche invariate, il 2025 rappresenta un anno di passaggio verso differenziali territoriali di crescita guidati da fattori strutturali sfavorevoli al Sud, a causa del rientro dalle politiche di stimolo agli investimenti privati e di sostegno ai redditi delle famiglie, solo parzialmente compensati dall’impatto positivo degli investimenti del Pnrr. Dal prossimo anno, la Svimez evidenzia i rischi di un ritorno alla “normalità” di una crescita più stentata al Sud rispetto al resto del paese: nel 2025 il Mezzogiorno tornerà a crescere meno del Centro-Nord (più 0,7 per cento contro più 1 per cento), confermando questa tendenza nel 2026 (più 0,8 per cento contro 1,1 per cento)”.

Il futuro del Sud, inoltre, dipende quasi interamente dall’attuazione del Pnrr:Nel triennio 2024 – 2026, al Sud gli investimenti del Pnrr valgono 1,8 punti percentuali di Pil meridionale (1,6 punti nelle regioni del Centro-Nord). In media, circa tre quarti della crescita del Pil del Mezzogiorno nel triennio è legata alla capacità di attuazione degli investimenti del Piano, a fronte di circa il 50 per cento nel resto del paese”. Insomma, nella situazione disastrata del Meridione il Pnrr è una timida luce che, però, si spegnerà nel 2026. Cosa sarà dopo? La domanda resterà senza risposte.

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