Borsa, lo scatto di Ovs e Dba: chi sale e chi scende tra le aziende del Veneto

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di
Gianni Favero

Un anno di piazza Affari: la forza dei bancari, l’altalena della manifattura, la spinta dell’aerospaziale

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Venti società quotate, otto guadagnano e dodici ci rimettono. Ci sono stati anni peggiori, se letti con la logica delle performance a fine anno, ma la Borsa di Milano nel 2024 non è stata prodiga di soddisfazioni per le insegne venete che continuano a rimanere nei listini. Qualcuna, intanto, ha abbandonato, come la veneziana Piovan, azienda dei macchinari per la lavorazione dei polimeri, nonostante una serie di bilanci costantemente in crescita, che ha ceduto la maggioranza alla Investindustrial di Andrea Bonomi. Qualcun’altra, da una situazione opposta, a lasciare il listino ci ha provato, vedi H-Farm, costretta però a rimanervi per la mancata adesione all’Opa di un compatto drappello di soci minoranza.

Al netto di ciò, i diagrammi del chi sale e chi scende evidenziano comportamenti omogenei a seconda dei blocchi di settore. Non possono per esempio sorprendere le curve felici dei titoli bancari, con Banca Ifis a segnare nei dodici mesi, alla data del 27 dicembre, un +33,76% che, tradotto in capitale, diventano 285 milioni in più. Banco Bpm è un colosso lombardo-veneto che vale dieci volte tanto, per cui i 62 punti abbondanti registrati significano una maggiore valutazione in Borsa di oltre 4,5 miliardi. Sul fronte della moda a vario titolo intesa, mentre il comparto della manifattura connessa a tessile, calzature e concia continua a esprimere forti sofferenze, tra i grandi player presenti a Piazza Affari il clima è contrastato. Nell’occhialeria, escludendo la sempre più fuori classifica Essilorluxottica, che chiude l’anno a +29% (24,1 miliardi guadagnati a Milano), c’è Safilo che, archiviato il quinquennio travagliato di Longarone, riacquista un po’ di linfa (+1,86), mentre, nell’area dell’abbigliamento, Ovs sostiene sul mercato un andamento imperioso a + 52,36% (341 milioni la maggiore capitalizzazione ottenuta). Altra musica, invece, per Geox, che decide nel frattempo di elaborare un piano di rilancio con una consistente iniezione di liquidità della holding Lir. La «scarpa che respira» registra nel 2024 un «rosso» in Borsa di 26 punti.




















































Anche in campo energetico l’andamento è strabico, a seconda che si tratti di multiutility (Ascopiave progredisce di quasi 22 punti e capitalizza 115 milioni in più) oppure di società della manifattura, quali la padovana Sit, impegnata nei sistemi di riscaldamento e di misurazione. Compresso dalle incertezze sulla transizione e sulle diverse alchimie tra metano, idrogeno ed energia elettrica, confuso dall’andirivieni degli incentivi, il titolo Sit cala in un anno del 72,76% e cede 62 milioni. Per ragioni probabilmente sovrapponibili, in questo caso connesse ai dubbi sull’avanzamento della mobilità elettrica, il titolo Askoll Eva non attira gli investitori e si assottiglia di più di due terzi.

Un indizio su un importante settore che si va affermando in Veneto arriva dall’andamento di Officina Stellare (+33,66%), tra i primi specialisti nella produzione di lenti di estrema precisione. L’economia aerospaziale, con le crescenti costellazioni di satelliti per telecomunicazioni che popolano le orbite terrestri, anche al di fuori della Borsa fa risaltare la nascita di realtà di enorme interesse.

Esattamente due anni fa Giovanni Gajo, fondatore e presidente onorario di Alcedo Sgr, rispondendo a una domanda sull’argomento Borsa aveva dichiarato a chiare lettere che avrebbe sconsigliato a chiunque una quotazione. Un punto di vista che oggi non sembra affatto cambiato, anzi. «Stiamo parlando di meccanismi non meno aleatori di una lotteria – sostiene Gajo – e legati a forze dipendenti da una serie così ampia di variabili da risultare incontrollabili. Una previsione a breve è perciò impossibile». Senza considerare la disconnessione tra le curve sui mercati azionari e quelle nel mondo dell’economia reale: «Anche aziende molto qualificate in Borsa vanno su e giù in modo inspiegabile. Un esempio? Basta guardare il titolo De’ Longhi. In senso generale, forse è arrivato il momento di pensare a formule nuove di partecipazioni societarie. Magari, perché no – chiude Gajo – anche degli stessi dipendenti».

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