Serbia, le più grandi manifestazioni degli studenti dal 1968 mettono in crisi il governo autoritario di Vučić

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“Vogliono usare i giovani. Vogliono ingannarci e prendere il potere senza passare per le elezioni. Non ve lo permetterò mai, bamboccioni. Finché sarò vivo, non avrete un governo transitorio,” ha dichiarato il presidente serbo Aleksandar Vučić, rivolgendosi all’opposizione e definendola, al contempo, un gruppo di asini, perdenti e nullafacenti.

Questa è solo una delle molte dichiarazioni fatte dal presidente serbo durante i numerosi discorsi e conferenze stampa degli ultimi giorni, in risposta alle proteste degli studenti che si sono diffuse in tutto il paese. Nel tentativo di attribuire la responsabilità del blocco di oltre 60 università in Serbia all’opposizione, il presidente Vučić si trova, forse per la prima volta in dodici anni da quando è al potere, in una situazione in cui sembra perdere il controllo.

Le proteste degli studenti, ovvero il blocco delle lezioni e altre attività accademiche presso le Università, sono cominciate il 22 novembre, quando davanti alla Facoltà di Arti Drammatiche a Belgrado, alcune persone hanno attaccato e aggredito un gruppo di studenti che si erano riuniti per i quindici minuti di silenzio in onore delle quindici vite perse nel crollo della tettoia della stazione ferroviaria di Novi Sad. 

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Durante quella protesta pacifica, gli studenti sono stati insultati verbalmente e aggrediti fisicamente. In seguito all’incidente, i media locali hanno identificato gli aggressori come individui legati a diverse organizzazioni affiliate al Partito Progressista Serbo, il principale partito politico sostenitore del presidente Vučić. Poiché la polizia non è intervenuta, gli studenti hanno deciso di occupare la facoltà, interrompendo tutte le attività accademiche.

​​Nei giorni successivi, altri studenti delle facoltà di Belgrado, Novi Sad e altre città si sono uniti alla protesta, chiedendo alle istituzioni di assumersi la responsabilità di quanto accaduto a Novi Sad l’1 Novembre.

Il crollo della tettoia di una stazione ferroviaria ristrutturata di Novi Sad

L’episodio di Novi Sad rappresenta l’ennesimo evento degli ultimi anni che ha scatenato un’ondata di rabbia tra i cittadini contro il governo di Vučić. Ancora una volta, i serbi sono scesi in piazza per chiedere trasparenza sull’accaduto. In particolare, all’inizio di novembre, gli abitanti di Novi Sad hanno manifestato in massa, puntando il dito contro il governo. Mentre i politici al potere hanno definito l’accaduto una grande tragedia, i cittadini li hanno accusati di non aver eseguito i lavori di ristrutturazione della tettoia nel rispetto delle normative di sicurezza. 

A più di un mese dall’incidente, non sono ancora stati individuati tutti i responsabili. Gli unici a essersi dimessi sono stati il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Goran Vesić, e quello del Commercio, Tomislav Monirović. Successivamente Vesić è stato arrestato insieme ad altre 12 persone, alcune delle quali sono state rilasciate pochi giorni dopo, compreso lo stesso ex-ministro. Questi sviluppi hanno ulteriormente alimentato lo scetticismo dell’opinione pubblica sulla genuinità delle indagini.

Non è ancora chiaro perché la tettoia sia crollata, ma uno degli ingegneri che ha lavorato come consulente al cantiere l’anno scorso ha confermato che la struttura aveva subito interventi per i quali aveva consigliato una soluzione diversa. Tuttavia, l’ente pubblico “Infrastruttura ferroviaria serba” ha pubblicato, appena due ore dopo la tragedia, un comunicato sul proprio profilo Instagram, sostenendo che la tettoia non era stata inclusa nei lavori di ristrutturazione della stazione. Ad aggiudicarsi i lavori era stato un consorzio formato da due aziende cinesi “China Railway International” e “China Communications Construction”, una francese “Egis” e una ungherese “Utiber”.

Anche i  mancati lavori della tettoia, però, non esonerano dalle responsabilità le autorità competenti e il governo di Aleksandar Vučić, in un paese in cui gli appalti non sono trasparenti e i lavori sono eseguiti male e con materiali scadenti. Molti in Serbia attribuiscono il crollo a una corruzione diffusa e a un lavoro approssimativo nella ristrutturazione dell’edificio, uno dei numerosi progetti infrastrutturali che coinvolgono aziende statali cinesi.

“Le vostre mani sono sporche di sangue”

“In un paese democratico, dopo il tragico evento in cui sono state perse 15 vite e altre due persone ferite gravemente, sarebbe il Procuratore dello Stato a dire come pensa di condurre le indagini”, dice a Valigia Blu Miodrag Jovanović, professore presso la Facoltà di Giurisprudenza a Belgrado e uno dei promotori dell’iniziativa “ProGlas” (Proclamazione), con la quale i cittadini critici nei confronti del potere si sono mobilitati per partecipare alle elezioni parlamentari del 17 dicembre dell’anno scorso.

Il giorno successivo al crollo, è stato il presidente Vučić a intervenire, affermando che la tettoia della stazione di Novi Sad non era stata ristrutturata, a differenza del resto della stazione ferroviaria, che è stata oggetto di lavori di restauro. Tuttavia, un anno prima, l’ex sindaco di Novi Sad e attuale primo ministro, Miloš Vučević, aveva dichiarato che la stazione ferroviaria di Novi Sad era stata completamente restaurata. Questa stessa affermazione era stata confermata dallo stesso presidente serbo durante l’inaugurazione ufficiale della stazione, avvenuta nel marzo 2022.

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“Le bugie e la morte hanno unito i giovani, determinati a lottare per il futuro di un paese in cui desiderano continuare a vivere”, afferma a Valigia Blu Jelka Jovanović, giornalista e caporedattore della rivista Novi Magazin.

“Non penso che il cambiamento di governo avverrà per strada, ma che gli studenti spingeranno per elezioni giuste e democratiche, e  quando questo governo cambierà”, afferma Jovanović.

Tra gli striscioni esibiti dagli studenti durante i blocchi stradali nelle diverse città, organizzati quotidianamente come forma di protesta, molti presentano impronte di mani rosse, un chiaro simbolo per accusare le autorità di avere le mani sporche di sangue.

“Non vogliamo dialogare con il presidente, chiediamo risposte alle istituzioni”

L’occupazione delle facoltà è la forma più radicale di auto-organizzazione studentesca. 

“Si tratta della più grande protesta degli studenti nel nostro paese dal 1968. Poiché le Università sono di proprietà dello Stato e il fatto che siano bloccate rappresenta un grande problema per il governo”, dice a Valigia Blu Barbara Alija, studentessa della Facoltà di Arti Drammatiche, aggiungendo che si sono mobilitate anche le scuole superiori per dare loro sostegno. Molti professori e anche il rettorato dell’Università sostengono gli studenti. 

“Rimarremo in blocco finché le nostre richieste non saranno soddisfatte. Queste proteste sono guidate dagli studenti e riguardano il nostro futuro. Non vogliamo dialogare con il presidente o con  i ministri, ma chiediamo risposte dalle istituzioni”, afferma Alija aggiungendo che a loro non importa ciò che dice il presidente dello Stato, che viola costantemente la Costituzione.

Su uno degli striscioni creati dagli studenti di questa facoltà si legge: “Non abbiamo chiesto niente a te, chiediamo alle istituzioni. Sei molto noioso.” Un altro striscione recita: “Gli studenti chiedono giustizia”, mentre uno, diretto alla procura, dice: “Il procuratore sta zitto, gli studenti sono molto arrabbiati.”

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Alla Facoltà di Scienze Politiche di Belgrado, gli studenti hanno occupato i locali delle facoltà e li hanno adattati alle loro attività assembleari. 

“Abbiamo allestito cucine, dormitori, laboratori e aule per l’autoformazione”, dice Emilija Milenković, studentessa di giornalismo presso la Facoltà di Scienze Politiche, aggiungendo che loro non hanno rappresentanti o leader.

“Siamo una organizzazione orizzontale. Tutte le decisioni vengono prese durante le riunioni plenarie che si tengono ogni giorno.”

Nei giorni precedenti, gli studenti hanno consegnato mille lettere tutte uguali al procuratore generale Zagorka Dolovac, con cui hanno chiesto al magistrato di non insabbiare l’inchiesta.

A questo punto, dopo più di un mese di silenzio, il procuratore Dolovac ha invitato i rappresentanti degli studenti al dialogo.

“Non vogliamo nessun dialogo con lei. Chiediamo al procuratore di eseguire il suo lavoro”, dice Milenković.

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Tranne queste lettere, gli studenti serbi hanno pubblicato una lettera rivolta a tutti gli studenti al mondo, in cui hanno spiegato le loro azioni e le prossime mosse. 

La più grande protesta pacifica dal 2000 contro Milošević

Il 22 dicembre, decine di migliaia di persone si sono radunate in Piazza Slavija a Belgrado per protestare contro il governo e la corruzione. 

“Questa è stata una delle più grandi proteste pacifiche dopo il 5 ottobre 2000, quando abbiamo combattuto contro il governo di Slobodan Milošević”, afferma a Valigia Blu l’artista, musicista e scrittore Marko Šelić Marčelo.

Tuttavia, a differenza degli anni in cui il popolo serbo ha lottato contro un regime autoritario, queste proteste sono state organizzate esclusivamente dagli studenti. A unirsi a loro sono stati attori, musicisti, artisti e altri cittadini. Circa 100.000 persone si sono radunate nella piazza principale della capitale, osservando 15 minuti di silenzio per onorare le vittime di Novi Sad. Non sono stati pronunciati discorsi. Gli studenti hanno esposto un grande striscione con scritto “Belgrado è il mondo” e hanno cantato una delle canzoni di Marčelo, “Vatra u mraku” (Il fuoco nel buio), ormai diventata l’inno delle proteste, che invoca solidarietà e unità.

“Non vogliamo rimanere nel buio. Credo nella forza degli studenti e spero che riusciranno a resistere e a costruire una società migliore per loro”, afferma Marčelo, aggiungendo che è giunto anche il momento in cui i paesi dell’Unione Europea devono aprire gli occhi e riconoscere che il regime di Vučić è un regime autoritario che non dovrebbe godere del sostegno della stessa Unione.

Immagine in anteprima: Tatjana Dordevic

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