il racconto di un uomo aggredito su un treno della M5

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Milano, 2 gennaio 2025 – Accerchiato da una gang di maghrebini armati di pugnale su un vagone della metropolitana per poi essere derubato della collanina d’oro che portava al collo. è successo nella tarda serata del 31 dicembre su un treno della linea 5, la lilla, in viaggio fra le fermate di Segesta e Lotto. Vittima designata un uomo di 50 anni, che si trovava come si dice in questi casi nel posto sbagliato al momento sbagliato. “Finché queste cose le leggi o ne senti parlare dai mezzi d’informazione è un conto – racconta – quando le vivi sulla tua pelle tutto cambia”. “Non mi hanno per fortuna fatto nemmeno un graffio, e alla fine questo è ciò che conta, ma allo stesso tempo realizzi quanto sia diventata pericolosa questa città. Se avessi reagito mi sarei forse preso una coltellata in pancia o uno sfregio in faccia”.

Alle 11 di sera

Sono le 11 e venti circa di sera, quando tutta Milano, quella rimasta in città, sta festeggiando l’arrivo del 2025. Sulla banchina d’attesa in direzione Bignami non c’è quasi nessuno. Poi arriva un gruppo di ragazzi. “Saranno stati cinque o sei, non ci ho fatto caso all’inizio. Erano all’estremo opposto del marciapiede rispetto a dov’ero io. Ma ho anche capito che non era il caso di averci più di tanto a che fare”. Siamo in piazzale Segesta, zona di confine. Un’altra Corvetto questa alla periferia ovest della città. Poco lontano ci sono Selinunte e la Casbah insanabile di viale Aretusa. Di lì a poche ore, via Zamagna e il quadrilatero di case popolari saranno al centro di disordini e scontri violenti con la polizia, in pieno stile banlieue parigina. 

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A Milano e nell’hinterland le baby gang imperversano (immagine di repertorio)

La sequenza

“Quando sono salito sul treno mi sono messo sul vagone di testa. Dovevo arrivare a Gerusalemme”. La gang percorre i vagoni e arriva in testa. “C’erano poche persone su quel treno, una coppia di giovani turisti stranieri e qualche altra persona. Non c’è voluto molto per capire che nel mirino c’ero finito io”. Il gruppo prima si siede attorno all’uomo come per circondarlo. Quando il cinquantenne si alza – “ho detto loro che dovevo scendere fra poche fermate” – i maghrebini si alzano anch’essi e si avvicinano. Moncler neri, tute, cappucci delle felpe in testa. “Quello che sembrava essere il leader del gruppo ha cominciato a parlami fissandomi con lo sguardo. Con la testa quasi attaccata alla mia.

Il blitz col pugnale

Ho avuto davvero paura, bisogna finirci dentro a queste cose per capire. Mi ha chiesto se ero italiano, se ero di Milano. Ha finto di fare l’amichevole spiegandomi che insieme ai suoi amici era arrivato da Torino per passare l’ultimo dell’anno a Milano”. Quando il treno, superata la fermata di Lotto, sta per arrivare a Portello. Quello che fino a un secondo prima faceva “l’amico” tira fuori un pugnale. “Ho pensato che volessero il portafogli o il cellulare. Avevo già capito che sarebbe andata a finire male. Mai avrei pensato alla collanina d’oro, un ricordo di mio padre. Mi ha puntato il coltello all’altezza della pancia e con uno scatto fulmineo mi ha strappato la catenina dal collo”. Quando il treno arriva alla stazione Portello, un altro dei ragazzi lo minaccia puntandogli addosso una stampella: “Non ti muovere”.

Una pattuglia della polizia in metropolitana

Una pattuglia della polizia in metropolitana

Poi la fuga. All’esterno della stazione, viale Scarampo, di notte, è una terra di nessuno dov’è facile dileguarsi. Le poche persone presenti sul vagone assistono in silenzio e immobili alla scena. “Quando la banda si è allontanata mi hanno dimostrato vicinanza. Sinceramente anch’io come loro non mi sarei mosso, in questi casi fare gli eroi vuol dire correre il rischio di passare guai ben peggiori”. Passato lo spavento, il cinquantenne chiama il 112. “Mi hanno passato la Volante della polizia, sono stati veloci a intervenire in mio aiuto, super professionali. Anzi, ne approfitto per ringraziare i due poliziotti che hanno raccolto la mia denuncia. Purtroppo non ho fornito molti elementi utili per la loro identificazione perché ho evitato intenzionalmente di guardarli in faccia quand’ero sulla metropolitana…”.

Amarezza

Sceso a Domodossola, mentre a Milano scoppiano botti e fuochi d’artificio, c’è tempo per un’amara riflessione. “Mi è andata bene, potevo finire in ospedale. Ma questa città è davvero pericolosa, la metropolitana, le vie periferiche e non solo quelle… Ho amici e parenti che hanno già subito questo tipo di aggressioni. Ho la sensazione che, nonostante le parole rassicuranti, ci avviciniamo a una situazione “brasiliana”, dove bisognerà blindarsi in macchina soprattutto quando ci si sposta alla sera. Io, di certo, mai più prenderò un mezzo dopo le 9 di sera”.

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