«La mia voce non pretende di arrivare a coloro che decidono il destino dei popoli, ma vorrei almeno raggiungere le persone che vivono in questa città e in Diocesi per dire: “C’è speranza anche per voi”.
Per voi che vi siete arricchiti con l’oppressione dei poveri, con le ricchezze maledette ricavate dalle estorsioni, dall’usura, dalla droga, dal gioco. Condonate il debito, ricostruite ciò che avete distrutto, riparate il male che avete commesso. Siete ancora in tempo a convertirvi».
Pace in tutte le Terre
In un Duomo che, nella prima sera del 2025, 58esima Giornata mondiale per la Pace, apre le sue porte a tanti fedeli – tra i quali ci sono le diverse centinaia di persone che hanno preso parte alla tradizionale Marcia “Pace in tutte le Terre” promossa dalla Comunità di Sant’Egidio e da molte altre organizzazioni -, le parole dell’Arcivescovo sono un richiamo per tutti.
Così come il segno pubblico della marcia che da piazza Santo Stefano, ha fatto tappa alla Chiesa di San Vito al Pasquirolo, dove pregano abitualmente gli ortodossi russi e ucraini, arrivando, infine, in piazza del Duomo con l’ingresso in Cattedrale, dal grande portale centrale, dei migranti che portano l’ormai storico striscione “Pace in tutte le Terre” e i cartelli con i nomi dei Paesi in guerra, letti in una sorta di triste rosario di dolore, distruzione e morte.
Di fronte al quale la Messa, concelebrata da una quindicina di sacerdoti e che vede la presenza dei ministri di diverse confessioni aderenti al Consiglio delle Chiese Cristiane di Milano, è, invece, un appello alla vita, alla speranza, alla conversione. Celebrazione che si avvia con il saluto di benvenuto di monsignor Luca Bressan, vicario episcopale e presidente della Commissione per l’Ecumenismo e Dialogo della Diocesi, presente anche il direttore del Servizio omonimo, il diacono permanente Roberto Pagani.
«Questa celebrazione vede riunite le Chiese cristiane presenti a Milano, unite a pregare insieme per la pace, pronte ad assumersi la responsabilità di essere strumenti ed esempio di pace. La pace si manifesta, infatti, non soltanto con la fine delle guerre, ma con l’inizio di un modo diverso di relazionarsi, un mondo in cui ci scopriamo più uniti e più fratelli rispetto a quanto avevamo immaginato», spiega Bressan, mentre poco dopo è l’Arcivescovo a esprimere il desiderio «che questa stessa celebrazione sia una profezia che si può camminare e vivere insieme».
Gli auspici per il Giubileo
Profezia che, nell’omelia (leggi qui), fa anzitutto riferimento alle tre richieste formulate da papa Francesco nel suo Messaggio per la Giornata. «Riprendo l’appello lanciato da san Giovanni Paolo II in occasione del Giubileo dell’anno 2000, di pensare a una consistente riduzione, se non proprio al totale condono, del debito internazionale, che pesa sul destino di molte Nazioni. Inoltre, chiedo un impegno fermo a promuovere il rispetto della dignità della vita umana, dal concepimento alla morte naturale, perché ogni persona possa amare la propria vita e guardare con speranza al futuro, desiderando lo sviluppo e la felicità per sé e per i propri figli. Oso anche rilanciare un altro appello, richiamandomi a san Paolo VI e a Benedetto XVI , per le giovani generazioni, in questo tempo segnato dalle guerre: utilizziamo almeno una percentuale fissa del denaro impiegato negli armamenti per la costituzione di un Fondo mondiale che elimini definitivamente la fame e faciliti nei Paesi più poveri attività educative e vòlte a promuovere lo sviluppo sostenibile, contrastando il cambiamento climatico», scandisce il vescovo Mario utilizzando le parole del Papa.
Ridicoli, patetici, illusi?
Sogni? Auspici che mai nessun potente della terra prenderà sul serio? Il dubbio c’è e non se lo nasconde l’Arcivescovo, quando dice: «Ma non siamo ridicoli? Noi che proponiamo la remissione dei debiti mentre i Paesi ricchi, gli usurai tengono ben stretti i debiti degli altri, per dominarli, per continuare a derubarli, per imporre le loro pretese. Ma non siamo patetici noi che, insieme con papa Francesco, chiediamo il rispetto della vita umana dal concepimento fino alla morte naturale? Non sentiamo forse quello sguardo scettico e quella specie di compatimento da parte di chi disprezza la vita – la vita degli altri, s’intende- e ignora il significato di “rispetto” perché ritiene dogma indiscutibile l’indifferenza e l’utilitarismo egocentrico?
Non siamo illusi noi che proponiamo che una parte almeno delle spese per gli armamenti sia destinata a vincere la fame e il disastro causato al pianeta? Non siamo degli illusi noi, di fronte a coloro che si arricchiscono in modo spropositato producendo armi e strumenti e strategie che saccheggiano la terra e affamano la gente? In effetti ci viene il sospetto di essere ridicoli, patetici, illusi».
Eppure, aggiunge subito, «Noi tutti, discepoli di Cristo, radunati qui dalla stessa fede, anche se apparteniamo a confessioni cristiane diverse, siamo qui, all’inizio del nuovo anno civile del mondo occidentale, a professare l’intenzione di condividere i sentimenti di Gesù, perché non possiamo immaginare un’altra via per esser salvati. Noi riconosciamo che Gesù è Signore, non solo per noi, ma per tutti, nei cieli, sulla terra e sotto terra. E perciò vogliamo rivolgere un invito a tutti perché si aprano alla speranza per compiere opere di giustizia, per diventare operatori di pace».
Come a dire, la speranza che non delude è per tutti.
La speranza è per tutti
«C’è speranza anche per voi che avete disprezzato la vita, spento il desiderio di vivere, di generare vita, di custodire la vita nelle donne, nei bambini, negli anziani: nella vostra morte incrociate lo sguardo di Gesù che vi chiama a praticare il rispetto della vita, a costruire rapporti di solidarietà e di prossimità per riparare all’abbandono e alla indifferenza. Noi che non vogliamo e che non siamo capaci di giudicare nessuno, però abbiamo la responsabilità di dire che c’è speranza per tutti perciò accogliamo l’invito a essere pellegrini di speranza in questo anno che si avvia, Anno Santo, Anno Giubilare, anno di grazia e di responsabilità per seminare speranza. E che la nostra seminagione raggiunga anche i terreni meno disponibili».
Poi, a conclusione della celebrazione, la benedizione impartita da tutti i concelebranti e i ministri delle diverse confessioni dall’altare maggiore e il successivo incontro, in Arcivescovado, di monsignor Delpini con i membri del Consiglio delle Chiese Cristiane di Milano.
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