di Francesco ZuppiroliUn colpo dietro l’altro. Prima a terra, come avvertimento. E poi ad altezza uomo: fatali. Una serie di 12 esplosioni. Non fuochi d’artificio, bensì una dozzina di colpi sparati per uccidere Muhammad Sitta, il 23enne egiziano che la notte di Capodanno ha fatto piombare Villa Verucchio nel terrore. È stato lo stesso comandante della locale stazione dei carabinieri, Luciano Masini, a fare fuoco. A freddare sulla strada, in via Casale all’altezza del bar piadineria ’La Rustica’, quel giovane fuori controllo che armato di un coltellaccio da cucina con lama lunga 22 centimetri, poco prima aveva già ferito gravemente quattro persone. Il tutto portando con sé una copia tascabile del Corano e la misbaha (una collana di grani di preghiera musulmana).
È un Capodanno di morte e di terrore quello che comincia intorno alle 22.15 nella frazione nel cuore della Valmarecchia. È il crepuscolo del 2024 quando Muhammad Sitta decide di colpire una prima volta. Il bersaglio, senza alcun motivo, è un 18enne del posto che si è fermato a comprare le sigarette al distributore automatico della tabaccheria Sapigni. L’assalto del 23enne egiziano è fulmineo. Quasi una esecuzione. Colpisce alle spalle: una, due, tre, quattro, cinque volte. Un colpo anche al viso. E poi scappa: scompare inghiottito dal buio dal quale in un lampo era parso fosse spuntato fuori. Quanto accaduto al giovane neomaggiorenne però è solo l’inizio. L’inizio di una tentata esecuzione compiuta senza alcun criterio, senza alcun obiettivo specifico. Senza alcuna pietà. Un’esecuzione che riprende intorno alle 23, dopo 45 minuti di vuoto che la procura sta cercando di ricostruire negli spostamenti dell’egiziano.
Muhammad Sitta infatti ricompare quando già in zona sono stati chiamati soccorsi e carabinieri, dopo i fendenti inferti alla prima vittima. Ma non è abbastanza. Sitta ricompare e sempre nei pressi del luogo dove è avvenuto il primo accoltellamento. L’agguato questa volta è ancora più brutale. Alle spalle, un altro 18enne del posto viene colpito una volta alla schiena e si vede venire perforato persino il polmone. Due tentati omicidi nell’arco di neanche un’ora, a cui in successione se ne aggiungono altrettanti quando l’egiziano rivolge la propria attenzione al ristorante ’Casa Zanni’. Proprio di fronte sulla via Casale, che taglia a metà Villa Verucchio. I due malcapitati questa volta sono una coppia di anziani: due turisti romani di 69 e 70 anni. Stanno uscendo dal locale e in un primo momento neanche si rendono conto di cosa gli stia succedendo di fronte. Vengono assaliti, accoltellati. Quasi uccisi. Ma questa volta le forze dell’ordine sono già sul posto.
Sulla gazzella c’è lo stesso comandante della stazione locale ed è proprio Masini a intimare all’egiziano 23enne di desistere. Di porre fine alla sua follia. Ma non c’è verso. Come ripreso da alcune telecamere – e filmati di persone che hanno assistito – che inquadrano parte delle aggressioni e anche la fase iniziale dell’ingaggio tra il militare dell’Arma e Sitta, il 23enne non si ferma e, prima distante, comincia ad avvicinarsi al carabiniere brandendo il coltellaccio da cucina. Muhammad Sitta urla. Parla in arabo e grida qualcosa di incomprensibile ai presenti mentre cerca di raggiungere armato il carabiniere che gli si para davanti. È a questo punto che il comandante apre il fuoco. Un totale di dodici colpi, di cui una parte sparata a terra nel disperato tentativo di fermare l’aggressore. E poi, gli altri, sparati contro Sitta in un numero e posizione che verranno chiariti dall’esame autoptico già disposto dall’autorità giudiziaria.
Sono le 23.30, nelle piazze di Villa Verucchio di lì a poco si festeggerà l’arrivo del nuovo anno, mentre sul marciapiede di via Casale scorre il sangue del 23enne egiziano. Un uomo, Muhammad, che viveva nella stessa frazione, ospite di una struttura convenzionata col programma di inserimento che lo riguardava. Subito dopo gli spari, ieri notte, sul posto è intervenuto anche il personale della Scientifica per eseguire, tra le altre cose, la perizia balistica. Indosso Sitta aveva una copia tascabile del Corano e una corona di preghiera musulmana. Nella sua abitazione, anche un tappetino per la preghiera. E quelle frasi gridate in arabo mentre colpiva le proprie vittime e su cui gli investigatori dei carabinieri si stanno ora concentrando per trascrivere e tradurre parola per parola. Perché “non escludiamo alcuna pista e allo stato attuale non si hanno certezze di alcun tipo”, scandisce il procuratore capo di Rimini Elisabetta Melotti. Nessuna pista trascurata. Nemmeno quella del terrorismo. Forse, del ’lupo solitario’, dal momento che Sitta “non risulta affiliato ad alcuna organizzazione terroristica – continua Melotti –, ma le indagini sono nella fase iniziale e stiamo vagliando anche possibili connessioni internazionali”, dal momento che l’uomo disporrebbe anche di altri alias. Nell’appartamento di Sitta sono stati trovati anche farmaci antipsicotici e “anche questa pista va valutata”. Nel frattempo, il carabiniere che ha sparato e ucciso l’attentatore è stato iscritto nel registro degli indagati per il reato di eccesso colposo di difesa “come atto dovuto”, ha poi concluso il procuratore capo.
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