2024, la politica ha sabotato la lotta al cambiamento climatico

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Il 2024 è l’anno della sconfitta della lotta al cambiamento climatico e della tutela dell’ambiente. Dell’Unione europea che smantella il suo stesso Green deal. Si fa prima a raccontare cosa è rimasto che tutti i dietrofront di un anno sciagurato in cui l’alleanza tra Partito popolare europeo e socialisti ha ceduto il passo a quella tra Ppe e destra. Per l’Italia è stato il primo anno con il tanto atteso Piano di adattamento al cambiamento climatico (che non spiega, però, chi debba fare cosa e con quali soldi) e quello in cui è stato presentato il Piano nazionale integrato sull’energia e il clima, riveduto e corretto (che non permetterà di raggiungere tutti gli obiettivi nazionali). Se per l’Ue si può parlare di dietrofront, l’Italia è ferma da tempo. Il Governo Meloni punta a rallentare la transizione, che si tratti di case green, qualità dell’aria, deforestazione. Il 2024 è l’anno in cui peste suina e influenza aviaria hanno mostrato nuovamente il fallimento del modello basato sugli allevamenti intensivi, sebbene l’attenzione del ministero dell’Agricoltura, stando ai risultati, sia più concentrata sulle sorti della carne coltivata. Per quella c’è una norma, mentre mancano una legge quadro sul clima e una sul consumo di suolo. D’altronde anche l’attenzione del ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica è più concentrata sul nucleare di domani che sulle rinnovabili di oggi.

Un lungo inverno tra protesta dei trattori e crociata contro la carne coltivata – È gennaio quando l’Europa viene travolta dalla protesta dei trattori, che manderà in frantumi ciò che resta del Green Deal originario. Gli agricoltori manifestano in Germania, Francia, Belgio e Italia, dove i coltivatori sono in ginocchio da anni, alle prese con alluvioni, gelate e siccità, pandemia, crisi economiche, strapotere della grande distribuzione organizzata e prezzi sempre meno equi. Le destre cavalcano la rabbia e trasformano le misure green nell’origine di tutti i mali. In primis, il regolamento sui pesticidi e l’obbligo di lasciare il 4% dei terreni incolto, condizione necessaria per accedere ai fondi europei della Politica agricola comune, ma rimasta in deroga per tutto il 2024. In realtà, le due misure sono da tempo su binari morti e Giorgia Meloni definisce “una vittoria anche italiana” il naufragio della proposta di dimezzare l’uso dei pesticidi in agricoltura entro il 2030. Con la protesta in corso, però, il ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida, deve occuparsi di una grana che riguarda la legge fatta approvare a fine 2023 per vietare la commercializzazione in Ue della carne coltivata e impedire di usare termini come ‘bistecca’ o ‘salsiccia’ per prodotti a base di proteine vegetali. Per la Commissione Ue l’Italia sta violando il diritto europeo.

Gli ostacoli alle norme green – Il Paese, tra l’altro, è sotto procedura di infrazione e, in alcuni casi, è stata anche condannata, per aver violato le direttive sui nitrati e sulla qualità dell’aria e dell’ambiente. Eppure, mentre la Pianura Padana soffoca, Governo Meloni e Regione Lombardia ostacolano la misura che punta a migliorare la qualità dell’aria con limiti stringenti. Entrerà in vigore in autunno, con nuovi tetti massimi per polveri sottili, ossidi di azoto e biossido di zolfo, ma anche più flessibilità ai paesi membri, con possibili deroghe anche di 10 anni. Strada in salita anche per la legge sul Ripristino della Natura: non la fermano la destra e il Copa-Cogeca, organizzazione che riunisce i principali sindacati agricoli europei, ma a marzo l’approvazione definitiva viene rinviata a data da destinarsi. E manca ormai poco alla fine della legislatura. Dopo aver ostacolato queste norme (o essersi spaccato al voto) e contribuito a disegnare una Pac che non spiacesse all’agrobusiness, il Ppe presenta il programma in vista delle elezioni. E smentisce le sfide lanciate cinque anni prima promettendo, in caso di vittoria, un dietrofront sullo stop alla vendita di nuove auto a benzina e diesel nel 2035.

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In primavera a Bruxelles vincono le logiche elettorali – A fine mese, la terza protesta degli agricoltori va in scena mentre si decide sulla Pac 2023-2027. Il Parlamento Ue voterà le modifiche con una procedura d’urgenza. Esenzioni, deroghe e incentivi sono la risposta alle pressioni delle lobby dell’agroindustria e alla necessità di consenso in vista del voto. Ad aprile viene adottata, con i voti contrari di Italia e Ungheria, anche la revisione della direttiva Case Green, sulla prestazione energetica degli edifici, responsabili del 40% del consumo energetico europeo e del 36% delle emissioni dirette e indirette di gas serra. La base è un accordo al ribasso sotto pressione di alcuni Paesi come l’Italia, dove il 53,7% degli edifici risale a prima del 1970 e dove si attendono i dettagli del Piano salva-casa. Annunciato dal ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini, dovrebbe salvare i grattacieli di Milano bloccati da inchieste per abusi edilizi. La Camera approverà la legge a novembre.

Il Pniec e il nodo delle rinnovabili – Nel frattempo, mentre la siccità attanaglia non solo l’Italia, ma anche la regione spagnola della Catalogna, il Portogallo e il Sud della Francia, maggio 2024 diventa il più caldo di sempre. Ed è il dodicesimo mese di fila con la temperatura media globale record per quel dato mese. Mentre la destra avanza a Bruxelles, l’Italia invia alla Commissione Ue la versione riveduta e corretta del Piano Nazionale integrato Energia e Clima (Pniec). Stando al testo, alcuni obiettivi di riduzione delle emissioni e di assorbimento di gas serra non verranno raggiunti, soprattutto in alcuni settori, come quello civile e dei trasporti, dove si continua a investire troppo poco. Gli obiettivi sulle rinnovabili sono in linea con i target Ue, ma la Commissione Ue ha già manifestato perplessità sulle strategie per raggiungerli. Negli ultimi quattro anni si è arrivati a poco più del 23% degli 80 gigawatt di potenza da installare al 2030. A luglio, tra l’altro, viene pubblicato il decreto sulle aree idonee per gli impianti. Atteso da due anni, dà mandato alle Regioni di indicare quali siano le aree idonee, entro 180 giorni. E alimenta le proteste delle comunità, come quelle in Sardegna, ma anche le incertezze su come gli enti locali decideranno di muoversi.

In estate la natura si ribella: dalla mucillagine alla peste suina – Ad agosto non c’è pace. Dalle migliaia di pesci morti nella laguna di Orbetello, per le tonnellate di azoto provenienti dai fertilizzanti utilizzati nei campi, fino alle mucillagini nell’Adriatico, una delle conseguenze del carico di nutrienti in eccesso che arriva soprattutto dagli allevamenti intensivi. E poi nuovi focolai di peste suina. Dopo più di 2 anni e mezzo di interventi fallimentari e milioni di soldi pubblici spesi, la malattia arriva in 157 Comuni e 8 Regioni. Si dimette il commissario Vincenzo Caputo e, nel frattempo, il gruppo di esperti della Commissione Ue boccia la strategia italiana basata sulla caccia ai cinghiali. Ma in Italia si preferisce dare la colpa ai cinghiali, mentre il virus continua a diffondersi attraverso gli allevamenti intensivi. E se i loro impatti sono provati, continuano le ‘manovre’ politiche per annacquare le norme su inquinanti, inserendo deroghe e rendendo i limiti meno stringenti. Continua pure la crociata contro la carne coltivata, anche se è dietro l’angolo l’ennesima bocciatura: la Corte di giustizia Ue stabilisce che i prodotti vegetariani possono essere commercializzati utilizzando termini quali ‘bistecca’ o ‘hamburger’, se gli ingredienti sono indicati in modo chiaro sulla confezione. Il divieto previsto dalla legge di Lollobrigida è ufficialmente anti-europeo.

La pietra tombale sul Green Deal – A settembre Ursula Von der Leyen presenta la nuova Commissione. Non c’è più un commissario al Clima e al Green Deal europeo come era stato Frans Timmermans. L’olandese Wopke Hoekstra, che è stato anche consulente della compagnia petrolifera Shell, è il nuovo commissario per Clima, mentre il Green Deal sarà guidato da Teresa Ribera. E dopo la complessa approvazione della direttiva sulla qualità dell’aria, sotto le pressioni del Partito popolare europeo (che fa asse con le destre), la Commissione Ue propone di rinviare di un anno l’applicazione del regolamento contro la deforestazione, che vieta la commercializzazione nell’Ue di bovini, cacao, caffè, palma da olio, gomma, soia e legno, se provenienti da terreni deforestati.

Autunno tra alluvioni e aviaria – L’autunno è un disastro, nonostante le slide di Palazzo Chigi sui due anni di Governo Meloni raccontino un’altra storia. Ennesime alluvioni non solo in Emilia Romagna e Marche (per le quali il governo ha stanziato 24 milioni di euro) ma anche in tutta Europa, dalla Germania a Valencia, in Spagna. L’Italia, però, non ha ancora una legge sul consumo di suolo (che avanza) e il Pnacc non fornisce risposte. Il governo ricorda di aver stanziato oltre un miliardo nel 2024 per il dissesto idrogeologico, Pichetto ne chiede di più, ma si continua a lavorare sull’emergenza invece che sulla prevenzione. I soldi erogati non bastano mai e finiscono al centro di scontri politici su tempi e utilizzo, come nel caso dell’Emilia-Romagna. Nel frattempo, poco si sa del piano sul dissesto annunciato a luglio 2023 dalla premier. L’altro fardello si chiama aviaria. Nel giro di un paio di mesi, si passa dai focolai in un paio di allevamenti tra Venezia e Ferrara all’enorme allarme per la scoperta del virus nel latte crudo che dagli Stati Uniti ha fatto il giro del mondo. L’H5N1 si incuba molto bene negli allevamenti intensivi e ha fatto già più salti di specie, dimostrandosi capace di infettare diversi mammiferi. Sono ormai molti i casi di contagio negli umani, anche nei bambini. Ma agli allarmi lanciati dagli scienziati, non corrisponde una presa di posizione della politica.

I fallimenti degli accordi internazionali – Si avvicina così la fine del 2024. A Cali, in Colombia, fallisce la prima parte della Cop 16 sulla biodiversità: salta l’accordo su uno dei punti cruciali, ossia mobilitare 200 miliardi di dollari l’anno per la conservazione della natura, 20 miliardi di quali entro il 2025. Dietro l’angolo, c’è la Cop 29 sul clima di Baku, in Azerbaigian. Si svolge subito dopo il ritorno di Trump alla Casa Bianca, senza Biden, né von der Leyen, né Putin. Manca mezza Europa. I Paesi industrializzati mettono sul piatto solo 300 miliardi di dollari all’anno tra finanza pubblica e privata, finalizzati al New Collective Quantified Goal, da stanziare entro il 2035. Molto poco rispetto ai 1.300 miliardi chiesti dai Paesi in via di sviluppo. Niente sul fronte dei combustibili fossili. L’Arabia Saudita punta i piedi. A Busan, in Corea del Sud, i Paesi produttori di petrolio fanno slittare anche l’accordo per un trattato globale legalmente vincolante contro l’inquinamento da plastica.

In Italia trivelle e nucleare – Per ridurre le emissioni di gas serra, invece, l’Italia punta sempre più sul nucleare di terza generazione avanzata e, in particolare, sui SMR, Small Modular Reactors. Nonostante ci siano opinioni contrastanti su costi, vantaggi e impatti di questi reattori. Non è ancora chiaro, tra l’altro, dove il Paese potrà costruire un deposito nazionale per le scorie, nonostante le ipotesi più svariate avanzate dal governo. Di certo si accelera e viene annunciato un disegno di legge del Mase (collegato alla Legge di Bilancio) che prevede la nascita di una newco costituita al 51% da Enel, al 39% da Ansaldo Nucleare, al 10% da Leonardo, con un probabile partner industriale straniero. Sul fronte degli idrocarburi, il dl Ambiente conferma lo stop ai nuovi permessi di ricerca ed estrazione, ma dà l’ok per quelli legati a ricerche già autorizzate o finalizzati alla fornitura di metano a prezzi calmierati alle aziende energivore. Si riduce dalle 12 alle 9 miglia, poi, la distanza che le trivelle per il gas devono avere dalla costa e dalle aree protette. Nel frattempo, a Bruxelles si lancia la bomba che rischia di far crollare un altro pilastro del Green Deal europeo, ossia lo stop alla produzione dei motori endotermici nel 2035. Il Ppe chiede di rivedere il sistema delle sanzioni previste dal 2025 per le case automobilistiche che non raggiungono gli obiettivi di riduzione delle emissioni e di consentire non solo l’uso di elettrico e idrogeno, ma anche di carburanti alternativi, e-fuels e biocarburanti. Anche in questo caso c’è lo zampino dell’Italia.

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