Un’analisi della spesa sociale nella legge di bilancio 2025-27

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La legge di bilancio 2025-27 rappresenta un momento cruciale per definire le risorse disponibili anche per le politiche sociali nonché per il sostegno agli enti del Terzo settore (Ets) nel loro ruolo nella promozione della coesione sociale.

Solitamente l’attenzione è puntata sull’articolato del testo che viene presentato ad ottobre: quest’anno un provvedimento che ha previsto circa 30 miliardi di spese, di cui circa 9 in deficit e la parte restante attraverso altre voci, fra cui anche riduzioni di spesa per tutti i ministeri ed enti locali; risorse destinate per circa il 60% alla proroga della riduzione del cuneo fiscale.

Ma tali risorse sono ben poca cosa rispetto alla intera spesa pubblica, che ammonta, nel 2024, a circa 902.878 miliardi di euro cui si aggiungono 328.668 miliardi per rimborso dei prestiti (Bot, Cct, etc.) , pari a un totale di 1.231.546 miliardi di euro  (circa il 55,0% del PIL) (fonte Mef). Tali spese sono contenute nelle tabelle dei fondi, allegati alla Legge di Bilancio, cui di solito viene prestata poca attenzione nonostante riguardino la allocazione delle gran parte delle risorse.

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Per avere un quadro completo, ne riportiamo un estratto a questo link, anche con lo storico degli stanziamenti, delle voci di spesa sociale di maggiore interesse.

L’analisi dei dati presentati nelle tabelle allegate alla legge di bilancio 2025-27 offre spunti significativi sulle dinamiche di finanziamento e sugli strumenti economici a disposizione.

Ecco una breve analisi dell’allocazione dei fondi principali.

Fondo per le politiche sociali (legge 328/00)

Il Fondo per le politiche sociali, che rappresenta uno degli strumenti chiave per sostenere i programmi sociali, registra una sostanziale stabilità negli ultimi anni, con un valore di 390,925 milioni di euro dal 2020 al 2024. Tuttavia, nel 2025 viene prevista una riduzione di circa 19,546 milioni, portando il fondo a 371,379 milioni. Questa contrazione potrebbe avere implicazioni rilevanti per i cittadini, soprattutto in un contesto di crescente domanda di servizi sociali.

Fondo per la non autosufficienza (legge 296/06)

Questo fondo mostra un trend di incremento costante, passando dai 400 milioni del 2015 a oltre 1.108 milioni nel 2027. L’incremento, particolarmente significativo dal 2020 in poi, riflette un’attenzione crescente verso le necessità delle persone non autosufficienti, tanto da aver portato alla approvazione della legge delega n 33/2023 e al conseguente dlgs 29/2024.

Fondo per la disabilità e non autosufficienza (legge 234/21)

Introdotto nel 2020 con una dotazione di 29 milioni, questo fondo ha subito oscillazioni e riorganizzazioni. Per il triennio 2025-27, si nota una stabilizzazione a 150 milioni annui, del tutto insufficienti per far fronte ai diritti di milioni di persone in tali condizioni. Si segnala che la legge delega n. 227/2021 ha previsto la riforma delle norme a favore delle persone con disabilità, portando alla approvazione di diversi decreti legislativi.

Fondo “Dopo di Noi” (legge 112/16)

Il fondo destinato alle persone con disabilità gravi prive di sostegno familiare mostra una certa stabilità negli ultimi anni, con una previsione di 72,295 milioni per il 2025-27. Tuttavia, tale cifra è inferiore ai livelli raggiunti in alcuni anni precedenti, indicando una potenziale area di criticità, soprattutto considerando l’invecchiamento della popolazione e il numero crescente di persone che necessitano di interventi mirati.

Fondo lotta alla povertà (legge 386/16)

Questo fondo presenta una significativa diminuzione nel corso degli anni, passando da un picco di 1.759 milioni nel 2017 a soli 617 milioni per il triennio 2025-27, dovuto alla modifica degli strumenti di contrasto alla povertà con la sostituzione del reddito di cittadinanza con l’assegno di inclusione e il Supporto formazione lavoro, con riduzione della platea degli aventi diritto e conseguente contrazione dei servizi e risorse necessarie. La riduzione potrebbe compromettere la capacità delle fasce più vulnerabili della popolazione, in un contesto socio-economico caratterizzato da disuguaglianze persistenti.

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Fondo di contrasto alla povertà educativa minorile (legge 208/15)

Il fondo è stato costituito nel 2016 ed è alimentato dalle fondazioni di origine bancaria alle quali veniva riconosciuto un credito di imposta; la sua governance è affidata ad un Comitato di indirizzo composto da rappresentanti indicati dal Governo, da Acri e dal Forum Nazionale Terzo Settore, mentre il soggetto attuatore era la Fondazione con il Sud tramite l’impresa sociale Con i Bambini.

Grazie ad esso, negli anni è stato possibile mobilitare oltre 466 milioni di euro, coinvolgono oltre 500.000 bambini e ragazzi insieme alle loro famiglie. Attraverso oltre 800 progetti sono state messe in rete oltre 9.500 organizzazioni, tra Terzo settore, scuole, enti pubblici e privati rafforzando le “comunità educanti” dei territori.

Nonostante tutto ciò, il fondo è stato completamente azzerato.

Fondi dedicati agli enti del Terzo settore (Ets)

Anche in questo caso si è di fronte ad una decurtazione delle risorse destinate: rispetto ai circa 62 milioni di euro che, negli anni passati, erano stati appostati per sostenere i progetti nazionali e regionali degli Ets e i contributi per acquisto di ambulanze, etc., per il 2025 saranno meno di 56 milioni di euro (un taglio del 10%).

Fondo Servizio civile universale (Scu)

Una delle poche voci in controtendenza è quella dello Scu, che ha visto passare le risorse destinate da circa 140 a oltre 320 milioni di euro per ciascuno degli anni 2025-27.

Raffronto storico e conclusioni

Nel riportare in allegato la tabella relativa ai diversi fondi da essi si evince come, a parte alcune eccezioni come il Scu, in diversi casi le risorse destinate ai vari fondi abbiamo visto una decurtazione, in altri (si veda il 5 per mille) una mancata integrazione a fronte delle scelte dei contribuenti che hanno destinato agli enti ben oltre il tetto stanziato, in un altro ancora (il Fondo povertà educativa minorile) un ingiustificato azzeramento.

Nel confrontare poi la serie storica relativa agli ultimi 10 anni emerge un quadro complesso che testimonia plasticamente le diverse priorità assunte dai diversi governi che si sono succeduti nel tempo: un alternarsi di “stop and go” che rende difficoltoso programmare nel medio lungo periodo scelte strategiche per affrontare compiutamente i gravi problemi sociali (es. invecchiamento della popolazione, denatalità, etc.) che il Paese sta attraversando.

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Qui la tabella di raffronto storico degli investimenti degli ultimi 10 anni.

© Foto in copertina di Enrico Genovesi, progetto FIAF-CSVnet “Tanti per tutti. Viaggio nel volontariato italiano”



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