Un anno di conflitti: Ucraina, Medio Oriente e la sfida di Taiwan

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Mentre l’attesa è rivolta al ritorno di Trump alla Casa Bianca e la nostra attenzione è dedicata alla Siria dopo il terremoto provocato dalle reazioni israeliane al 7 ottobre e alla guerra russa contro l’Ucraina, non dobbiamo dimenticare l’Estremo Oriente, con la Cina protagonista.  

Le tessere della “guerra mondiale a pezzi” preconizzata dal Papa già dieci anni fa rischiano di unirsi.  

I tre grandi teatri di crisi mondiali sono tra loro collegati: 

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  1. La guerra in Europa, che ci riguarda da vicino come membri UE e NATO
  1. Il complesso conflitti in Medio Oriente (da quello senza fine tra israeliani e palestinesi, al Libano, allo Yemen degli Houthi, alla Siria, all’Iraq e – per chiudere il cerchio – all’Iran). 
  1. Le tensioni in Estremo Oriente (Corea, Taiwan, Mare della Cina Meridionale). 

Taiwan e i suoi rapporti col governo di Pechino saranno un tema importante per gli equilibri globali nel 2025.  

Le recenti esercitazioni cinesi intorno all’isola con l’impiego di centinaia di aerei e vascelli sono state le più grandi dal 1996 e delineano un aumento pressione di Pechino. 

Tuttavia, gli esperti americani ritengono possibile una minaccia crescente nell’ambito della “zona grigia” tra tensione e conflitto, ma non un attacco imminente. Si confermano le impressioni che ho riportato recentemente a Taiwan: l’obiettivo di Pechino sembrerebbe al momento quello di intimidire con una crescente pressione politica.   

Ho visitato Taiwan con una delegazione ristretta (composta da esponenti americani ed europei, tutti a titolo strettamente privato) del German Marshall Fund su invito delle autorità locali ed ecco le conclusioni tratte dagli incontri anche al massimo livello politico: 

  • C’è molta preoccupazione per le mosse di Pechino, ma non panico per una imminente aggressione. Si ritiene la Cina possa puntare ad ottenere la riunificazione dell’isola alla madrepatria tramite uno strangolamento economico (eventualmente da raggiungere con mezzi di coercizione quali un accerchiamento marittimo) senza arrivare ad un rischioso tentativo di invasione. Al riguardo si rileva come in un reciproco blocco economico di Taiwan da parte cinese e, da parte dell’Occidente, della RPC si danneggerebbe fortemente quest’ultima, che dipende enormemente dai vantaggi della globalizzazione. Il governo di Taipei vuole evitare mosse che possano essere usate come pretesti da Pechino per aggredire Taiwan: “da parte nostra non ci saranno sorprese né provocazioni”. 
  • Taiwan, incoraggiata dagli americani, punta comunque ad un aumento delle spese per la difesa (al momento al 2,5% PIL, livello ritenuto inadeguato rispetto alla situazione) e si intende superare il 3%. Soprattutto nuove tecnologie potrebbero garantire una difesa asimmetrica nei confronti di soverchianti forze avversarie. L’esperienza ucraina dovrebbe anche indurre allo sviluppo di capacità industriali locali, al momento limitate. In ogni caso si ritiene che per adesso la Cina non voglia rischiare un’operazione azzardata: se Taiwan rafforza la deterrenza e adotta un sistema di difesa “a porcospino”, un’invasione dal mare può essere ben più complessa rispetto all’attacco nelle pianure dell’Ucraina. 
  • Si guarda con attenzione all’Ucraina. Ciò sia per le conseguenze che comporterebbe la percezione di successo russo (che minerebbe la credibilità dell’Occidente ed incoraggerebbe la Cina) sia per lo studio degli eventi militari. Soprattutto, a Taiwan si studia la capacità della società ucraina di rafforzare la resilienza rispetto all’aggressione. Al riguardo, si guardano le esperienze dei paesi dell’Europa centro-orientale, soprattutto Polonia e Baltici. Anche i collegamenti con le vicende mediorientali sono seguiti.  
  • Viene apprezzata la decisione tedesca di effettuare l’attraversamento dello Stretto di Taiwan da parte di una fregata, analogamente a quanto fatto non solo dagli americani. Sono segnali volti a riaffermare la libertà di navigazione in acque internazionali. Il principio della libertà di navigazione era stato del resto sottolineato anche al Vertice G7 in Puglia. 
  • L’atteggiamento americano è cruciale. La sensazione è che da parte americana si consideri Taiwan più importante rispetto all’Ucraina. L’isola è il primo bastione rispetto alle mire di Pechino che iniziando nella regione si estendono globalmente. Inoltre, a Taiwan si producono i due terzi di tutti i più avanzati semiconduttori del mondo. La società TSMC è all’avanguardia e domina il mercato globale fornendo componenti indispensabili per ogni tecnologia sia civile che militare. Parafrasando quanto si sosteneva per le grandi banche (too big to fail), direi che Taiwan sia too big to fall (troppo importante per cadere nelle mani del principale concorrente degli Stati Uniti). Da notare che Taiwan è il nono maggiore partner commerciale degli USA mentre l’Ucraina è solo al 67mo posto. 
  • Il Kuomintang, il partito nazionalista che guidato da Chiang Kai-shek combatté contro Mao, è adesso all’opposizione, ma conserva il controllo di molte città e i Democratici Progressisti del Presidente della Repubblica non hanno una effettiva maggioranza in Parlamento. Abbiamo riscontrato toni polemici, ma in un normale contesto di dialettica tra maggioranza e opposizione. Il Kuomintang accusa, tra l’altro, il governo di non curare il dialogo con Pechino mentre ambienti governativi sostengono che il partito di opposizione, nonostante la sua storia, sia quasi colluso con la Cina. 
  • Si annette grande importanza al concetto di resilienza esteso a tutti gli ambiti della società (whole of society resilience), anche attraverso un’educazione dell’opinione pubblica. In tale contesto governo e organizzazioni della società civile sono impegnati a far crescere la consapevolezza dell’opinione pubblica rispetto a campagne di disinformazione sviluppate da agenti ostili. Pechino intenderebbe ispirare nella popolazione taiwanese il senso di una ineluttabilità dell’annessione dell’isola. L’impegno a rafforzare la resilienza ha una componente psicologica volta a rafforzare la determinazione a difendere Taiwan. Al riguardo c’è un dibattito sugli effetti della serie televisiva “Zero Day” che andrà in onda nei prossimi mesi e che prefigura gli effetti sulla società taiwanese della preparazione di un’invasione da parte cinese (gli autori, incoraggiati dal governo, vogliono persuadere i cittadini sulla necessità di organizzarsi psicologicamente e materialmente, ma c’è chi ritiene la serie allarmistica). 
  • In tale contesto si afferma che l’intelligenza artificiale ha cambiato le dinamiche della disinformazione. Ciò è anche da collegare al conflitto in Ucraina nonché alle tensioni tra Taiwan e Cina con un nesso tra i due teatri. Alcuni esperti riferiscono di “scambi di favori” tra gruppi russi che colpiscono Taiwan e cinesi che alimentano campagne sui social media volte a favorire narrative contrarie all’Ucraina. 
  • L’impegno del governo si concretizza con l’istituzione di una Commissione per la resilienza che fa capo alla Presidenza della Repubblica, con un ruolo centrale del Consigliere per la Sicurezza Nazionale (un esempio per noi interessante). Il nuovo organismo sarà interministeriale, interdisciplinare e collaborerà con le amministrazioni locali ed il settore privato. Oltre alla disinformazione, l’attenzione si concentra sulla difesa civile (anche con l’addestramento della popolazione, che peraltro deve affrontare frequenti disastri naturali come i tifoni) e sulle infrastrutture critiche. L’obiettivo è di assicurare la continuità nella vita civile e nella produzione economica di fronte a tentativi di accerchiamento o aggressione. 
  • La resilienza ha un forte impatto sull’economia. L’isola è dipendente da importazioni di energia cruciali per un’economia basata sulla trasformazione e su attività energivore, come le produzioni di microprocessori ed altri apparati legati all’impiego di apparecchiature informatiche avanzate e i servizi connessi ai data center che sono un volano della ricchezza dell’isola. Si discute il ripensamento dell’abbandono dell’energia nucleare ed il governo lavora per compartimentalizzare le reti di produzione e distribuzione dell’energia per evitare che eventuali attacchi producano danni generalizzati.  
  • Nonostante le preoccupazioni, la Camera di Commercio americana nell’isola rileva che continua a prevalere un clima di fiducia e crescono gli investimenti nell’isola da parte di attori come Google e Microsoft che aprono nuovi centri di ricerca. È anche significativa l’intenzione di TSMC di mantenere le principali produzioni nell’isola. Le nuove fabbriche di semiconduttori in Arizona, in Giappone e presto a Dresda rappresentano importanti investimenti, ma non supereranno il 15% della produzione del gigante taiwanese e comunque non riguarderanno le componenti più avanzate. TSMC continuerà a lavorare anche in Cina, ma le produzioni più avanzate, quelle di dimensioni minori di tre nanometri, rimarranno a Taiwan rigidamente protette da occhi estranei per mantenere un vantaggio tecnologico rispetto alla RPC che l’azienda valuta nei termini di dieci anni difficilmente colmabili.  



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