Israele ha risolutamente invertito la marea sul piano militare, ma non sul piano diplomatico. E l’agonia degli ostaggi ancora a Gaza incombe su tutto il resto
Di Herb Keinon
La storia di Israele, lunga 76 anni, come la storia di tutti i paesi è segnata da anni fondamentali, anni memorabili, anni che definiscono e modellano il futuro del paese.
L’anno dell’indipendenza, il 1948, è uno di questi anni, così come il 1967, l’anno della guerra dei sei giorni, e il 1973, quando la guerra dello Yom Kippur scosse profondamente la nazione.
Il 1977 fu un anno cruciale perché portò al potere Menachem Begin e il Likud, inaugurando uno storico riallineamento politico.
Altri anni cruciali includono il 1978, per via degli Accordi di Camp David (il primo accordo di pace con un paese arabo); il 1993 con gli Accordi di Oslo (fra Israele e Olp); il 1995, anno dell’assassinio di Yitzhak Rabin; il 2000, con lo scoppio della seconda intifada (l’intifada della stragi suicide nelle strade d’Israele); il 2005, con il ritiro completo dalla striscia di Gaza. E, naturalmente, l’anno scorso: il 2023, impresso per sempre nella memoria a causa degli orrori del 7 ottobre.
Ora il 2024, che termina alla mezzanotte di martedì, va ad aggiungersi alla lista. Inestricabilmente legato ai catastrofici eventi del 7 ottobre dell’anno precedente, il 2024 è stato colmo di sviluppi drammatici destinati a rimodellare Israele e l’intera regione per generazioni.
Potrebbe essere ricordato come un anno cardine.
Israele è una nazione abituata a un ritmo frenetico e a un ciclo di notizie incessante. Eppure, anche per gli standard israeliani il ritmo degli eventi di quest’anno è stato straordinario.
L’anno è iniziato in modo drammatico il 2 gennaio con l’uccisione mirata a Beirut di un capo di Hamas, Saleh al-Arouri, e si conclude con ipotesi e congetture su come affrontare l’incessante attacco degli Houthi dallo Yemen.
Nel mezzo, il ritmo degli eventi ha spesso raggiunto livelli vertiginosi.
Un esempio lampante si è avuto agli inizi di quest’ultimo mese, quando la spettacolare demolizione delle capacità militari della Siria da parte di Israele nel giro di 48 ore (praticamente senza danni collaterali) non è stata nemmeno la notizia principale. Il primato è toccato alla prima testimonianza del primo ministro Benjamin Netanyahu nel processo per corruzione (la prima volta che un premier israeliano è chiamato alla sbarra mentre è in carica, e con una guerra in corso): uno sviluppo che ha fatto passare in secondo piano persino uno dei più sorprendenti successi militari dell’anno.
È stato un anno, per molti versi, di successi nazionali, anche se per moltissimi è stato un anno di agonia personale: un anno in cui speranza e cuore spezzato si sono alternati a una velocità così vertiginosa da togliere il fiato.
È stato un anno in cui trionfo nazionale e disperazione personale si sono mescolati dolorosamente, mentre lo strazio della saga degli ostaggi ha continuato a incombere su tutto e tutti, gettando un’ombra su ogni vittoria.
È stato anche, per molti versi, un anno miracoloso, un anno in cui i più religiosi diranno di scorgere la mano di Dio: nell’improvviso capovolgimento delle sorti della guerra; nelle “dieci piaghe” che si sono abbattute su Hezbollah (l’esplosione dei cercapersone, poi dei walkie-talkie, poi l’uccisione in sequenza dei loro capi); nella repentina caduta del dittatore siriano Bashar al-Assad e nella distruzione delle capacità militari del suo esercito; nel resistere agli attacchi di missili balistici e droni dall’Iran senza subire danni significativi.
Il ritmo incessante del 2024, in cui eventi drammatici si sono susseguiti uno dopo l’altro rubandosi la ribalta, ha segnato un anno che sarà ricordato per il suo profondo impatto su Israele e sulla regione.
Ecco una breve panoramica di sei vicende chiave del 2024 che riecheggeranno per anni.
I cercapersone esplosivi e la svolta della guerra. Se, come alcuni sostengono, nel 2024 Israele ha riacquistato il suo prestigio militare, quel “fattore Entebbe” che un tempo ispirava gli amici e incuteva soggezione ai nemici, il punto di svolta è stato il 17 settembre.
Quel giorno, migliaia di cercapersone appartenenti a terroristi Hezbollah sono esplosi nelle mani e nelle tasche, mettendo immediatamente fuori combattimento circa 4.000 operativi.
Ciò avveniva due giorni dopo che il governo, in quello che sarà considerato un momento chiave che ha cambiato il corso del conflitto, aggiornò i suoi obiettivi di guerra includendo quello di creare al più presto le condizioni che consentano il ritorno a casa di circa 60.000 israeliani sfollati dal confine settentrionale a causa dei bombardamenti Hezbollah, mai cessati dall’8 settembre 2023 (e che a luglio hanno causato la morte di 12 ragazzini arabo drusi in un campetto di calcio di Majdal Shams, nel Golan israeliano).
Una decisione, come si è visto, tutt’altro che simbolica.
I giorni successivi ci sono state azioni decisive: la detonazione dei walkie-talkie di Hezbollah, attacchi aerei mirati contro centinaia di lanciarazzi nel Libano meridionale, l’eliminazione di comandanti chiave della Forza Radwan (unità speciali di Hezbollah incaricate di condurre attacchi all’interno di Israele).
La campagna militare è culminata il 28 settembre con l’uccisione del leader di Hezbollah, Hassan Nasrallah, seguita dall’irruzione nel Libano meridionale delle forze di terra israeliane.
Queste azioni hanno cambiato l’impeto e l’orientamento della guerra.
Non solo hanno decimato le capacità militari di Hezbollah e decapitato la sua leadership, ma hanno anche inferto un durissimo colpo al morale e al prestigio di quella organizzazione terroristica (e dei suoi fan).
Quel “partito di Dio” Hezbollah un tempo così potente, che sembrava cavalcare un’onda ineluttabile, è stato declassato di molti gradi e l’onda d’urto è stata avvertita in lungo e in largo, e rapidamente.
L’Iran ha perso il suo gregario più importante e Hamas ha perso l’alleato più attivo contro Israele.
La sconfitta di Hezbollah ha spinto i ribelli siriani a rilanciare la loro lotta contro il regime di Assad, sorretto in passato da Hezbollah e dall’Iran.
Il brusco rovesciamento di Assad ha dato la possibilità a Israele di distruggere le capacità militari della Siria, aggiungendo un’altra grande stangata allo schieramento dell’Iran.
Uccisioni mirate dei boss terroristi. L’uccisione a Beirut, due giorni dopo l’inizio del 2024, del leader di Hamas Arouri diede il via a una serie di esecuzioni di boss di alto livello di Hamas e Hezbollah, che si sono rivelate un successo tattico sbalorditivo.
Nessun gran capo è insostituibile. Ma se ne elimini uno, poi un altro e poi un terzo, allora il danno all’organizzazione, al suo funzionamento non meno che al suo morale, è devastante. Questo è ciò che ha fatto Israele nel 2024.
Dopo Arouri a gennaio, a marzo Israele ha ucciso Marwan Issa, vice comandante dell’ala militare di Hamas; a luglio Mohammed Deif, “l’imprendibile” capo dell’ala militare di Hamas; pochi giorni dopo, a Teheran, muore il leader di Hamas all’estero Ismail Haniyeh. Infine, il 16 ottobre, viene eliminato a Rafah il capo di Hamas a Gaza Yahya Sinwar, la mente dietro la carneficina del 7 ottobre e il rapimento di centinaia di ostaggi.
In modo analogo, i capi di Hezbollah vengono presi di mira, ed eliminati uno dopo l’altro. Oltre a Nasrallah, ecco solo alcune delle altre figure di spicco uccise: Fuad Shukr, braccio destro di Nasrallah, ucciso in un attacco aereo il 30 luglio (un giorno prima dell’uccisione di Haniyeh a Teheran); Ibrahim Aqil, comandante e fondatore della forza d’élite Radwan schierata ai confini con Israele, ucciso a settembre insieme al suo aiutante di punta Ahmad Wehebe; pochi giorni dopo viene ucciso il probabile successore di Nasrallah, Hashem Safieddine.
L’eliminazione di capi e comandanti di Hamas e Hezbollah è risultata così efficace nel degradare queste organizzazioni che ora rappresenta una delle principali opzioni per affrontare la continua minaccia degli Houthi.
La guerra in corso a Gaza. Sebbene Israele sia stato impegnato per tutto l’anno in una guerra su sette fronti (Gaza, Giudea/Samaria alias Cisgiordania, Libano, Siria, Iraq, Iran e Yemen), gran parte dell’anno è stata dominata dal fronte di Gaza e dagli incessanti sforzi per smantellare le capacità di Hamas.
Una svolta significativa si è verificata a maggio quando Netanyahu, resistendo a formidabili pressioni internazionali e agli ammonimenti degli Stati Uniti, ha ordinato l’ingresso delle truppe a Rafah. La vicepresidente degli Stati Uniti, Kamala Harris, disse d’aver “guardato le mappe” e che questa operazione sarebbe stata un madornale errore. Di conseguenza, il presidente Joe Biden rallentò le forniture di armi a Israele.
Tuttavia, per smantellare gli ultimi battaglioni di Hamas e bloccare l’arteria vitale che rifornisce i terroristi attraverso il confine tra Gaza ed Egitto, Netanyahu è andato a Rafah (e nel cosiddetto Corridoio Filadelfia).
Ciò ha inviato a Hamas e al mondo il messaggio che Israele è determinato a debellare le capacità di Hamas indipendentemente dalle pressioni internazionali.
Gli ostaggi. Dall’inizio dell’anno fino alla fine, la straziante agonia degli ostaggi ha oscurato quasi tutto il resto, in Israele.
All’eroico salvataggio di alcuni ostaggi (Noa Argamani, Almog Meir Jan, Andrey Kozlov, Shlomi Ziv e l’arabo beduino Qaid Farhan al-Qadi) ha fatto seguito l’agghiacciante conferma che altri ostaggi (Hersh Goldberg-Polin, Ori Danino, Eden Yerushalmi, Carmel Gat, Alexander Lobanov e Almog Sarusi) sono stati uccisi con un colpo alla nuca dai loro aguzzini, in un soffocante tunnel di Hamas, dopo 328 giorni di tormenti in prigionia.
Le famiglie degli ostaggi si battono incessantemente perché il destino dei loro cari non scompaia dall’agenda pubblica, come accadde con l’aviatore israeliano Ron Arad (catturato vivo da terroristi in Libano nel 1986 e mai più ritrovato). Ma è impossibile che ciò accada, quando tutto Israele vive con angoscia quotidiana la sorte disumana che subiscono gli ostaggi.
I negoziati per il rilascio degli ostaggi hanno conosciuto alti e bassi, con emozioni che oscillavano tra speranza e disperazione.
Sebbene la nazione sia unita nel desiderio di vedere liberati gli ostaggi, non c’è un’opinione unanime su cosa Israele dovrebbe concedere per riportarli a casa tutti (ammesso che Hamas accetti di farlo): ritirarsi dai corridoi di Rafah e Netzarim? Dichiarare la fine della guerra?
Durante tutto l’anno, si è avuta a volte l’impressione che su questo tema gli israeliani stessero giocando una partita solo con se stessi: con alcuni, compresa la maggior parte dei parenti degli ostaggi, convinti che se Netanyahu avesse preso la decisione “giusta”, gli ostaggi sarebbero già stati liberati, e altri che sostengono che è Hamas che sta crudelmente ostacolando qualsiasi accordo minimamente accettabile. Agli occhi di molti, la questione incarna la dolorosa commistione di unità e divisione che tormenta il paese di fronte all’insostenibile ricatto messo in atto dai terroristi.
L’Iran. Se il 2024 ha ripristinato il prestigio militare di Israele, ha visto l’Iran iniziare a perdere il suo. Decenni di sforzi volti ad accerchiare Israele con un “cappio di fuoco” si sono sgretolati mentre i gregari dell’Iran venivano sistematicamente smantellati.
Innanzitutto, le capacità militari di Hamas sono state quasi completamente degradate: ora è soltanto un’organizzazione terrorista, non più un esercito terroristico in grado di compiere un attacco tipo 7 ottobre.
Poi Hezbollah, per decenni il rampollo prediletto del regime iraniano, è stato quasi completamente disinnescato, cosa cui ha fatto seguito il rovesciamento di Assad in Siria (un altro pilastro della strategia di Teheran).
A rendere ancora peggiore una situazione già per loro negativa, per la prima volta i capi iraniani hanno deciso di attaccare Israele direttamente dal loro stesso territorio in due diverse occasioni, ad aprile e di nuovo a ottobre, senza riuscire a infliggere danni significativi.
Hanno lanciato centinaia di missili balistici, missili da crociera e droni solo per scoprire che non erano all’altezza delle capacità di difesa aerea di Israele, accresciute dagli Stati Uniti e dai loro alleati.
Ancora più problematico dal punto di vista iraniano è che non si sono dimostrati all’altezza delle capacità offensive di Israele. In due attacchi circoscritti sul territorio iraniano, Israele ha messo fuori uso strutture militari sensibili.
Cosa ancora più importante, ha distrutto la maggior parte del sistema di difesa anti-aerea iraniano, lasciando la Repubblica Islamica esposta e vulnerabile a un futuro attacco israeliano. Un fatto che, in questa fine del 2024, viene tenuto molto seriamente in considerazione.
I mandati d’arresto della Corte Penale Internazionale. La (discutibilissima) decisione di novembre della Corte Penale Internazionale di emettere mandati di arresto contro il primo ministro Benjamin Netanyahu e l’ex ministro della difesa Yoav Gallant non è solo altamente significativa di per sé, in quanto ostacola la possibilità del primo ministro di viaggiare liberamente in tutto il mondo.
E’ anche emblematica del crescente isolamento internazionale di Israele.
Per quanto Israele quest’anno sia riuscito a invertire la marea sui diversi fronti del campo di battaglia, non si è invertita sul fronte diplomatico dove viene regolarmente condannato da svariati governi e organismi internazionali per il modo in cui sta conducendo la guerra, e spesso per il fatto stesso che si stia difendendo.
Gli israeliani quest’anno hanno dovuto prendere consapevolezza del fatto che, sebbene alcuni nel mondo (non tutti) riconoscano il loro diritto all’autodifesa, non riconoscono tuttavia il diritto di Israele di vincere la guerra contro i suoi nemici in modo decisivo, così da non essere costretto a difendersi di nuovo tra pochi anni da quegli stessi nemici.
Secondo alcuni, l’elezione di Donald Trump a presidente degli Stati Uniti potrebbe significare un cambiamento. Se Washington darà a Israele maggiore libertà di manovra, la cosa potrebbe avere un effetto a cascata su altri paesi (anche arabi) che la pensano allo stesso modo ma non prendono chiara posizione finché non sono certi d’avere alle spalle gli Stati Uniti.
(Da: Jerusalem Post, israele.net, 27.12.24)
***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****
Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link