Francesco Lucchesi, componente della cabina di regia della Cgil regionale, spiega le criticità che i siciliani affronteranno sul fronte economico nei prossimi mesi.
Immaginare una Sicilia diversa da quella presente e chiedere una idea di sviluppo del territorio condivisa. Ma anche mettere in luce i tagli ai quali andrà incontro la Regione per via della Finanziaria, le criticità che i siciliani saranno costretti ad affrontare a livello economico con un focus sul rischio di ennesime opere pubbliche incompiute. Decontribuzione Sud costerà all’Isola circa 4 miliardi di euro. Sono diversi i punti del report “Impatto della legge finanziaria sulla Sicilia e stato di attuazione FSC, FSE+, PNRR” presentato a Palermo dalla Cgil Sicilia.
In 24 pagine di testi e tabelle, la Cgil propone un’analisi approfondita dei tagli della manovra nazionale e dei loro effetti sull’economia e sull’occupazione in Sicilia. Capitolo dedicato anche all’andamento della spesa dei fondi europei, tra risorse perdute e altre che si rischia di vanificare.
Per il segretario della Cgil Sicilia, Alfio Mannino, bisogna “stanare le storture di una politica nazionale e regionale che non fa gli interessi della Sicilia, e che rischia di pregiudicare le prospettive di sviluppo e il futuro delle giovani generazioni, per proporre correttivi e attivare un percorso di mobilitazione per una inversione di rotta”.
Il report sull’impatto della Finanziaria in Sicilia tra tagli e ritardi
Il dossier della Cgil parte da una delle misure più impattanti all’interno della Finanziaria: l’eliminazione del Superbonus edilizio, che dal 2025 non produrrà più gli investimenti annuali di 1,65 miliardi di euro. Questa misura, dal 2020 al 2023, aveva generato oltre 6,7 miliardi di investimenti e creato circa 8.000 posti di lavoro annuali nel settore edile soltanto in Sicilia, con ulteriori 1.500 occupati nei settori collegati.
Un altro fronte critico riguarda i tagli al fondo di finanziamento ordinario per le università siciliane, che perderanno complessivamente 35 milioni di euro nel 2024: 12 milioni a Palermo, 12,5 milioni a Catania e oltre 10 milioni a Messina. Tagli che per il sindacato minacciano di compromettere il diritto allo studio e l’accesso all’istruzione superiore nella regione.
Il tutto – è bene ricordarlo al di fuori del dossier sull’impatto della finanziaria sulla Sicilia – a fronte comunque di 72,6 milioni di euro di fondi straordinari che andranno a coprire il fabbisogno di borse di studio per gli studenti iscritti negli atenei siciliani per l’anno accademico 2024/2025. Un nuovo piano di ripartizione, confermato dal Ministero dell’Università e della Ricerca, che ha triplicato i fondi rispetto al 2023/2024, e mirato a rendere il sistema delle borse di studio più inclusivo e accessibile.
Una misura pensata per tutti quegli studenti, soprattutto fuori sede, che non possono permettersi di frequentare l’università a causa dei redditi delle famiglie di appartenenza. La Conferenza Stato-Regioni ha approvato lo scorso novembre il riparto complessivo per l’intero territorio nazionale, destinando 880 milioni di euro per sostenere gli studenti in difficoltà economiche in tutto il Paese.
Decontribuzione Sud e tagli lineari: una catastrofe annunciata
La riduzione della Decontribuzione Sud – spiega ancora la Cgil – comporta un ulteriore rischio per il tessuto occupazionale. Con il passaggio da 1,2 miliardi a 350 milioni di euro destinati alla Sicilia, si stima la perdita di migliaia di posti di lavoro. Le limitazioni introdotte, come il tetto di 145 euro al mese di sgravio e l’esclusione delle imprese con più di 250 dipendenti, penalizzano le aziende di maggiori dimensioni, fondamentali per lo sviluppo industriale.
“Al sistema produttivo siciliano verranno meno 850 milioni – scrive la Cgil – Col ridimensionamento degli sgravi si rischia la catastrofe occupazionale. Decontribuzione Sud determinava annualmente sgravi per le imprese del Mezzogiorno di oltre 5,6 miliardi. Il finanziamento per il Mezzogiorno previsto per il 2025 è di 1,6 miliardi, ci sarà dunque una perdita di quasi 4 miliardi”.
Se da un lato la Sicilia si prepara a diventare punto di riferimento per la filiera nel comparto delle energie rinnovabili al centro del Mediterraneo, dall’altro “escludere dall’incentivo le imprese con più di 250 dipendenti è un altro limite per i grandi player che vogliano investire in Sicilia e dei quali la nostra regione ha bisogno per condurre in porto i grandi processi di transizione e di trasformazione industriale e dell’intero apparato produttivo”.
Preoccupazione emerge dai sindacati anche per il taglio lineare del 5% delle spese ministeriali, inclusi i trasferimenti alla Sicilia, che ridurrà di circa 177,5 milioni di euro i fondi disponibili, impattando su settori chiave come trasporti, politiche sociali e infrastrutture.
Fondi strutturali e coesione: miliardi persi e a rischio
Il dossier elaborato dal sindacato sull’impatto della finanziaria evidenzia che la Sicilia ha già perso 338 milioni di euro di fondi provenienti dal Fondo Sviluppo e Coesione (FSC) 2014-2020, con progetti cruciali come la diga Disueri di Gela e l’invaso di Rosamarina di Caccamo cancellati per mancata conformità entro le scadenze previste. Si rischia ora di perdere ulteriori 180,7 milioni di euro dai fondi FSC 2021-2027, a causa di un tasso di impegno di risorse pari solo al 23%.
Come raccontato lo scorso 4 dicembre dal QdS, le cose però non stanno esattamente così. A fronte dei corposi tagli per l’importo complessivo di 338 milioni di euro, i fondi sono in parte stati ripristinati dalla Regione, come nel caso proprio della diga Disueri. Ma procediamo con ordine. Ad avere la peggio per i tagli sono di certo state le tre città metropolitane dell’Isola: Palermo, Catania e Messina.
L’impatto della Finanziaria in Sicilia, i tagli nelle città metropolitane
Nella sola Palermo sono stati tagliati oltre 16 milioni per cinque progetti di restauro del Teatro Massimo, 21 milioni per la costruzione di due poli scolastici, 3 milioni per l’asilo nido di Brancaccio e circa 6,5 milioni per piste ciclabili, il recupero dei Cantieri Culturali alla Zisa e la copertura del canale Boccadifalco.
A Gela l’ammanco da 20 milioni di euro per i lavori di ammodernamento della diga Disueri alla quale fa riferimento la Cgil, un progetto strategico per combattere la siccità nel territorio nisseno, tra i più colpiti anche nel corso di questi mesi autunnali. Niente soldi per le dighe anche per l’Ennese, dove le dighe Olivo e Villarosa avrebbero dovuto beneficiare di un finanziamento da complessivi 450.000 euro destinati alla manutenzione di vasche e canali intasate dal materiale di sedimentazione.
Tagli anche per la diga di Rosamarina, ubicata nel contesto della valle del San Leonardo in prossimità dell’abitato medioevale di Caccamo. Qui tagli per 2 milioni di euro per la messa in sicurezza dell’invaso, fondamentale per l’approvvigionamento idrico della provincia di Palermo, dove l’acqua è stata contingentata ed erogata a giorni alterni per tutta l’estate in diversi comuni dell’entroterra.
Una pezza in tal senso è stata messa dalla Regione, anche se ormai fuori tempo massimo. I capitoli di spesa sui quali avvalersi non potevano più fare riferimento ai fondi provenienti dal Fondo Sviluppo e Coesione (FSC) 2014-2020, non utilizzati nelle tempistiche consentite e con uno scontro istituzionale che si è palesato a distanza tra l’attuale presidente della Regione Siciliana, Renato Schifani, e il precedente governatore e ora ministro, Nello Musumeci.
Parte degli FSC 21-2027 che sarebbero dovuti servire per altre opere di potenziamento del territorio, saranno invece utilizzati per porre rimedio al mancato introito dei 338 milioni di euro. Nel gruppone delle opere recuperate subito dopo il finanziamento, interventi non procrastinabili per la diga Rosamarina e per la realizzazione del Tmb (trattamento meccanico-biologico) di Sciacca. Fondi recuperati anche per i lavori di consolidamento e messa in sicurezza proprio della diga Disueri, a Gela, con l’importo passato da 20 a 70 milioni.
Dal Programma operativo complementare (Poc) Sicilia 2014-2020 sono invece stati recuperati i fondi per gli interventi di mitigazione della caduta massi sulla sponda destra della diga Rosamarina per un importo di circa 1,7 milioni di euro. Efficienza della Regione che, dopo il definanziamento, si dimostra a fasi alterne in considerazione dell’immediato ripristino dei fondi per la diga Olivo. Circa 46 milioni di euro provengono dall’Accordo per lo sviluppo e la coesione del ciclo 2021-2027. Le opere prevedono interventi di manutenzione straordinaria degli scarichi e del sistema di tenuta del bacino.
Altri 30 milioni riguardano poi l’ambito dei rifiuti, con il progetto di realizzazione del Tmb e della discarica nella contrada Saraceno Salinella a Sciacca. Qui il finanziamento arriva dai fondi Poc 2014-2020. Si preleveranno 8 milioni di euro a valere sui fondi Fsc 2021-2027 per la discarica di Castellana Sicula, in provincia di Palermo.
Un quadro che, pezze a parte, come sottolinea la Cgil, resta preoccupante. Soprattutto per il Fondo Sociale Europeo Plus, destinato a sostenere occupazione, formazione e inclusione sociale, obiettivi essenziali per ridurre il divario Nord-Sud e per il quale il ritardo nell’attuazione dei programmi potrebbe costare alla Sicilia oltre un miliardo di euro.
Il PNRR: opportunità mal gestite
Come spiega il sindacato, la Sicilia ha ricevuto 11,4 miliardi di euro dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), ma il rapporto denuncia un significativo ritardo nell’attuazione dei progetti. Dei 2,15 miliardi assegnati alla Regione come soggetto attuatore, sono stati impegnati solo 727 milioni (33%) e pagati appena 99 milioni (4,6%). A un anno e mezzo dalla scadenza del piano, molti interventi chiave non sono stati nemmeno appaltati.
Tra i progetti in stallo spiccano quelli legati alla Missione 6 (Salute), che rappresentano oltre il 50% delle risorse regionali e di cui Francesco Lucchesi ha spiegato i punti più critici proprio in un’intervista rilasciata al QdS lo scorso mese. Dei 767 interventi previsti, per un totale di 980 milioni di euro, solo due case della comunità e un ospedale sono stati inaugurati, a fronte di un obiettivo di 156 case e 43 ospedali.
Finanziaria tra progetti definanziati e opere incompiute
Il definanziamento deciso dal Cipess ha colpito duramente la Sicilia, con oltre un miliardo di euro di opere cancellate. Tra le più rilevanti, la seconda macrofase dell’alta velocità Palermo-Catania e l’autostrada Siracusa-Gela, fondamentali per migliorare i collegamenti interni e sostenere lo sviluppo economico.
Altre opere strategiche, come la Ciclovia della Magna Grecia e gli investimenti in infrastrutture idriche primarie, sono bloccate o prive di una chiara data di realizzazione, a testimonianza di un sistema amministrativo inefficiente e incapace di rispettare i cronoprogrammi.
Il tutto in attesa di una approvazione del progetto definitivo del ponte sullo Stretto proprio da parte dell’organismo interministeriale. Parte degli FSC che avrebbero dovuto essere spesi per il territorio sono stati rimodulati proprio in direzione del collegamento stabile tra le due sponde sullo Stretto. Il via libera si sarebbe dovuto concretizzare entro la fine del 2024, dovrebbe slittare ai primi mesi del 2025, non prima di una deroga che ci si attende potrà essere concessa dall’Unione europea. Prossimo Tran Committee previsto in questo caso per il 29-30 gennaio: prima occasione per affrontare il problema del ritardo causato dalle ultime relazioni della Commissione Via – Vas.
Lucchesi (Cgil) al QdS dopo la finanziaria: “Sicilia in ginocchio”
“Abbiamo voluto realizzare questo report per mettere in evidenza le criticità, le difficoltà e l’incapacità che molto appartengono alla Regione per due motivi: non essere nelle condizioni di riuscire a trarre tutte quelle risorse che invece servirebbero alla Sicilia; l’incapacità nello spendere adeguatamente i fondi ricevuti col rischio concreto e reale che queste risorse possano tornare indietro”.
È molto netta la posizione di Francesco Lucchesi, componente della cabina di regia della Cgil regionale e al fianco del segretario Mannino nella presentazione alla stampa del dossier.
“Il report si sviluppa su tre filoni, uno che mette in luce le risorse che abbiamo già perso, quindi quelle del Fondo Sviluppo e Coesione della programmazione 14-20 e quelle del PNRR per esempio su due opere importantissime e strategiche come erano appunto quella dell’alta velocità Palermo-Catania-Messina”, spiega Lucchesi.
Opere per le quali “bisognerà trovare altre risorse per riuscire a completarle e mettendo in conto un importante allungamento dei tempi rispetto a quella che era la previsione di fine lavori. Tante sono le opere che devono essere completate entro il 30 giugno 2026 e di cui non si ha notizia, siamo per questo fortemente preoccupati che queste risorse tornino al mittente”.
Messa in stand-by al momento il rischio dell’Autonomia differenziata, il sindacato si concentra adesso sulla cancellazione di Decontribuzione Sud, “che taglia enormi risorse alla Sicilia” e sulla “cancellazione del Superbonus 110%”, che al momento non prevede “quali altre soluzioni saranno messe in campo per i lavoratori destinati a operare in nero o per le aziende edili che finiranno in ginocchio”.
Infine i “tagli lineari che – aggiunge Lucchesi – la Cgil ha stimato in circa 200 milioni di euro che verranno a mancare per servizi importanti soprattutto nel sociale. Il report ha un filo logico che dimostra l’incapacità della Regione di riuscire in parte a utilizzare le risorse che abbiamo per creare sviluppo e l’incapacità di progettare una Sicilia del futuro dalla quale non sia più necessario emigrare”.
Ultimi report Eurostat alla mano, la Sicilia è una delle regioni in Europa dove il tasso di povertà e il rischio di povertà assoluta è fra i più alti e penultima regione dopo la Calabria per reddito medio. “Al netto dell’aumento del prodotto interno lordo dell’ultimo anno – conclude il sindacalista – viviamo in una regione povera, in cui chi c’è lavora con stipendi da fame e dalla quale decine di migliaia di siciliani vanno via per cercare un futuro migliore”.
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