Campi Bisenzio, la denuncia della famiglia: «Se fossero intervenuti i servizi sociali Maati avrebbe potuto essere vivo»

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di Simone Innocenti

L’accusa dell’avvocato della famiglia di Maati Moubakir, morto in strada a Campi con 5 coltellate. A giugno il Tribunale ha disposto la comunità per il 17enne, ma niente si è mosso. La madre:«Mai più. Chi ha visto, parli»

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Aggredito da una banda e ucciso a coltellate domenica mattina. Ma la storia di Maati Moubakir, 17 anni, poteva essere diversa. Lo scorso 13 giugno il Tribunale dei Minori di Firenze aveva disposto l’affidamento del ragazzo «al servizio sociale Società della salute Empolese Valdarno Valdelsa con un suo collocamento in adeguata comunità, a carattere terapeutico in accordo tra l’Unità funzionale salute mentale Infanzia e Adolescenza, il Servizio territoriale di Neuropsichiatria infantile e dell’adolescenza e il Serd». 

Nel dispositivo del Tribunale si legge anche che al minorenne era prescritto «di attenersi alle indicazioni degli operatori, di aderire alle proposte formative che saranno indicate dal servizio sociale e al monitoraggio degli enti coinvolti».




















































Ma a distanza di mesi niente di tutto questo è avvenuto, Moubakir non è mai stato inserito in una comunità ed è rimasto sempre a Certaldo. Anche a novembre scorso la nonna che lo ospitava aveva segnalato alla locale Stazione dei carabinieri la difficoltà nella gestione del giovane.

Spiega l’avvocato Filippo Ciampolini, che difende la famiglia del giovane ucciso domenica mattina: «È lecito pensare che se gli enti indicati dal Tribunale si fossero attivati per tempo, si sarebbe potuto evitare quella che è eufemistico definire una fatalità».

Dopo che il Tribunale dei Minori aveva emesso il dispositivo, non era cambiato nulla tanto che lo stesso avvocato Ciampolini aveva più volte sollecitato l’intervento di Asl e Società della salute con mail, lettere e perfino esposti ai carabinieri. «Tutte carte che abbiamo e possiamo, all’occorrenza, tirare fuori per dimostrare questo stato di cose», spiega ora il legale.

La famiglia del giovane ucciso, infatti, sostiene che la mancata collocazione in una struttura sia emblematica. 

«Il trattamento che è stato riservato al caso di mio figlio — spiega la madre Silvia — è emblematico di un sistema socio-sanitario che in Valdelsa non funziona». 

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Adesso l’obiettivo della famiglia è far sì che «una situazione del genere non si verifichi un’altra volta». La madre Silvia, che è stata sentita due volte dai carabinieri che indagano sull’omicidio del figlio, è naturalmente «sconvolta da quanto accaduto. A questi giovani sembrava di essere in una Playstation ma la vita è una e una sola». Continua la donna: «Quei giovani si sono comportati da vigliacchi: hanno aggredito mio figlio in più persone e armati di coltello. Poi sono scappati. La cosa che mi fa riflettere è che nessuno si sia fatto avanti per raccontare la verità: chi ha visto, parli». Poi un appello diretto alle famiglie: «Chiunque stia nascondendo in casa un figlio che è il responsabile, vada ora dai carabinieri». 

Il ragazzo viveva a Certaldo dove hanno casa il padre, cittadino italiano di origine magrebina, che ha una nuova compagna dalla quale ha avuto altri tre figli, e la madre Silvia, italiana nata e cresciuta a Certaldo, che ha una figlia, anch’essa minore. 

Sul profilo Instagram — come può capitare ai giovani di quell’età — Maati si voleva rappresentare in un modo diverso dal suo: ci sono alcune storie che lo ritraggono seduto sul cofano di una macchina dei carabinieri e mentre fuma. «Ma era un bravo ragazzo e non faceva mai del male a nessuno», dicono alcuni amici. Il diciassettenne era ben inserito nel contesto della comunità certaldese. Aveva interrotto gli studi e attualmente frequentava alcuni corsi di formazione a Poggibonsi per l’avviamento al lavoro.

In passato aveva giocato anche a calcio nelle giovanili del Certaldo e poi al Gambassi Terme, dove negli ultimi mesi si era però presentato un paio di volte perché aveva spiegato ai dirigenti della squadra che avrebbe dovuto seguire dei corsi. In passato — diversi anni fa — era stato squalificato per alcune giornate dopo aver aggredito un avversario in campo. Entrambe società di calcio hanno espresso cordoglio per la morte del loro giovane giocatore. 

«Chiediamo a tutti di riflettere in silenzio, di come una vita umana può purtroppo molto spesso, valere così poco…. è tutto assurdo», ha scritto sulla propria pagina social l’Asd Gambassi Terme dove Maati era arrivato alcuni mesi fa.


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