BARI – «Complimenti a tutti. Con questa qualità di lavoro e di negozi niente ci può far paura guardando al futuro». Giugno 2023, non un’era geologica fa, un manager di altissimo profilo del Gruppo Benetton si congratula con l’amministratore delegato della barese Primavera, licenziataria in Puglia, da Foggia a Bari; da Lecce a Taranto, del colosso dell’abbigliamento travolto piuttosto rapidamente da una grave crisi se, a distanza di poco più di un anno da quella email, domani, solo per dirne una, chiude i battenti anche il prestigiosissimo store di Palazzo Mincuzzi. In tutta la Puglia sono 110 i lavoratori con il fiato sospeso, di questi 40 quelli più esposti (21 a Bari) perché lavorano nei negozi gestiti come fitto di ramo di azienda.
A svelare i retroscena della slavina, sono i procedimenti pendenti davanti ai Tribunali di Treviso (Civile) e Bari (sezione Lavoro e Fallimentare). A partire da quella in cui il gruppo Primavera, licenziataria ma appunto anche titolare di alcuni fitti di ramo d’azienda (tra cui lo store di Palazzo Mincuzzi) chiede con urgenza al Tribunale di Bari di dichiarare nulli gli accordi, retrocedendo i lavoratori a Benetton. L’udienza si è tenuta poco prima di Natale. Sull’istanza cautelare i giudici decideranno a breve.
E pensare che, in tempi non sospetti, quando tutto questo sembrava impensabile, a lanciare il sasso nello stagno era stato proprio Luciano Benetton il quale, in una intervista rilasciata lo scorso maggio sostanzialmente accusa il suo stesso managment di cattiva gestione. Il nuovo board cambia passo e utilizza la scure. Dietro la parola «razionalizzazione» sembra intravedersi quasi il taglio dell’intera rete vendita. Di certo Benetton intende avviare una «ordinata e rapida» risoluzione dei rapporti commerciali e contrattuali in essere in tutta Italia. Bari compresa. L’azienda trevigiana, dopo avere convocato i licenziatari, supera la fase in cui le parti ragionano su come uscire da tutto questo, contesta di punto in bianco a Primavera mancati pagamenti per 7,7 milioni di euro, attivando i decreti ingiuntivi davanti al Tribunale di Treviso competente per territorio. Primavera, ironia della sorte il suo amministratore delegato è il nipote degli storici rappresentanti in Puglia dei Benetton negli anni Novanta, si difende contestando il presunto inadempimento. Le ragioni della difficoltà finanziaria andrebbe cercata altrove. Anzitutto – è la tesi – Benetton imponeva ai licenziatari-agenti quanta e quale merce acquistare, a volte persino i colori dei capi suddivisi per negozio. Considerata la stagionalità del prodotto, la conseguenza è che gran parte della merce resta invenduta. Nel mirino, soprattutto, finisce anche il presunto abuso di dipendenza economica sanzionata dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato: la politica commerciale di Benetton su quantitativi di merce, automatismi nell’assortimento, gestione degli ordini sono tutti atti «complessivamente idonei a compromettere l’autonomia imprenditoriale del franchisee», stabilisce l’Agcm. La conseguenza è che da un lato i ricavi di Benetton coincidono in realtà nei crediti vantati nei confronti dei propri affiliati. Dall’altro i ricavi degli stessi affiliati soffrono maledettamente. La situazione si aggrava quando Benetton blocca, secondo Primavera unilateralmente, tutte le forniture. Lavorare in queste condizioni diventa impossibile. Primavera adesso chiede al Tribunale di accertare l’abuso di dipendenza economica esercitato da Benetton e che dichiari la nullità dei contratti con la conseguente retrocessione dei lavoratori.
Già, i lavoratori. La multinazionale con sede a Ponzano Veneto e finestra sul mondo temporeggia sulla loro sorte, disertando alcune riunioni davanti alla task force regionale per il lavoro. Nel frattempo Benetton va avanti come un caterpillar su altri fronti. Nella seconda metà di novembre, quando non era ancora scaduto il termine per l’opposizione ai decreti ingiuntivi, accelera depositando istanza di liquidazione giudiziale di Primavera. Il gruppo barese è insolvente – è la tesi – dunque deve fallire. Non un caso isolato: richieste di fallimento dei propri licenziatari vengono depositate dalla multinazionale dell’abbigliamento anche altrove. Quanto alla Puglia, gli oltre dieci anni di collaborazione sono ormai un lontano ricordo, ma il gruppo barese che gestisce (forse meglio dire gestiva) 30 negozi nella regione non si arrende. Con i propri consulenti (studio Lexacta di Roma e lo studio De Nuccio di Bari) si mette al lavoro per attivare gli strumenti della composizione negoziata della crisi. Primavera sta stringendo accordi commerciali con altri brand, in particolare uno, molto noto, che «ha manifestato un serio interesse ad un percorso di affiliazione di 10 punti vendita». Nel piano c’è anche la possibilità di accedere agli ammortizzatori sociali per i lavoratori nonché la definizione dei rapporti con il creditore partendo sempre dal presupposto – è sempre la tesi di Primavera – che lo squilibrio deriva da accordi commerciali sbilanciati a favore del contraente forte, appunto Benetton.
Di certo, Palazzo Mincuzzi dal 1° gennaio resterà vuoto. Saracinesca tristemente abbassata. I colori vivaci di un tempo in vetrina sono ormai un lontano ricordo. Il futuro appare a tinte fosche. I titoli di coda scorrono in bianco e nero.
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