Nonostante il nuovo Codice degli appalti sia entrato in vigore nel 2023, le questioni applicative più interessanti si sono manifestate tutte nel corso del 2024.
È nato proprio nel 2024 il dibattito circa la compatibilità della nuova legge sull’equo compenso (49/2024) e il d.lgs. 36/2023(ne abbiamo parlato in “Equo compenso e appalti: esiste un conflitto?).
Da un lato ANAC ha escluso l’applicabilità della predetta legge al settore dei contratti pubblici difformemente a quanto affermato da alcuni Tribunali amministrativi (in particolare, il TAR Veneto e il TAR Lazio).
Secondo l’Autorità, infatti, la legge sull’equo compenso violerebbe il principio di libera concorrenza cui è ispirata la contrattualistica pubblica, rendendo maggiormente difficoltoso il confronto competitivo tra gli O.E.; i giudici amministrativi, invece, hanno affermato la piena compatibilità tra la disciplina contenuta all’interno della L. 49/2024 e il d.lgs. 36/2023.
Da ultimo, il Tar Campania è ritornato sull’argomento, discostandosi dai precedenti del TAR Veneto e Lazio (ne abbiamo parlato in “Equo compenso e appalti: il T.A.R. Campania esclude l’integrabilità del bando”)
In quell’occasione, il Collegio ha valorizzato la peculiarità della disciplina degli appalti pubblici, la quale prevede già regole specifiche volte a escludere le offerte eccessivamente basse.
Dunque, secondo il TAR Campania, il principio dell’equo troverebbe adeguata tutela all’interno del d.lgs. 36/2023 senza necessità di integrazione mediante la L. 49/2024.
Rimanendo in tema di offerta economica, abbiamo segnalato l’inversione di rotta operata dal nuovo Codice in materia di ribasso sui costi di manodopera (ne abbiamo parlato in “Ribasso costi manodopera tra vecchio e nuovo codice appalti“).
In particolare, il vecchio Codice dei contratti pubblici non prevedeva il divieto di operare un ribasso sui costi di manodopera; il d.lgs. 36/2023 ha, invece, stabilito che dall’importo a base d’asta su cui l’operatore può applicare il proprio ribasso debbano essere sottratti i costi relativi alla manodopera e agli oneri di sicurezza.
Sul tema è intervenuto il TAR Milano che ha dato applicazione proprio all’articolo 41, co.14, d.lgs. 36/2024, a mente del quale, appunto, “I costi della manodopera e della sicurezza sono scorporati dall’importo assoggettato al ribasso.”.
Il nuovo Codice ha invece dato continuità all’orientamento giurisprudenziale formatosi già sotto il vigore del d.lgs. 50/2016 in materia di termini di impugnazione.
In particolare, il nuovo articolo 209 ha modificato l’articolo 120 c.p.a., stabilendo che il termine di trenta giorni per impugnare gli atti di gara comincia a decorrere dal giorno in cui la stazione appaltante ha effettuato le comunicazione ex art. 90 d.lgs. 36/2023 (rubricato “Informazioni ai candidati e agli offerenti”).
La norma, ha osservato il Consiglio di Stato in una recente sentenza del 2024 ( leggi “I termini per impugnare tra vecchio e nuovo Codice appalti”), mira a scongiurare i c.d. “ricorsi al buio”, ossia la tendenza a proporre gravami senza aver individuato le concrete ragioni di illegittimità del provvedimento impugnato, al solo fine di scongiurare l’inutile decorso del termine di impugnazione.
Altre novità interessanti hanno riguardato:
– la disciplina degli affidamenti diretti cui ANA ha dedicato un vademecum (ne abbiamo parlato in “Affidamenti diretti: vademecum a cura di ANAC“)
– la forma del contratto d’avvalimento che, secondo il nuovo articolo 104 del d.lgs. 36/2023 dee essere scritta a pena di nullità, diversamente da quanto previsto nel codice del 2016 (ne abbiamo parlato in “La forma del contratto di avvalimento (art. 104 d.lgs. 36/2023))
Negli ultimi anni si è fatta strada l’idea che gli appalti pubblici possano rappresentare il volano per lo sviluppo di un’economia più equa, inclusiva e sostenibile (ne abbiamo parlato in “Appalti verdi: CAM e criteri ESG”)
A tal proposito, il Consiglio di Stato, con sentenza n. 6934 del 2022, ha parlato di un’ ”evoluzione del contratto d’appalto pubblico da mero strumento di acquisizione di beni e servizi a strumento di politica economica”.
Difatti, l’articolo 57 d.lgs. 36/2023 prevede l’inserimento all’interno dei bandi, degli avvisi o in equipollenti atti di gara delle c.d. “clausole sociali” ossia di specifici obblighi in capo agli operatori economici di garantire pari opportunità generazionali, di genere e stabilità occupazionale (primo comma).
Il nuovo codice ha regolamentato per la prima volta l’uso dei sistemi di I.A. nel settore della contrattualistica pubblica.
Infatti, oltre a prevedere la digitalizzazione dell’intero ciclo di vita dei contratti pubblici, il d.lgs. 36/2023 ha fatto un ulteriore passo in avanti stabilendo che, al fine di aumentare la loro efficienza, le stazioni appaltanti si dotino di sistemi di intelligenza artificiale attraverso i quali gestire l’intera procedura di aggiudicazione dei pubblici appalti ( ne abbiamo parlato in “Intelligenza Artificiale e Appalti” e “IA e assistenza interattiva per le procedure del nuovo codice dei contratti pubblici”).
Infine, ricordiamo che il Codice del 2023 si appresta a essere modificato mediante il suo primo Correttivo, approvato dal Consiglio dei Ministri n. 109 dello scorso 23 dicembre.
Precedentemente, il Consiglio di Stato era stato interpellato in funzione consultiva per rilasciare un parere sullo schema di Correttivo e, in quella sede, aveva rilevato il difetto di una reale attività istruttoria che avrebbero dovuto svolgere i diversi Ministeri aventi competenza in materia.
Le osservazioni del Consiglio di Stato sono state diverse e hanno riguardato tanto la tecnica normativa utilizzata quanto l’adeguatezza di tutta la documentazione sottoposta alla sua valutazione, dunque vi rimandiamo al nostro articolo “Correttivo appalti: cosa ha detto il Consiglio di Stato” e alla lettura integrale del parere.
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