Le carceri italiane affrontano una crisi senza precedenti, con sovraffollamento record e un aumento di suicidi: 88 solo nel 2024. La proposta di un indulto parziale divide il dibattito politico tra chi lo vede come soluzione emergenziale e chi teme per la certezza della pena.
Negli ultimi mesi, la situazione delle carceri italiane è diventata sempre più drammatica. I numeri parlano chiaro: il sovraffollamento ha raggiunto livelli insostenibili, con 62mila detenuti a fronte di una capienza effettiva di circa 47mila posti, e un tasso di occupazione del 133%. Nel 2024 si è registrato poi un tragico record: 88 suicidi tra i detenuti, il dato più alto mai rilevato, che si aggiunge alle 243 morti totali avvenute dietro le sbarre. A questo si sommano le condizioni di isolamento e disagio, particolarmente gravi nelle sezioni a custodia intensiva, responsabili di circa l’80% delle tragedie.
Mentre il sistema penitenziario si avvicina al collasso, il dibattito pubblico si è acceso intorno a una possibile soluzione emergenziale: l’ipotesi di un indulto parziale per i reati di minor gravità.
Cosa propone l’indulto (da non confondere con l’amnistia)
L’indulto, previsto dall’art. 174 c.p., è un provvedimento che riduce o condona parzialmente la pena inflitta, senza estinguere il reato o gli effetti penali della condanna, salvo diversa disposizione. Non deve essere confuso con l’amnistia, disciplinata dall’art. 151 c.p. e dall’art. 79 della Costituzione, che invece annulla il reato e la condanna, estinguendo sia la pena principale che quella accessoria.
La differenza principale è che l’indulto agisce sulla pena, riducendola o commutandola, mentre l’amnistia cancella il reato stesso. L’indulto può essere applicato in due forme: proprio, che riguarda pene già inflitte, e improprio, che si applica durante il processo. Entrambi sono strumenti di clemenza che rispondono a necessità politiche e di alleggerimento del sistema giudiziario e carcerario.
Per Brunetta l’indulto parziale può riumanizzare le carceri e abbattere la recidiva
A rilanciare l’argomento è stato l’intervento di Renato Brunetta, presidente del CNEL ed ex ministro di Forza Italia che, su Il Sole 24 Ore, il 28 dicembre scorso, ha sostenuto la proposta di Fabio Pinelli, vicepresidente del Consiglio Superiore della Magistratura (CSM). Pinelli, in un precedente articolo pubblicato su Avvenire, aveva sottolineato l’importanza di un accordo tra maggioranza e opposizione per riformare il sistema carcerario, proponendo, tra le altre misure, proprio quello di un indulto parziale per i detenuti condannati per reati di minor gravità.
Per Brunetta: “L’ipotesi di un indulto parziale, che coinvolga i detenuti per reati meno gravi, cioè coloro che il lavoro può recuperare alla società e il carcere può cronicizzare in professionisti criminali, realizza almeno quattro obiettivi: umanizzare le carceri, concorrere ad abbattere la recidiva, risarcire vittime e società, produrre ricchezza. Una pena così «certa» realizzerebbe i propri effetti retributivi, deterrenti e, naturalmente, rieducativi, in una visione d’insieme, la sola vincente, indirizzando la capacità punitiva dello Stato verso un obiettivo di inclusione sociale. Ma, soprattutto, non avrebbe controindicazioni politiche“.
Ministro Nordio: “Indulto incondizionato sarebbe inutile e nocivo”
Il ministro della Giustizia Carlo Nordio, in un’intervista a Libero, ha ribadito la sua posizione sul sovraffollamento carcerario e sull’uso di amnistia e indulto, sottolineando che tali misure non sono la risposta giusta ai problemi del sistema penitenziario italiano. Nordio ha dichiarato che, pur riconoscendo il gesto simbolico di Papa Francesco nell’aprire la Porta Santa nel carcere di Rebibbia, avvenuto il giorno di santo Stefano, questi atti di clemenza non dovrebbero essere considerati come soluzioni emergenziali: “Amnistia e indulto sono plausibili come segno di forza e magnanimità, ma se vengono interpretati come provvedimenti svuota-carcere, sono manifestazioni di debolezza”, ha dichiarato il ministro.
Nordio ha confermato che, pur condividendo la sensibilità del Pontefice verso la sofferenza dei detenuti, il governo italiano non intende adottare queste misure in modo indiscriminato. Secondo il ministro, un’indulto incondizionato sarebbe “inutile e nocivo”, e non risolverebbe il problema del sovraffollamento, che richiede interventi strutturali e a lungo termine. Il ministro ha ribadito l’importanza di puntare su una “umanizzazione della pena”, promuovendo attività culturali, sportive e lavorative all’interno del carcere, e proponendo forme alternative di detenzione, come la detenzione domiciliare per i reati meno gravi.
L’apertura dell’opposizione
La proposta di Brunetta ha trovato tuttavia consensi nel Partito Democratico, con il senatore Filippo Sensi che ha rilanciato l’idea di un indulto parziale come segno di impegno verso una “civiltà” della pena.
La responsabile giustizia del Pd, Debora Serracchiani, ha invitato a una discussione seria, pur mantenendo la propria posizione critica nei confronti del governo. Serracchiani ha ricordato che il Pd ha proposto diverse misure alternative alla detenzione, come il lavoro in carcere e la creazione di case di reinserimento, tutte sistematicamente respinte dalla maggioranza. La responsabile giustizia ha poi dichiarato che il Pd è pronto a discutere, ma ha anche evidenziato che la maggioranza non ha mai mostrato la volontà di sostenere misure efficaci in Parlamento.
Il segretario di + Europa, Riccardo Magi, durante il suo intervento al programma televisivo Omnibus, ha criticato il governo per la sua reticenza a prendere in considerazione misure concrete per migliorare la situazione nelle carceri. Magi ha osservato che la proposta di Brunetta merita attenzione, ma che prima di discuterne seriamente, il governo dovrebbe affrontare la questione strutturale delle carceri. Secondo Magi, l’atteggiamento del governo, che esclude atti di clemenza, rivela una “mancanza di volontà politica” nel riformare il sistema penitenziario.
L’idea di liberare i detenuti per reati meno gravi è stata sostenuta anche da Benedetto Della Vedova (+Europa), che, sul suo profilo X, ha ribadito che un carcere sovraffollato rischia di trasformarsi in un luogo di recidiva anziché di recupero.
La contrarietà di Forza Italia
La proposta di un indulto parziale non ha però ricevuto sostegno unanime. La contrarietà di Forza Italia è stata evidente fin dall’inizio. Il partito azzurro, pur concordando sulla necessità di migliorare le condizioni carcerarie, si è opposto infatti immediatamente all’idea di un indulto, considerando che tale provvedimento potrebbe “minare la certezza della pena”.
Secondo il portavoce di Forza Italia, Raffaele Nevi, qualsiasi soluzione che metta in discussione la certezza della pena è inaccettabile.
L’opposizione di Forza Italia si riflette anche nel discorso pronunciato da Antonio Tajani in occasione dell’apertura della Porta Santa da parte del Papa. Tajani ha dichiarato che la politica deve impegnarsi a fondo sul tema delle carceri, ma sempre mantenendo la certezza della pena come principio fondamentale. In questo contesto, la proposta di un indulto parziale è stata respinta come una soluzione inefficace.
La situazione delle carceri italiane
La situazione delle carceri italiane è estremamente preoccupante: con un tasso di sovraffollamento che supera il 133%, il sistema penitenziario sta affrontando enormi difficoltà.
Il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, ha sottolineato che, sebbene il numero dei suicidi in carcere, che ha raggiunto livelli drammatici nel 2024, sia principalmente legato alla solitudine e alla mancanza di speranza, il sovraffollamento rimane la vera questione critica. Nordio ha evidenziato che, a differenza di altri Paesi europei come Francia e Gran Bretagna, l’Italia non è stata condannata dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU) per le condizioni delle proprie carceri, pur rispettando i requisiti minimi di spazio per i detenuti stabiliti dall’Unione Europea.
Tuttavia, l’Associazione Antigone presenta un quadro ancora più allarmante. Secondo i dati del suo ultimo report, il sistema penitenziario italiano ha registrato un tragico record: 88 suicidi tra i detenuti, alla data di pubblicazione del report, il numero più alto mai registrato, superiore persino agli 84 casi del 2022. Nel suo ultimo rapporto, l’associazione segnalava che, dall’inizio dell’anno, erano morte 243 persone nelle carceri, un numero che evidenzia una crisi sempre più profonda del sistema penitenziario. Al 16 dicembre 2024, i detenuti nelle carceri italiane erano saliti a 62mila, mentre i posti effettivamente disponibili si limitano a circa 47mila, con un tasso di sovraffollamento del 132,6%.
In quasi l’80% dei casi, le tragedie si sono consumate nelle sezioni a custodia intensiva, aree che spesso sono caratterizzate da isolamento e condizioni di vita particolarmente dure.
Come sottolineano i dati dell’ultimo report di Antigone, il modello penitenziario attuale, basato su sezioni ad alta sicurezza e misure repressive, non solo si è rivelato inefficace, ma risulta anche dannoso, alimentando conflitti e insicurezza. L’associazione invita pertanto a investire nelle strutture esistenti e a promuovere misure alternative alla detenzione, invece di ignorare una crisi che sta diventando sempre più esplosiva. In questo contesto di crescente tensione, il disegno di legge sulla sicurezza, attualmente in discussione al Senato, potrebbe peggiorare ulteriormente la situazione. Le nuove norme, secondo l’Associazione, rischiano infatti di inasprire ancor più la situazione all’interno delle carceri.
Nuova morte nel carcere a Piacenza, Uilpa: “Giovane si è impiccato”
Di oggi la notizia della morte di un giovane detenuto di 27 anni nella prigione di Piacenza. Il Garante regionale dei detenuti, Roberto Cavalieri, ha parlato di un “evento critico” ancora da chiarire, che potrebbe essere un incidente o un suicidio. Secondo una nota di Gennarino De Fazio, Segretario Generale della Uilpa Polizia Penitenziaria, il giovane si sarebbe tolto la vita impiccandosi nella sua cella. Il ragazzo, di origine tunisina, era in isolamento ed era stato trasferito da Ferrara per motivi disciplinari. Inizialmente considerato a rischio suicidario, tale valutazione era poi stata rimossa. Cavalieri ha sottolineato la grave crisi del sistema penitenziario in Emilia-Romagna, con un aumento dei suicidi e dei casi di autolesionismo. Questo incidente si inserisce in un contesto di crescente allarme, dato che il 2024 ha già registrato 244 decessi in carcere, di cui 89 suicidi.
“Manca ancora un giorno alla fine dell’anno, ma evidentemente nelle carceri c’è ancora tempo per allungare la scia di morte oltre ogni record negativo”, ha scritto nella nota De Fazio, che ha aggiunto: “Senza contrapposizioni e pregiudizi ideologici, si apra una discussione seria in Parlamento e nel paese affinché possano essere approvati, con tutta l’urgenza del caso, provvedimenti utili a mettere in sicurezza il sistema penitenziario, conditio sine qua non per riformarlo e stabilizzarlo anche attraverso la riorganizzazione e il potenziamento di tutti servizi interni ed esterni, passando per il tangibile rafforzamento del corpo di polizia penitenziaria”.
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