La storia di Luigi Bergamaschi e della squadra dei miracoli della Teorema Arese che riuscì ad arrivare fino alla serie A, rivive nel libro “dopo di Noi” pubblicato per Minerva Edizioni editoriali. La memoria ricostruita nella forma del romanzo con i ricordi del coach, ma anche con decine di testimonianze e centinaia di articoli del tempo recuperati dall’inestimabile archivio di Rho Settegiorni.
Dall’oratorio ai parquet della Serie A di basket con la Teorema Arese
Corpo smilzo di un ragazzino, capelli crespi solo lievemente spruzzati di bianco, reattivo come una faina quando gli parli di basket: Luigi, che cela qualche inconfessabile patto con diavolo, è lo stesso di sempre a dispetto dei settantatre anni portati con l’eleganza di un’auto d’epoca. Pare lo stesso di quell’allenatore delle mille fotografie sul parquet della pallacanestro italiana, attraversata in lungo e in largo alla guida di Arese, la squadra dei miracoli; una sola, sempre la stessa per vent’anni, un caso più unico che raro.
Lo stesso di quell’insegnante delle ore di lezione meno oziose di educazione fisica che si ricordino. Lo stesso di quel procuratore di giocatori alla ricerca di nuove opportunità, nell’età normalmente dedicata alla quiescenza.
Luigi Bergamaschi, un toscano dal nome lombardo, arriva ad Arese alla fine degli anni Sessanta al seguito del padre concessionario statale dei tributi, giovane calciatore dell’Arezzo frequentato da Ciccio Graziani, è considerato a buon titolo l’uomo che ha traghettato il basket locale dall’oblio alla serie A. Tutto comincia nel vecchio oratorio di via Caduti dall’audacia di don Pezzoli, dimenticato coadiutore salesiano: Luigi conosce le regole, lo segue con la passione del tifoso nelle partite casalinghe dell’Olimpia Milano, possiede a un tempo lo stigma e l’autorevolezza del nuovo venuto. Così, il don, nel 1969, gli affida il compito: traghettare quei ragazzi dalle certezze del calcio di Nereo Rocco alle incognite della pallacanestro di Dino Meneghin. Quel calcio prevalente che per dirla con il grande scrittore americano Don De Lillo: ma poi, che razza di sport é uno dove non puoi mai usare le mani? L’unico che può toccare la palla è il portiere. E’ la repressione autoimposta di un istinto naturale. La palla ti arriva. E tu l’afferri e corri. E’ una cosa normale. L’afferri e lanci…
I risultati arrivano in poco tempo
I risultati non tardano ad arrivare e già nel 1979 la squadra classe 1961 conquista la serie D. Una compagine interamente locale trascinata da due simboli che ancora oggi gli appassionati ricordano e rimpiangono: genio e sregolatezza incarnati dalla precisione di Marco Cenisio e dall’estro di Federico Basilico detto Johnny per la sua somiglianza con l’americano di Bologna Johnny Fultz.
Un gruppo di amici dentro e fuori dal campo quei ragazzi aresini della prima ora: Gualtiero Colombo, Luca Lenzi, Danilo Vismara, Carlo Landriani, Moreno Dezio, Giorgio Luchini, Sandro Ghidelli, Enzo Buscone, Enrico Bonsignori, Nino Morreale, Eugenio Rapelli, cementati poi, dall’indimenticabile viaggio premio negli USA alla scoperta dei segreti del basket, che Luigi volle assicurare a quel gruppo di adolescenti rivelando un altro mondo possibile oltre le brume padane avvolte dalla fitta scighera a coprire quel surrogato di campagna ch’era l’insana periferia milanese della grande città industriale.
La continuata scalata verso la Serie A
La squadra guidata da Luigi, che ne è padre e guida «spirituale», macina risultati prendendo l’abbrivio verso quella che viene ricordata come una delle più sorprendenti scalate della storia della pallacanestro nostrana, come ricorda l’uomo che ha spiegato la NBA agli italiani, il coach Dan Peterson: «…l’unico altro esempio che ricordo io da quando sono in Italia e la Mens Sana Siena che ha fatto una scalata simile. Sono in Italia da quasi 50 anni. Dei miracoli nel basket ne ho visti solo due. L’Aresium è certo quello più impressionante…». I gagliardetti delle otto promozioni in meno di diciotto anni, su fino alla serie A1 nel 1996, pendono ancora dal soffitto del vecchio palazzetto del centro sportivo.
Che la squadra facesse sul serio lo si era capito nel 1985 quando contro il Dugan Rho, gli avversari di sempre, conquista la serie B. Qualcosa di più di una sfida quella rivalità tra squadre di città confinanti (i due palazzetti distano poco meno di quattro chilometri), tanto che i vecchi tifosi sembrano ricordare più la triplice sfida con gli uomini del Molinello che non le più blasonate sfide degli anni Novanta. Vecchie e nuove ruggini tra le tifoserie, campanilismo a mille e fors’anche lotta di «classe» tra Rho, la popolare, e Arese, la residenziale. La spunta l’Arese di Luigi sulla Rho di Dante Gurioli, il patron del basket rhodense, e la squadra del Ccsa entra definitivamente nella pallacanestro che conta.
***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****
Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link