Nuovo Giornale Nazionale – LA CATENA DEL VALORE E IL PARADOSSO DEL “LUSSO”

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di Francesco Pontelli

Il 2024  verrà ricordato, oltre che per  la terribile crisi economica ed industriale generata  sostanzialmente dall’applicazione di un protocollo ideologico come il  Green Deal, anche per la prima crisi di vendite    di quel  settore definito “Lusso”  termine orribile che indica l’ex alto di gamma.

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La sorpresa come la totale impreparazione vengono confermate anche dalle analisi relative alle cause ed alle ricette individuate per fronteggiare lo tsunami occupazionale ed economico non solo nell’abbigliamento ma anche negli accessori (considerato inattaccabile), le quali dimostrano sostanzialmente il ritardo culturale dell’intero settore, dimostrato anche nel passaggio dalla semplice definizione di Tessile abbigliamento, e quindi espressione di una filiera industriale artigianale e di professionalità, alla definizione di sistema moda: quanto di più banale ed onnicomprensiva. 

Il settore lusso, quindi, principalmente rappresentato da brand francesi o comunque con la presenza di capitali transalpini, si trova di fronte ad una crisi culturale ed identitaria, espressione di una strategia complessiva miope la cui origine risale alle scelte degli ultimi quindici anni.

Le strategie di marketing adottate dalle maggiori maison si sono basate quasi esclusivamente sulla crescita dei consumi aspirazionali, ed hanno ottenuto certamente un allargamento dei potenziali acquirenti, ma contemporaneamente sono state allentati se non recisi i legami con la propria genesi storica che le avevano  resa iconiche.

In questo contesto marketing oriented l’esclusività non viene più rappresentata dalla sintesi vincente di qualità manifatturiera che si esprime con un prodotto di qualità assoluta da renderlo unico, ma principalmente dall’utilizzo del fattore prezzo finale di vendita come l’unica espressione di una distanza dai prodotti del consumo di massa.

Di conseguenza, viene meno a livello strategico ed operativo l’attribuzione di un valore alla filiera produttiva nazionale, privilegiandolo al suo posto la continua e vuota ripetizione del logo, eccezione fatta per il gruppo Hermes che continua ad inaugurare stabilimenti e laboratori nel territorio francese (23) e dell’italiana Cucinelli.

In questo contesto quindi si preferisce il fattore MKT, come moltiplicatore del prezzo finale, che tutto fino ad ora era riuscito a giustificare. 

In altre parole, il settore lusso ha continuato a crescere e prosperare non tanto grazie alla qualità ed alla esclusività dei prodotti, ma attraverso l’estensione della gamma (brand extenshion) in ogni settore merceologico, espressione della convinzione che la sola esclusività determinata dalla fascia prezzo rafforzasse la percezione di esclusività del Brand stesso.

L’attuale e prima vera crisi del “lusso” rappresenta il naturale epilogo di una strategia basata esclusivamente sulla crescita perimetrale delle vendite ma che ha di fatto tradito i valori di eleganza intrinsechi espressi dei Brand nella loro storia. 

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La progressiva perdita di appeal iconico dell’intero settore definito “lusso”, fatta eccezione per il food, altro non è che la testimonianza di come nel mercato contemporaneo non possa più risultare sufficiente la presunzione di considerarsi esclusivi solo attraverso il fattore del prezzo proposto al pubblico, ora divenuto ingiustificabile in rapporto alla catena di creazione reale del valore.

Questa crisi risulta soprattutto culturale in quanto l’intero settore non viene più identificato attraverso un prodotto, il quale difficilmente si dimostra più conforme all’ identità come alla qualità riconosciuta ed una volta attribuibile al Brand. 

Come naturale conseguenza viene meno l’illusione di una possibile convivenza tra lusso e consumo di massa che rappresentano termini ed identità assolutamente incompatibili ma al tempo stesso identificano la strategia adottata dal settore lusso. 

Tornando quindi al parallelismo con l’automotive, la crisi del settore industriale ed Automotive continentale in particolare nasce da un delirio ideologico il quale apre il mercato europeo alle “automobili a Carbone” cinesi(*).

Mentre nel settore lusso la crisi del 2024 acquisisce i contorni ed i contenuti di natura culturali e strategici anche attraverso l’adozione di un orizzonte operativo che arriva al massimo ai prossimi sei mesi.

In questo forse il settore lusso si dimostra assolutamente più vicino al mondo della politica che non a quello dell’economia strategica.

(*) oltre il 60% della energia elettrica viene erogata al settore industriale e Automotive cinese  dalle centrali a Carbone che crescono a ritmo di sei al mese per un totale di 124 GW  aggiuntivi.

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