Giorgia Meloni l’ha salutata come «un altro passo in avanti per costruire un’Italia più giusta, forte e competitiva». Il suo ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, rinvendica l’aver tagliato «spesa improduttiva e sprechi» per recuperare risorse e aiutare «le famiglie più bisognose, in particolare i lavoratori dipendenti a reddito medio basso». Da ieri è legge la manovra per il 2025, la terza del governo Meloni.
L’OK AL SENATO
È passata in Senato con il voto di fiducia che ha raccolto 112 sì, 67 no e un astenuto. Ci sono voluti due mesi, tra frizioni e qualche incidente parlamentare, per approvarla. Misure per 30 miliardi, tra le principali ci sono la conferma dell’accorpamento delle tre aliquote Irpef, l’allargamento del taglio del cuneo fiscale fino ai 40mila euro, la rimodulazione delle detrazioni, l’introduzione di un primo pezzo di Ires premiale per le aziende che reinvestono gli utili, l’ampliamento della platea dei beneficiari dell’assegno d’inclusione, un pacchetto di sei miliardi per la famiglia tra il bonus per i nuovi nati e la decontribuzione per le madri esteso alle autonome. Manca, invece, un’ulteriore riduzione dell’Irpef sul quale hanno spinto tutti i partiti di centrodestra, ma il governo ha promesso già nei primi mesi del 2025 ogni sforzo per far calare di uno o due punti l’aliquota mediana, quella tra i 28mila e i 50mila euro, utilizzando le risorse (1,6 miliardi) incassate con il concordato preventivo biennale. Dodici miliardi di spesa in meno, nel triennio, per ministeri ed enti locali.
LE PROSPETTIVE
Questa legge di bilancio, al di là dei contenuti, apre per l’Italia una nuova stagione di politica economico-finanziaria: cioè avvia un percorso lungo sette anni con l’obiettivo di sistemare i conti e invertire le tendenze su deficit e debito, dove saldi e obiettivi di bilancio sono stati già programmati per tutta la durata di questo processo.
Il tema è stato sfiorato nelle scorse ore, quando a Palazzo Madama sono scoppiate le polemiche – da parte dell’opposizione ma anche di pezzi della maggioranza – per il mancato ruolo del Senato nella discussione sulla manovra. Giorgetti anche ieri ha annunciato correttivi dal Parlamento per garantire “il bicameralismo” in un cantiere che si aprirà dopo l’Epifania e che deve portare alla revisione della legge di contabilità e del pareggio di bilancio inserito qualche anno fa nell’articolo 81 della Costituzione. In poche parole, si devono rimodulare le regole di finanza pubblica con i dettami del nuovo patto di stabilità Ue, con il quale i Paesi accettano di programmare le loro attività economico-finanziaria in un’ottica temporale più lunga, mantenendo una stessa traiettoria di spesa primaria. L’Italia si atterrà a una crescita media dell’1,5 per cento all’anno, anche nel tentativo di abbassare gli spread sul debito pubblico. Addio all’era dei tesoretti o delle politiche in deficit espansive.
Non a caso la premier Meloni ha sottolineato: «Abbiamo utilizzato le limitate risorse a disposizione per rafforzare le principali misure introdotte in questi anni, rendendone alcune strutturali e con una platea più estesa». Per aggiungere: «È una manovra di grande equilibrio» non dimenticando le famiglie e «dando una mano a chi produce e crea occupazione e benessere». Restando sul welfare, Giorgetti ha aggiunto: «Le pensioni medio basse sono totalmente tutelate per quanto riguarda il recupero dell’inflazione. Sulla sanità abbiamo incrementato gli stanziamenti».
CRITICHE
Diverso il giudizio delle opposizioni: Elly Schlein, leader del Pd, parla di una manovra «senza respiro», dal fronte M5S Giuseppe Conte aggiunge che «dà un pugno ai cittadini e una carezza alle banche», mentre Carlo Calenda (Azione) sottolinea che «mancano stimoli crescita e investimenti seri sulla sanità». Divisi, invece, i sindacati: per la Cgil è «iniqua», mentre la Cisl riconosce «numerosi elementi positivi». Al riguardo, il ministro delle Imprese, Adolfo Urso, ha ricordato gli sforzi per «imprese e lavoro», mentre Nicola Calandrini (FdI) fa presente che «l’Italia conferma di essere un Paese credibile e in crescita».
LAVORATORI
I lavoratori dipendenti, quelli con redditi medio-bassi, sono i destinatari della quota maggiore delle risorse della manovra del governo. Al taglio del cuneo sulle buste paga e alla riduzione dell’Irpef, sono stati destinati ben 17 dei 30 miliardi della legge di Bilancio. Per fare cosa? Per confermare in maniera strutturale, vale a dire per tutti gli anni a venire, l’aumento medio di 100 euro nette al mese introdotto lo scorso anno con il taglio dei contributi Inps. La misura ha cambiato veste, ma il risultato non cambia. Il taglio non sarà più uno sconto sui contributi versati all’Inps sugli stipendi fino a 35 mila euro. Arriva invece un “bonus” per chi dichiara fino a 20 mila euro, e uno sgravio fiscale per chi invece si trova nella fascia che va da 20 a 40 mila euro, con una graduale riduzione del beneficio in busta paga a partire dai 32 mila euro. A differenza però, del vecchio taglio del cuneo contributivo che sparirà a fine anno, per ottenere questi aumenti non si guarderà più allo stipendio, ma al «reddito complessivo». Accanto a questo viene confermato anche il taglio delle aliquote Irpef. Saranno tre: 23 per cento fino a 28 mila euro, 35 per cento tra 28 e 50 mila euro, 43 per cento oltre i 50 mila euro.
FAMIGLIE
La manovra destina risorse crescenti al finanziamento di politiche dirette e indirette di sostegno alla natalità e di supporto alla prima infanzia, che a regime ammontano a circa un miliardo l’anno. In particolare, viene nuovamente previsto un bonus nascite, viene esteso il supporto per il pagamento delle rette relative agli asili nido (bonus asili nido) e viene rafforzato il congedo parentale. Dal primo gennaio 2025 è previsto un contributo una tantum di 1.000 euro per ogni neonato o adottato. Tale beneficio è destinato, con condizionalità sulla residenza, ai nuclei familiari con un Isee non superiore a 40.000 euro annui. Vengono ampliate e rese permanenti dal 2025 le misure già adottate prevedendo l’aumento all’80 per cento della retribuzione anche nel secondo mese (era al 60 per cento secondo la normativa vigente) e aggiungendo un ulteriore mese (il terzo) sempre all’80 per cento. Arriva il bonus per le attività extra-scolastiche dei giovani da 6 a 14 anni in nuclei con reddito Isee fino a 15mila euro: sarà il fondo ‘dote famiglia’, con 30 milioni per il 2025, ad erogare il contributo ad associazioni, società sportive dilettantistiche ed enti del terzo settore.
CASA
Addio al bonus caldaie, al bonus verde e all’ormai contestatissimo Superbonus. Resistono l’ecobonus, in forma rivista e corretta, il bonus mobili e il bonus elettrodomestici. La manovra ridisegna le agevolazioni sulla casa per il 2025. L’ecobonus, l’agevolazione per l’efficienza energetica attraverso detrazione Irpef o Ires dal 50 al 65%, che raggiungeva anche l’85% per alcuni interventi nei condomini, dal 2025 scenderà al 50% per la prima casa e al 36% per gli altri immobili. Nel 2026 e 2027 si passa al 36% per la prima casa e al 30% per le altre. La nuova detrazione prevista dalla disciplina di ecobonus esclude gli interventi di sostituzione degli impianti di climatizzazione invernale con caldaie uniche alimentate a combustibili fossili, in pratica quelle a gas, che godevano finora delle stesse aliquote al 50% o al 65% se abbinate alle valvole termostatiche. Stesso schema dell’ecobonus anche per le ristrutturazioni che restano al 50% ma solo per le abitazioni principali e con tetto di spesa a 96.000 euro, mentre per gli altri immobili lo sconto cala al 36% a partire dal primo gennaio, con tetto a 48.000 euro. Le aliquote scendono sulla scia dell’ecobonus nel 2026 e nel 2027.
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