Vediamo perchè la nuova riforma delle pensioni premia le retribuzioni più ricche
Le novità interessano i “contributivi puri”, ossia coloro che hanno cominciato a versare contributi dopo il 1° gennaio 1996. Questi lavoratori sono quelli che hanno solo contributi del sistema contributivo e non un mix tra retributivo e contributivo. Anche chi ha contributi versati prima del 1996, ma calcolati con il sistema contributivo (ad esempio tramite la Gestione separata), può accedere alla pensione anticipata.
Le modifiche alle regole per l’accesso alla pensione anticipata tramite opzione contributiva comportano cambiamenti in due direzioni opposte: da un lato, infatti, è stato reso più semplice l’accesso, grazie alla possibilità di includere la rendita garantita da un fondo pensione nel raggiungimento della soglia minima; dall’altro, è stato aumentato il numero di contributi necessari – 25 anni – con una previsione di un ulteriore incremento nel 2030.
Ma, più nel dettaglio, quale sarà l’impatto della novità?
La pensione anticipata contributiva è una misura strutturale che consente, sino ad oggi, di uscire dal lavoro a partire da 64 anni di età con 20 anni di contributi, ma solo al verificarsi di due condizioni:
- il lavoratore deve essere un contributivo puro;
- la seconda condizione riguarda l’importo soglia della pensione, ossia un ammontare minimo della prestazione da raggiungere per poter andare in pensione anticipatamente.
Le criticità riguardano proprio quest’ultimo profilo, considerato che, per chi vuole sfruttare l’uscita anticipata a 64 anni, è complicato raggiungere le soglie previste.
In base alla legge Fornero, si poteva uscire a 64 anni con 20 di contributi, a patto di aver maturato una pensione pari a 2,8 volte l’assegno sociale, circa 1.500 euro. La seconda manovra del governo Meloni ha innalzato la soglia a 3 volte, mentre la terza manovra, appena approvata dalla Camera, ha portato il requisito economico a 3,2 a partire dal 2030.
È chiaro che, più si alza questo valore soglia, più difficile sarà accedere al pensionamento anticipato.
Per le lavoratrici con figli, la soglia si abbassa leggermente a:
- 2,8 volte per chi ha un solo figlio;
- 2,6 volte per chi ha almeno 2 figli.
Ciò significa che – per il 2025 – servirà una pensione di 1.616,07 euro mensili (3 volte l’assegno sociale, che sarà di 538,69 euro), di 1.508,33 euro (2,8 volte) o di 1.400,59 euro (2,6 volte).
La novità ora introdotta consente l’utilizzo della previdenza complementare per colmare il gap necessario a raggiungere la soglia minima di pensione richiesta. In pratica, chi ha accantonato risorse in un fondo pensione potrà utilizzarle per incrementare la rendita e, così, più agevolmente soddisfare i requisiti economici per l’uscita anticipata. Il finanziamento delle forme pensionistiche complementari è a carico del lavoratore destinatario della prestazione e – in caso di rapporto di lavoro dipendente – in parte anche a carico del datore di lavoro. Inoltre, i lavoratori dipendenti possono decidere di integrare i versamenti contributivi anche mediante il conferimento al Fondo del trattamento di fine rapporto (TFR).
Il TFR, disciplinato dall’art. 2120 del codice civile – sembra utile chiarire – costituisce un elemento della retribuzione, la cui erogazione è differita al momento della cessazione del rapporto di lavoro.
In definitiva, nel 2025, per poter richiedere la pensione anticipata contributiva, bisognerà soddisfare due requisiti principali:
- requisito anagrafico: il richiedente deve avere almeno 64 anni di età. Tale requisito viene aggiornato ogni due anni in base all’aspettativa di vita, ma per il 2025 rimarrà invariato, a causa della riduzione delle speranze di vita dovuta al Covid;
- requisito contributivo: il richiedente deve aver accumulato almeno 25 anni di contributi.
Nei 25 anni di contributi si annoverano solamente quelli effettivi, versati quindi dal datore di lavoro o dallo stesso lavoratore (se autonomo). Non hanno valore per la pensione, quindi, i contributi figurativi riconosciuti dall’Inps per i periodi di sospensione o riduzione dell’attività lavorativa.
Dal 2030, questo requisito salirà a 30 anni perché cresce con l’aspettativa di vita. I nati nel 1970 uscirebbero nel 2035 a 65 anni. I nati nel 1974 si pensionerebbero nel 2040 a 66 anni, e così via. Anche il valore soglia verrà aggiornato all’inflazione e sarà più alto di 1.710 euro.
Come si è osservato, tutto ruota attorno alle retribuzioni: è evidente, infatti, che solo quelle basse avranno bisogno della “stampella del cumulo”.
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