Mozambico nel caos, decine di morti e maxi evasione di jihadisti. Rischi per gli investimenti di Eni e Saipem

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Oltre alle vittime tra i manifestanti e le forze dell’ordine, un episodio che ha fatto ulteriormente crescere l’allarme è stato l’evasione di oltre 1.500 detenuti dal carcere di massima sicurezza di Maputo, il cui bilancio ha visto almeno 33 fuggitivi uccisi e 15 feriti durante gli scontri con il personale penitenziario. Il ruolo dell’Italia anche a difesa delle aziende nazionali presenti nel paese

di Ennio Bassi

La situazione in Mozambico sta assumendo contorni sempre più drammatici e preoccupanti, con il paese che sembra incapace di garantire stabilità politica e sicurezza, a causa degli esiti controversi delle ultime elezioni. Dopo la conferma della vittoria del Fronte di Liberazione del Mozambico (Frelimo), al potere dal 1975, e del suo leader Daniel Chapo, le proteste sono dilagate in tutto il paese, provocando una serie di violenze che hanno già causato la morte di almeno 21 persone, tra cui due agenti di polizia, e il ferimento di altre 25, compresi 13 poliziotti.

Le proteste sono esplose dopo che la Corte costituzionale ha confermato l’esito delle elezioni presidenziali di ottobre, ritenute dai principali partiti di opposizione e da numerosi osservatori internazionali come il frutto di brogli elettorali su vasta scala. In queste ultime settimane, il clima di tensione è cresciuto esponenzialmente, con oltre 100 morti tra i manifestanti. I disordini hanno assunto proporzioni particolarmente gravi, con scontri tra manifestanti e forze dell’ordine, che hanno risposto con gas lacrimogeni e colpi di pistola in aria. In alcuni casi, gruppi armati hanno assaltato stazioni di polizia e istituti penitenziari, aumentando la spirale di violenza che sta travolgendo il paese.

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Oltre alle vittime tra i manifestanti e le forze dell’ordine, un episodio che ha fatto ulteriormente crescere l’allarme è stato l’evasione di oltre 1.500 detenuti dal carcere di massima sicurezza di Maputo, il cui bilancio ha visto almeno 33 fuggitivi uccisi e 15 feriti durante gli scontri con il personale penitenziario. Questo episodio è particolarmente grave, poiché tra i detenuti fuggiti ci sono circa 30 individui legati ai gruppi armati jihadisti che da anni seminano il terrore nella provincia settentrionale di Cabo Delgado. La polizia nazionale ha espresso grande preoccupazione per la possibilità che questi gruppi armati approfittino della situazione di caos per estendere il loro controllo.

La situazione di caos e instabilità è un ulteriore segnale della difficoltà del Mozambico nel garantire un governo stabile e una gestione efficace della sicurezza. Questo scenario non può che preoccupare ulteriormente le grandi aziende internazionali, tra cui le italiane Eni e Saipem, che da anni operano nel paese, in particolare nel settore dell’energia e delle risorse naturali. La continua escalation di violenza e incertezza politica rischia di mettere a serio rischio gli investimenti diretti in Mozambico e di compromettere le attività estrattive e infrastrutturali delle aziende, che già fronteggiano le sfide legate all’instabilità sociale e alle minacce legate al terrorismo.

Per le grandi imprese italiane, il rischio è duplice: da un lato, il deterioramento delle condizioni di sicurezza potrebbe rendere più difficili e costosi gli interventi e le operazioni; dall’altro, l’incertezza politica potrebbe portare a una perdita di fiducia da parte degli investitori e a possibili ritorsioni contro le aziende straniere. Le imprese italiane, così come gli altri investitori internazionali, dovranno affrontare un contesto sempre più incerto, dove il rischio di danni economici e di reputazione cresce con il protrarsi delle violenze e del disordine.

In questo contesto, è fondamentale che la comunità internazionale segua con attenzione l’evolversi degli eventi, monitorando l’impatto di questa instabilità sul tessuto economico e sociale del paese, e valutando eventuali misure diplomatiche per cercare di fermare l’escalation di violenze e riportare il Mozambico verso un percorso di pacificazione e di stabilità. A questo proposito sin dall’inizio dei disordini post elettorali si rincorrono voci di una possibile mediazione italiana. Tanto il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella che il Premier Giorgia Meloni  sono stati di recente in visita di stato a Maputo a testimonianza dei forti rapporto che uniscono i due paesi. Lo stesso Presidente della Conferenza Episcopale Italiana, Matteo Zuppi, a quanto risulta ad Associated Medias, è stato coinvolto per tentare una mediazione, anche per via del successo ottenuto con la Comunità di Sant’Egidio che 32 anni fa portò alla pacificazione del paese lacerato dalla rivoluzione post coloniale.

Tutte le strade della pace mozambicana portano a Roma anche dal punto di vista geopolitico. Maputo è al centro del Piano Mattei per l’Africa che questo Governo mette al centro delle sue attività in politica estera e, come abbiamo già detto, sono molte ed importanti le aziende italiane che operano in Mozambico. Eni – è doveroso ricordarlo – ha avuto un ruolo decisivo per lo sviluppo delle attività del Mozambico nel settore dell’”oil & gas” investendo in questa ex colonia portoghese e di fatto facendo arrivare giganti come Total ed Exxon. Tutto questo porta a ritenere che tocchi proprio all’Italia fare una mossa e usare tutti gli strumenti della diplomazia politica ed economica e, se dovesse servire, anche l’uso della forza militare per riportate ordine e stabilità in un paese che ha primaria importanza nelle nostre attività internazionali.

(Associated Medias) – Tutti i diritti sono riservati



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